Quest’anno festeggiamo il 150° anniversario dell’unità d’Italia.
Per dir la verità, non è che ci sia molto entusiasmo per questa ricorrenza; qua e là nelle case si vede qualche tricolore, ma talvolta (questa è la mia impressione) sembra che sia sventolato più per motivi politici (cioè partitici), che per autentico amor patrio.
È anche mia opinione (ma questa è più seria) che l’unità d’Italia non sia stata fatta nel 1861, ma nella guerra del 1915-18, nella Grande Guerra, di cui oggi - 4 novembre - ricorre l’anniversario della vittoria.
È stata in pratica l’unica guerra vinta dagli italiani: la I guerra d’indipendenza (1848-49) fu tristemente persa; la II (1859) fu vinta soprattutto dai Francesi di Napoleone III, che si presero però Nizza e Savoia, cioè una bella fetta del nostro territorio, in cambio della sola Lombardia. Della III guerra (1866) meglio non parlare, per la vergogna di cui ci siamo ricoperti, per terra e per mare.
La guerra del 1915-18 invece fu vinta, anche se con il sacrificio di quasi 700.000 soldati italiani, gli ultimi dei quali chiamati alle armi a 18 anni (classe 1899).
Sui monti del Carso e sulle montagne del Trentino, come sulle vallate venete, si è fatta realmente l’unità d’Italia, nell’estenuante guerra di trincea, che ha visto spalla a spalla combattere friulani e sardi, siciliani e piemontesi, toscani e abruzzesi, e così via. In quell’eroismo giovanile è nata l’Italia, dal fango delle trincee, tra fili spinati e cavalli di Frisia e sotto il crepitare della mitraglia.
Il simbolo di quell’immane conflitto è il fiume Piave, ultimo caposaldo della resistenza italiana e poi dell’avanzata vittoriosa del 24 ottobre-3 novembre 1918.
Lì le giovanissime leve diciottenni, insieme a soldati veterani, riuscirono a fermare l’avanzata austriaca dopo Caporetto, per poi passare un anno dopo al contrattacco a Vittorio Veneto, costringendo l’Austria alla resa, che fu firmata il 4 novembre 1918.
L’Italia era fatta, dal Brennero a Lampedusa; ma soprattutto era nato il popolo italiano, cosciente della sua grande forza, che lo aveva portato a sconfiggere nazioni fino ad allora dominatrici d’Europa.
Le giovani generazioni di oggi leggono solo nei libri di storia questi avvenimenti (e talvolta nemmeno questo fanno...); per molti di essi la patria, per dirla con Don Abbondio, è dove si sta bene.
Intendiamoci. È un sommo bene che non ci siano più guerre.
Ma la pace non è solo assenza di guerra. La pace è un valore che porta con sé anche l’amore per la propria terra, che tanti altri giovani hanno bagnato con il loro sangue.
Oggi l'Italia sembra su di un'altra linea del Piave; ma il coraggio di quella "bella gioventù" di un secolo fa ci deve essere di ammonimento e di sprone per vincere la nostra battaglia.
Oggi l'Italia sembra su di un'altra linea del Piave; ma il coraggio di quella "bella gioventù" di un secolo fa ci deve essere di ammonimento e di sprone per vincere la nostra battaglia.
Per questo, il mio contributo a questa giornata che ricorda l’eroica vittoria italiana nella prima guerra mondiale è il canto friulano "Stelutis Alpinis".
È stato scritto proprio durante la Grande Guerra, da Arturo Zardini, a Firenze, nel 1917.
Uno dei canti più belli del repertorio alpino.
Stelutis alpinis
Stelutis alpinis
Se tu vens cà sù ta' cretis,
là che lôr mi àn soterât,
al è un splàz plen di stelutis:
dal miò sanc 'l è stât bagnât.
Par segnâl une crosute
jé scolpide lì tal cret:
fra chês stelis nàs l'arbute,
sot di lôr jo duâr cuièt.
Ciol sù, ciol une stelute:
je 'a ricuarde il néstri ben,
tu 'i darâs 'ne bussadute,
e po' plàtile tal sen.
Quant che a ciase tu sês sole
e di cûr tu preis par me,
il miò spirt atòr ti svole:
jo e la stele sin cun té.
là che lôr mi àn soterât,
al è un splàz plen di stelutis:
dal miò sanc 'l è stât bagnât.
Par segnâl une crosute
jé scolpide lì tal cret:
fra chês stelis nàs l'arbute,
sot di lôr jo duâr cuièt.
Ciol sù, ciol une stelute:
je 'a ricuarde il néstri ben,
tu 'i darâs 'ne bussadute,
e po' plàtile tal sen.
Quant che a ciase tu sês sole
e di cûr tu preis par me,
il miò spirt atòr ti svole:
jo e la stele sin cun té.
Hai celebrato la Vittoria con un coro fantastico!
RispondiEliminaTi abbraccio, Antonio
Un canto bellissimo, per una grande giornata di Vittoria, che pose fine a un tremendo conflitto.
RispondiEliminaHo visto ultimamente il Sacrario di Redipuglia, e ancora una volta sono rimasto impressionato.
Ci sono sepolti anche alcuni miei parenti, nella prima scalinata...
Un abbraccio affettuoso, carissima Gianna :-)
Un cantoa che mi commuove...non dico altro.
RispondiEliminagrazie
ciao
luisa
Grazie a te, Luisa :-)
RispondiEliminaCarissimo Amicus, per un nostalgico come me dell'Austro Ungarico, questo è un colpo basso. :-))
RispondiEliminaA redipuglia sei andato fino sù in alto? C'è una sala con un po' di cimeli e qualche lettera dal fronte se non ricordo male.
