martedì 30 marzo 2010

Bach-Gould. Un binomio perfetto 3



La perfezione non è di questo mondo.

Ma con le sue esecuzioni di Bach, Glenn Gould c’è andato davvero vicino.

Ecco ad esempio un’esecuzione umanamente perfetta, il Preludio in Re minore n. 6, dal Clavicembalo ben temperato II, BWV 875, del 1744.

Il "Clavicembalo ben temperato" di Bach è uno dei punti di riferimento fondamentali della cultura umana e uno dei vertici dell'arte di ogni tempo.
Nella musica segna lo spartiacque definitivo tra musica antica e musica moderna, tra musica modale e musica tonale.

In questa esecuzione di Gould, non sappiamo se ammirare di più la limpidezza del suono, la leggerezza del tocco, la fluidità del movimento, i sapienti chiaroscuri, il dialogo tra le parti, la strabiliante esattezza tecnica, la passione vibrante in una formale perfezione tecnica, o altro ancora.

Diceva Nietzsche che, quando nel V secolo a. C. in Grecia il vitalismo dionisiaco ha incontrato la perfezione apollinea delle forme, da quel mirabile equilibrio è nato il prodigio della tragedia attica.

Con la musica di Bach è accaduto lo stesso prodigio: nella perfezione formale del contrappunto si racchiude l’infinita ricchezza dell’animo umano.

E Glenn Gould questo prodigio ce lo ha fatto rivivere con le sue esecuzioni inimitabili.

Non è un caso che l'incisione in disco da parte di Glenn Gould del Preludio e Fuga n. 1, in Do maggiore, del Clavicembalo ben temperato I, sia stata collocata nel 1977 sulla navicella Voyager 1 - che sta procedendo nello spazio interstellare alla ricerca di altre forme di vita intelligente - come una delle manifestazioni più alte dello spirito umano.

Correva da sola. È arrivata seconda



A proposito di elezioni regionali, appena concluse.

Non ho mai condiviso nulla delle idee di Emma Bonino.

Anzi, per essere più preciso, le sue idee sono diametralmente opposte alle mie.

C’era però una dote che le riconoscevo: il coraggio nel sostenere le proprie opinioni, sfidando anche le leggi dello stato, i magistrati e la galera.

In queste elezioni regionali ho visto invece una povera persona che ha cercato soltanto di vincere, anche a costo di “eliminare” l’avversaria con cavilli da Azzeccagarbugli.

La signora Azzeccagarbugli ha cercare solo di vincere, anziché convincere.

Così è riuscita nell’impossibile impresa di giungere seconda, correndo da sola.

Bach-Gould. Un binomio perfetto 2




Il binomio Bach-Gould appare un "unicum" nel pur variegato mondo della musica del XX secolo.

Glenn Gould, con il suo eccezionale talento e con la sua straordinaria vitalità, riesce a far emergere dalle partiture di Bach tutta la carica dirompente di una musica apparentemente misurata.

Ne fa gustare ogni aspetto, sia pur minimo, con un puntuale studio applicativo, come si può vedere anche nel video.

E alla partitura egli aggiunge immancabilmente la sua voce, "cantando" il brano...

In questo caso, Gould esegue, o meglio studia, la stupenda Partita per Clavicembalo n. 2, in Do minore, BWV 826, pubblicata nel 1727.

Si può dire che dopo Mendelssohn, al quale si deve nel 1829 la riscoperta di Bach, con la memorabile esecuzione della Passione secondo Matteo, la "Bach renaissance" ha avuto in Gould un secondo determinante protagonista.


domenica 28 marzo 2010

Bach-Gould: un binomio perfetto!




In questi giorni la musica perfetta di J. S. Bach mi sembra l’unica adatta ad esprimere la grandezza degli avvenimenti che la storia ricorda: i giorni della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo.

E forse nessuno è riuscito a far rivivere la musica del Cantore di Lipsia come Glenn Gould (1932-1982).

Vederlo suonare è già uno spettacolo a sé; e come spesso accadeva, Gould mentre suonava anche “cantava” la musica che eseguiva, tanta era la passione che gli suscitava nell’intimo.

