martedì 12 ottobre 2010

Tierra! Tierra!


All’alba del 12 ottobre 1492 dalla coffa della Pinta, la più veloce delle tre caravelle spagnole di Cristoforo Colombo, si alzò improvviso questo storico grido di Rodrigo de Triana, che poneva fine all’incubo della spedizione e annunciava l’arrivo alle sospirate Indie.

In realtà annunciava molto di più: la scoperta di un nuovo continente, e per la prima volta veniva attraversato l'Oceano, considerato invalicabile.

Ci son diversi modi per ricordare questo straordinario avvenimento.

Si può fare in maniera solenne, con una festa apposita e una grande parata, come il Columbus Day; ed è il modo più adeguato, per un avvenimento che ha cambiato in modo decisivo la storia moderna.

Si può fare però anche in maniera più informale, con un pizzico di humor. Così fa ad esempio il poeta romano  Cesare Pascarella (1858-1940) con i suoi 50 sonetti che descrivono appunto “La scoperta de l’America” (1894), in dialetto romanesco.

Si può infine usare l’umorismo ironico e surreale del film “Non ci resta che piangere” (1985) di Roberto Benigni e Massimo Troisi. Il motivo del pianto dei due attori comici per la scoperta dell’America è facilmente immaginabile…

Ciò che non si può fare è passare sotto silenzio questa data memoranda.
Una volta si diceva che segnava la fine del Medioevo e l’inizio dell’Epoca Moderna.

Oggi a scuola spesso le date e i nomi nell’apprendimento della storia sono diventati degli optional. Ne danno fulgido esempio anche i nostri parlamentari, interrogati al riguardo. Udite le loro risposte, “non ci resta che piangere”.

A me piace in modo particolare Pascarella, perché l’ironia tipicamente romanesca non va a scapito del valore storico dell’impresa, per di più compiuta da un grande italiano, Cristoforo Colombo.

Presento di seguito i sonetti 29 e 30, che descrivono l'incontro con i "selvaggi".
L’ultimo, il 50, è l'elogio di Colombo, reso ancor più gradito dall'umorismo romanesco.


La scoperta de l’America


- E quelli? - Quelli? Je successe questa:
Che mentre, lì, framezzo ar villutello
Cusì arto, p'entrà ne la foresta
Rompeveno li rami cor cortello,

Veddero un fregno buffo, co' la testa
Dipinta come fosse un giocarello,
Vestito mezzo ignudo, co' 'na cresta
Tutta formata de penne d'ucello.

Se fermorno. Se fecero coraggio...
- A quell'omo! je fecero, chi séte?
- E, fece, chi ho da esse? Sò un servaggio.

E voi antri quaggiù chi ve ce manna?
- Ah, je fecero, voi lo saperete
Quando vedremo er re che ve commanna.


E quello, allora, je fece er piacere
De portalli dar re, ch'era un surtano,
Vestito tutto d'oro: co' 'n cimiere
De penne che pareva un musurmano.

E quelli allora, co' bone maniere,
Dice: - Sa? Noi venimo da lontano,
Per cui, dice, voressimo sapere
Si lei siete o nun siete americano.

- Che dite? fece lui, de dove semo?
Semo de qui, ma come sò chiamati
'Sti posti, fece, noi nu' lo sapemo. -

Ma vedi si in che modo procedeveno!
Te basta a dì che lì c'ereno nati
Ne l'America, e manco lo sapeveno.


[Sonetto 50]

Cusì Colombo. Lui cor suo volere,
Seppe convince l'ignoranza artrui.
E come ce 'rivò! Cor suo pensiere!
Ècchela si com'è... Dunque, percui

Risemo sempre lì... Famme er piacere:
Lui perchè la scoprì? Perché era lui.
Si invece fosse stato un forestiere
Che ce scopriva? Li mortacci sui!

Quello invece t'inventa l'incredibile:
Che si poi quello avesse avuto appoggi,
Ma quello avrebbe fatto l'impossibile.

Si ci aveva l'ordegni de marina
Che se troveno adesso ar giorno d'oggi,
Ma quello ne scopriva 'na ventina!

(Cesare Pascarella)

2 commenti:

  1. I versi di Pascarella mi hanno strappato un sorriso.

    A scuola ricordavo sempre questa data importante...
    Abbraccio amicus.

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  2. Pascarella è stato amico di D'Annunzio, di Scarfoglio e di Giulio Salvadori ;-) Un vero sodalizio letterario, e un po' goliardico, nella "Cronaca Bizantina" di Sommaruga.

    Poi il Salvadori lasciò il gruppo in seguito alla sua conversione, ma rimase sempre legato, con sincera amicizia, in particolare a D'Annunzio.

    Pascarella è un letterato che va riscoperto, di grande valore.

    "Chi ho da esse; so' un servaggio"... Troppo forte! :-D

    Un abbraccio, mia cara Stella :-))

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