Mandi!
L'anonimo di prima ero io, ma penso che tu lo avessi capito di nostalgici di quel tipo non ce ne sono molti in giro. :-))
RispondiEliminaTra l'altro stasera nella Cloaca Maxima mi hanno pure snobbato il mito del mambo Perez Prado. :-))
Figurarsi poi un altro mito friulano come quello che hai postato tu.
Notte!
Mio caro Mstatus, ho letto solo ora i tuoi commenti ;-)
RispondiEliminaCome hai visto, ho anzitutto postato un canto (bellissimo) in lingua furlan, e questo mi pare che sia per te, furlano doc, e per la tua terra un atto di omaggio :-))
Le tue nostalgie le conosco, e le comprendo: l'impero austro-ungarico è stato una grande civiltà; ma devi riconoscere che gli italiani riuscirono nel 1918 in una grande impresa: sconfiggere l'imbattibile esercito di Kaiser Franz Joseph ;-)
Non sono salito questa volta fino in cima (la stanchezza si fa sentire..); mi sono fermate alle prime gradinate di Redipuglia.
Poi ho domandato alla signora del bar, che è vicino al Sacrario, in quale provincia eravamo; e mi ha detto Gorizia. Mi è venuto spontaneo pensare a te e ai bisiachi, e pur nella severità del luogo, mi è venuto spontaneo da sorridere...
Forse la signora se ne è accorta, ma avrà pensato che il mio sorriso era per il caffè venuto bene :-)
Mandi!
Carissimo qua da noi, friulani dei paesini, Stelutis Alpinis è, come ho scritto nel commento precedente, un cult probabilmente conosciuto più dell'Inno di Mameli. Inoltre, nei confronti degli Alpini (non solo quelli in servizio effettivo, ma tutti), c'è una sorta di venerazione dato che quando succede qualcosa sono sempre tra i primi ad arrivare senza pensare troppo alle complicazioni. Che cosa ti serve? Una tenda, bene te la montiamo. :-))
RispondiEliminaMi ricordo che, circa a inizio estate mentre ero al tabacchino a comperarmi le popolari, c'era un assembramento più del solito e qualcuno, mentre aspettava il proprio turno, ad un certo punto intonò le prime parole di Stelutis Alpinis. Dopo un primo "sbandamento" gli altri, compreso il sottoscritto, gli andarono dietro e venne fuori un coretto non dico con tanta qualità, ma insomma piacevole. La cosa in sé stessa farebbe ridere, ma qua quel giorno nessuno rise e più o meno cantarono tutti. :-))
Un altro canto piuttosto sentito è l'emigrant di A.Zardini che più o meno tutti conoscono (riferito ai friulani).Se un giorndo ti andrà, il testo lo trovi qua
http://www.coromarmolada.it/lemi.htm
Sono poche parole, piuttosto sentite che raccontano la storia di chi partiva per poter campare sé e la propria famiglia. :-))
Al limite te lo traduco dall'ostrogoto. :-))
Qua dal Trentesimo Miglio, con la pioggia, un sentito mandi!
Sapevo un po' del valore particolare di Stelutis Alpinis, caro Mstatus; la tua chiarificazione me ne ha dato piena conferma. Un canto serio, sul quale non si può scherzare, anche se cantato in un bar :-)
RispondiEliminaHo anche ascoltato l'Emigrant, che mi hai linkato; in youtube ho trovato solo una esecuzione da parte di un coro che non è il massimo della perfezione. Ma il brano è bello.
Le parole sono molto significative (ho trovato la traduzione con le mie sole forze, pensa un po'...) ;-)
Un caro saluto :-)
Mandi!
Carissimo parlare con te è sempre un grande piacere dato che comprendi molto bene queste cose. Cose che secondo il bisiaco SWA sono soltanto ricordi di quattro vecchi residuati bellici e secondo mia figlia (che addirittura si vergogna quando applaudo sentendo qualche canzone friulana suonata in diretta) è roba da istituto geriatrico. :-))
RispondiEliminaPerò l'emigrant ogni volta che lo ascolto (ho cercato anche io su YouTube ma non è il massimo) mi fa scappare una lacrimuccia perchè pur se con poche parole esprime una forte emotività.
TI metto questo piccolo link che non c'entra nulla, ma soltanto per farti comprendere come certe cose siano piuttosto sentite anche se da quattro vecchi (spiega un po' la vicenda del tabacchino e di stelutis alpinis). Si tratta di una cena dove si mettono a cantare anche se altre villotte, e come vedrai nessuno ci ride sopra. :-))
http://www.youtube.com/watch?v=VcyxSpFVcJk&feature=related
e poi non sono proprio tutti vecchi vecchi come dicono SWA e mia figlia. :-))
Mandi!
Il parere del bisiaco Swa è una chiara prova, "e contrario", del valore dei canti friulani ;-)
RispondiEliminaPiù complessa, caro Mstatus, la situazione in famiglia. Tua figlia è friulana, quindi ci si aspetterebbe un certo orgoglio furlan anche nel campo musicale.
Ma vedrai che buon sangue non mente, e passato (come è naturale) il conformismo adolescenziale dell'anticonformismo metallaro e rockettaro, prima o poi apprezzerà anche i bellissimi canti friulani, autentiche perle musicali.
Anche perché, a quanto pare, i cori dalle parti della Via Iulia Augusta non mancano, né al XXX miglio, né in tabernas di Octavianacum, a quanto pare.
Buine gnot :-))