Come è stato detto, Gould non suonava Bach; Gould era Bach…

Ascoltiamolo nel I Movimento (“Allegro”) del Concerto per Clavicembalo e Orchestra n. 7, in Sol minore, BWV 1058.
È una rielaborazione del Concerto per Violino, in La minore, BWV 1041.

Siamo a Lipsia, intorno al 1738.



Re dei re, Signore dei signori




La Domenica delle Palme! L'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, tra gli "osanna" del popolo che sventola rami di palma e di ulivo.

Dopo seguiranno i giorni della passione...

Per accompagnare Gesù che a dorso d'asino entra nella Città Santa, Re pacifico e Messia atteso dalle genti, ci serviamo ancora della musica perfetta di J. S. Bach.

Ci sembra appropriata la festosa e al tempo stesso misurata Fuga della Sonata n. 1 per Violino solo, in Sol minore, BWV 1001, composta nel 1720.

La presentiamo in una trascrizione per chitarra, suonata dal grande Julian Bream, uno dei massimi chitarristi del XX secolo.

sabato 27 marzo 2010

Un corale di Bach, per iniziare la Settimana Santa




Uno dei vertici della musica organistica di J. S. Bach sono i 18 Corali di Lipsia, pubblicati nel 1739.

In essi, alla perfezione contrappuntistica, si aggiunge una cantabilità che li rende indimenticabili.

Ci avviciniamo alla Settimana Santa, e il Corale "Nun Komm’ der Heiden Heiland", BWV 659, è quanto mai adatto per introdurci ai misteri principali della fede cristiana: Passione, Morte e Risurrezione di Cristo.

Il corale, in Sol minore, ha un andamento processionale e una incisiva linea melodica. Molto espressivo l'accompagnamento del pedale.

"Vieni ora, Salvatore delle genti."

L'organo sul quale è eseguito il corale è di grande valore storico e di qualità timbrica eccellente.
Si trova nella Martinikerk (Chiesa di S. Martino) a Groninga; risale al 1693, e fu ampliato nel 1740, proprio quando Bach componeva questi corali.

Il brano è eseguito dall'ottimo organista della Martinikerk, Pieter Pilon.

I tipici rumori dovuti alla meccanica dello strumento non disturbano, ovviamente.

Anzi, danno un ulteriore tocco di autenticità al bellissimo corale.

giovedì 25 marzo 2010

Ave Maria!

















Non posso lasciar passare la Festa dell'Annunciazione senza un pensiero alla Madre di Dio.

Il significato dell'Annunciazione si capisce immediatamente se si fa una semplice annotazione di calendario. Il 25 Marzo precede di nove mesi il 25 Dicembre; nell'Annunciazione si festeggia perciò l'Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, cioè il suo concepimento nel grembo della Vergine Maria.

Questo ci fa anche capire come la Chiesa consideri il concepimento: l'inizio della vita umana.

Infinite sono le rappresentazioni dell'Annuciazione, in ogni settore delle arti: pittura, scultura, musica, poesia...

Quelle del Beato Angelico sono certamente le più celebri, in S. Marco a Firenze, a S. Giovanni Valdarno, a Cortona.

Ma a me piace in modo particolare l'Annunciazione in terracotta invetriata di Andrea della Robbia (1438 ca), che si trova nel Santuario francescano della Verna (Arezzo).

Colpisce la sua essenzialità, la sua immediata comprensione, la sua forza espressiva: il gioioso e trepido annuncio dell'Arcangelo Gabriele, l'umile e pensoso assenso della Beata Vergine Maria.

Il bellissimo vaso di gigli che separa le due figure, in realtà le mette in risalto e le unisce in un'unica splendida composizione, dove sono delicatamente accennate le immagini del Padre e dello Spirito Santo, in forma di colomba.

Si può commentare questa meravigliosa robbiana con le parole di un altro sommo fiorentino:

Giurato si saria ch'el dicesse "Ave!";
perché iv' era imaginata quella
ch'ad aprir l'alto amor volse la chiave;

e avea in atto impressa esta favella:
"Ecce ancilla Dei", propriamente
come figura in cera si suggella.
(Purg. X, 40-45)

Non con la cera, ma con un materiale ancor più umile come la terracotta, Andrea della Robbia ci ha lasciato un capolavoro più splendente del marmo.


martedì 23 marzo 2010

Un plagio dei Beatles?




Il film “Angelitos Negros” (in Italia “Angeli Negri”, 1948) non è certamente un capolavoro della cinematografia mondiale.

Ma ha una colonna sonora degna di essere ricordata; infatti contiene una canzone che ha avuto un successo straordinario.

Sulle parole del poeta venezuelano Andrès Eloy Blanco il musicista messicano Manuel Álvarez Maciste elaborò un’affascinante melodia.

Molti cantanti hanno interpretato questo celebre brano (nel 1950 Luciano Tajoli, nel 1963 Marino Barreto, poi Claudio Villa...) e perfino cantati lirici, come Cecilia Gasdia.

La migliore cover italiana rimane quella di Fausto Leali (1968), che presentiamo nel video.

Ma c’è un particolare in questa canzone che mi ha sempre colpito.

La bella scalata di note finale per gradi congiunti è identica a quella iniziale di “Yesterday” dei Beatles (1965).

A mio parere non ci sono dubbi. Basta conoscere le due canzoni, e avere un minimo d’orecchio.

I Beatles hanno copiato, forse senza accorgersene, o forse sì, quella bellissima volata di note che rende così caratteristica la loro canzone.

È la stessa di Angelitos Negros. Si confronti la frase melodica “anche i negri che hanno pianto” con “all my troubles seemed so far away”. Identica.

La più bella canzone dei Beatles è un plagio? In my humble opinion, yes!

Comunque, giudicate voi...

lunedì 22 marzo 2010

Che la primavera abbia inizio!




È iniziata la primavera, almeno dal punto di vista astronomico.

Speriamo che lo sia anche dal punto di vista climatico. Ce n’è bisogno, ormai.

Per aiutare la natura a svegliarsi dal suo lungo letargo invernale, proponiamo l’inizio della “Sagra della Primavera” di Igor Stravinskij (1882-1971).

L’opera-balletto fu eseguita per la prima volta a Parigi nel 1913, e ottenne un clamoroso e “sonoro” insuccesso. Scandalizzarono l’uso inconsueto degli strumenti (il fagotto che suono come un flauto, l’oboe che suono come un fagotto, i violoncelli che sembrano percussioni, etc.), i ritmi ossessivi, tonalità diverse che si sovrappongono, ed altre “stranezze” armoniche.

In certo senso la musica contemporanea è nata proprio con questo celebre tema iniziale, suonato dal fagottto nel registro acuto, e con quei violoncelli battuti ossessivamente, anziché suonati.

Stravinskij aveva aperto nuove prospettive musicali, e oggi, a cento anni di distanza la sua “Sagra della Primavera” appare un’opera godibile.

Anche Walt Disney se ne appropriò, per il suo cartone animato “Fantasia”, nel 1940, per descrivere l’evoluzione della terra. Il film disneyano è una vera e propria antologia di musica classica, oltre che un’opera di straordinario valore artistico.

Che la primavera abbia inizio, al suono del fagotto!

venerdì 19 marzo 2010

Buon onomastico, Joseph Ratzinger!





Nella festa di S. Giuseppe mi unisco a tutti coloro che oggi fanno gli auguri al Santo Padre Joseph Ratzinger, Benedetto XVI.

Ad essere sincero, mai come quest’anno faccio volentieri questi auguri; in un momento in cui sia il Papa che la Chiesa sono stati attaccati in modo inqualificabile da molte parti.

Alcuni si sono già accorti che questi attacchi suonano stonati, nei confronti di un Papa che sta facendo di tutto per fare pulizia all’interno della Chiesa e tiene saldamente la barra del timone della navicella di Pietro ben dritta sui valori della ragione e della fede, ambedue essenziali per l'uomo.
Ad esempio, molto significativo è stato l'intervento sulla pedofilia della Cancelliera tedesca Angela Merkel, due giorni fa, al Bundestag di Berlino.

Questi auguri li voglio esprimere con le parole stesse del Papa. Con tre espressioni che esprimono tre aspetti fondamentali della realtà vista con gli occhi della ragione e della fede: l’uomo, Gesù Cristo, Dio.

Valori non negoziabili (Sacramentum Caritatis, 83). Sono quelli che riguardano il rispetto della vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine naturale.

Speranza affidabile (Spe Salvi, 1). È Cristo, non un uomo eccezionale, ma il Figlio di Dio fatto uomo, e per questo l’unico a cui affidare totalmente la nostra vita.

La Trinità è assoluta unità, in quanto le tre divine Persone sono relazionalità pura. La trasparenza reciproca tra le Persone divine è piena e il legame dell’una con l’altra totale (Caritas in Veritate, 54).
La Trinità è perciò, oltre che la rivelazione del mistero di Dio, anche il modello per la società umana, che solo nell’autentica relazione e nella reciproca accoglienza tra le persone può fondare una vera unità.


Buon onomastico, Joseph Ratzinger! Ad multos annos!

mercoledì 17 marzo 2010

La Chiesa? Una lunga storia di santità




Voglio dedicare questo post a tanti amici atei e laicisti, che attaccano la Chiesa Cattolica per i suoi crimini veri o presunti e che ricordano ad ogni piè sospinto Giordano Bruno e Galileo.

Si tratta dell’opera di Francis Poulenc “Les Dialogues des Carmélites” (I Dialoghi delle Carmelitane) (1956), dall’omonimo dramma di Georges Bernanos.

La vicenda narrata è un fatto storico. Al tempo della Rivoluzione francese le 16 suore del Monastero Carmelitano di Compiègne, protagoniste della vicenda, vennero a forza esclaustrate dai rivoluzionari e infine condannate a morte per la loro pertinace volontà di rimanere fedeli a Cristo e alla Chiesa, il 17/07/1794.

Solo una, Blanche, per timore della ghigliottina, si separò da loro.
Quando però le vide salire il patibolo cantando il "Veni Creator Spiritus" (nell’opera di Poulenc, la “Salve Regina”), uscì dalla folla che assisteva all’esecuzione e si unì alle altre, terminando lei l’inno allo Spirito Santo, prima di essere decapitata.

Le 16 monache carmelitane sono state beatificate da S. Pio X nel 1906.

Il dramma di Bernanos è un capolavoro; e solo un genio della vocalità come Poulenc poteva rendere giustizia con la musica ad un testo così mirabile.

Per quanto riguarda la scena finale postata, credo che raramente sia dato vedere e sentire in teatro tanta drammatica commozione con sì pochi mezzi. La ghigliottina viene resa con un lugubre e violento sibilo.

Agli amici laicisti e atei ricordo che fece più vittime la Rivoluzione francese in pochi anni, che cinque secoli di Inquisizione.

Rotolarono teste celebri, come quella del poeta Andrea Chénier e quella del più grande scienziato del tempo, il padre della chimica moderna, Antoine Lavoisier. “La Rivoluzione non ha bisogno di scienziati”, disse il giudice che lo condannò.
Fu abolita perfino l’Académie Française, orgoglio e vanto della Francia fin dal tempo del Re Sole.

La storia va conosciuta bene, perché sia veramente “maestra di vita” per tutti.


domenica 14 marzo 2010

La giornata del p greco: 3,14









Non posso lasciar passare questa giornata del 14 marzo senza fare un riferimento al numero che la esprime, nel calendario angloamericano: 3 (marzo), 14 (giorno), cioè il p greco: 3, 14.

Google ha celebrato la "giornata del p greco" in un simpatico logo, che riporto nella foto.

Il 3,14 in realtà non è un numero finito, ma approssimato; i suoi decimali sono infiniti. Ne sono stati elaborati finora 2,7 trilioni.

Per questo si preferisce ricordarlo simbolicamente con una lettera dell'alfabeto.

Ma questo straordinario numero, che ci ricorda a suo modo l'infinito, mi fa venire in mente altri modi con cui l'infinito viene rappresentato.

Penso che uno dei più straordinari modi sia quello presente nel famoso canto di Giacomo Leopardi "L'infinito".

Il poeta riesce a "racchiudere" l'infinito in tre binomi che, come il p greco, ce lo fanno quantomeno intuire:

"Interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete".

Tre binomi perfetti!

Inebriati da questa straordinaria "definizione" dell'indefinibile, non ci rimane che tuffarci nella sua realtà, che ci avvolge da ogni dove.

"E il naufragar m'è dolce in questo mare".

Quando la preghiera si fa bellezza




Uno dei vertici della musica di ogni tempo è certamente il “Messia” (1742) di G. F. Händel.

Un capolavoro che per ricchezza tematica, genialità inventiva, valore artistico ha pochi eguali.

Due ore e mezza di musica sublime, che tocca tutti i sentimenti dell’animo umano, mentre ripercorre la storia sacra: dalla trepida attesa del Messia annunciato dai profeti, al fulgore del Natale, al dramma della Passione, all’esultanza della Paqua.

La liturgia cattolica celebra oggi la IV Domenica di Quaresima, denominata “Laetare” (Jerusalem), Rallegrati, Gerusalemme!

È la domenica della gioia, anticipo della Pasqua ormai vicina.

Per vivere in tema questa domenica, prendiamo dal Messia di Händel un’aria di soprano che ci invita alla gioia: Rejoice greatly.

Rejoice greatly, o daughter of Zion, shout, o daughter of Jerusalem, behold thy King cometh unto thee.
He is the righteous Saviour, and He shall speak peace unto the heathen.


(Cfr., Zaccaria 9, 9-10)

Gioisci grandemente figlia di Sion, giubila figlia di Gerusalemme; ecco, il tuo Re viene fino a te!
Egli è il retto Salvatore, e annuncerà pace alle genti.


Si noti come il canto segua in modo perfetto le parole.
La prima parte è squillante e gioiosa, e ben si addice al grido di giubilo della “figlia di Sion”, personificazione del popolo salvato.
La seconda parte, in cui si annuncia la venuta del Salvatore e il suo messaggio di pace, il canto di fa tenero e dolce, come è la vera pace; per tornare vibrante alla ripetizione del versetto iniziale.

Arte, bellezza, preghiera. E l’animo si colma di gioia.

giovedì 11 marzo 2010

Gospodi pomilui. Signore, pietà!




Le polemiche sono di moda, ormai, su ogni aspetto della nostra vita quotidiana.

E non solo quelle politiche, ma anche religiose.

E non solo tra religioni diverse, ma anche tra coloro che hanno la medesima fede cattolica, come mi è capitato di vedere in un social network.

Il dialogo è l’unico mezzo che può portare alla scoperta di un concetto condiviso.
È una eredità socratica, che ha permesso all’uomo di fare un passo avanti nella civile convivenza.

Dove non basta la buona volontà, appelliamoci, per chi ci crede, alla potenza misericordiosa di Dio.

Signore, abbi pietà di noi!
Kyrie eleison!
Miserere nobis!
Gospodi pomilui!

È un'identica invocazione, nella liturgia cattolica e ortodossa.

La voglio proporre in musica, e in russo.

Gospodi pomilui, Signore pietà! Un antico canto della liturgia ortodossa. Bellissimo.

Un’invocazione ripetuta un’ottantina di volte…

Basteranno, perché si ritrovi tutti il senso della misura?





mercoledì 10 marzo 2010

Uno sguardo dall'alto




Forse sarà per difendersi dalle rigide temperature; sta di fatto che in questi giorni le polemiche nel teatrino della politica e dei suoi commentatori sono diventate roventi e insopportabili.

Non entrerò perciò nel merito delle questioni.

Preferisco tirarmi fuori da un’atmosfera di becero fanatismo, su questioni che a me sembrano di lana caprina, per sollevarmi con Charles Baudelaire (1821-1867) in un’aria più respirabile e sensata.

Propongo perciò uno dei più bei “fiori” di questo “poeta maledetto”: Elévation (1857); un uomo che ha conosciuto il dramma della vita, un genio che ha saputo comunicarlo con immagini così potenti, che nemmeno il cinema in 3D può lontanamente eguagliare.


Elévation

Au-dessus des étangs, au-dessus des vallées,
Des montagnes, des bois, des nuages, des mers,
Par-delà le soleil, par-delà les éthers,
Par-delà les confins des sphères étoilées,

Mon esprit, tu te meus avec agilité,
Et, comme un bon nageur qui se pâme dans l'onde,
Tu sillonnes gaiement l'immensité profonde
Avec une indicible et mâle volupté.

Envole-toi bien loin de ces miasmes morbides;
Va te purifier dans l'air supérieur,
Et bois, comme une pure et divine liqueur,
Le feu clair qui remplit les espaces limpides.

Derrière les ennuis et les vastes chagrins
Qui chargent de leur poids l'existence brumeuse,
Heureux celui qui peut d'une aile vigoureuse
S'élancer vers les champs lumineux et sereins;

Celui dont les pensers, comme des alouettes,
Vers les cieux le matin prennent un libre essor,
- Qui plane sur la vie, et comprend sans effort
Le langage des fleurs et des choses muettes!


Elevazione

Al di sopra degli stagni, al di sopra delle valli,
delle montagne, dei boschi, delle nuvole, dei mari,
al di là del sole, al di là dell’etere,
al di là dei confini delle sfere stellate,

tu, mio spirito, ti muovi con agilità
e, come buon nuotatore che gode tra le onde,
allegro solchi la profonda immensità
con un’indicibile e maschia voluttà.

Fuggi lontano da questi morbosi miasmi,
va’ a purificarti nell'aria più alta,
e bevi, come un puro liquido divino,
il fuoco chiaro che riempie i limpidi spazi!

Alle spalle le noie e i vasti affanni
che opprimono con il loro peso la nebbiosa vita,
felice chi può con ala vigorosa
slanciarsi verso i campi luminosi e sereni;

colui, i cui pensieri come allodole
prendono il libero volo verso i cieli del mattino.
- chi plana sulla vita e comprende senza sforzo
il linguaggio dei fiori e delle cose mute!



Nella clip, il complesso The Bumpers esegue il "Santo" della "Messa dei Giovani" (1966). Musica di Marcello Giombini, parole di Giuseppe Scoponi.

martedì 9 marzo 2010

L'ultima neve di primavera



Oggi è stato un freddo siberiano e la neve è tornata a coprire le colline intorno alla mia città, in Toscana.

Speriamo che sia l’ultimo sussulto di un inverno che non vuole lasciare il posto alla nuova stagione.

Generale Inverno, un po’ di turn over, per favore!

Spassiba...

E intanto noi ci consoliamo con la bella colonna sonora del film di Raimondo Del Balzo “L’ultima neve di primavera”, del 1973.

Musica di Franco Micalizzi, il geniale compositore della soundtrack del mitico “Lo chiamavano Trinità”.

lunedì 8 marzo 2010

Donna: mistero senza fine bello! (Gozzano)






Tra le poesie dedicate ad una donna, “La signorina Felicita” di Guido Gozzano (1911) è una delle più riuscite.

Posto solo qualche strofa, come invito alla rilettura di questo piccolo capolavoro.

Dietro la scherzosa e quasi irriverente descrizione della signorina, il poeta cerca di nascondere la sua commossa ammirazione e uno struggente sentimento amoroso.

Ma neppure l’ironia riesce a salvarlo dal mistero della donna, “senza fine bello!”.



La signorina Felicita, ovvero la Felicità

III

Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga...

E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d'efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l'iridi sincere
azzurre d'un azzurro di stoviglia...

Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi
rideva una blandizie femminina.
Tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina:
e più d'ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!
……

Donna: mistero senza fine bello!


(Guido Gozzano)



Nella foto in alto: "Giovane bionda seduta" (1918), Amedeo Modigliani, National Gallery, Washington



domenica 7 marzo 2010

Tommaso d'Aquino, santo e poeta



Il 7 marzo è il giorno della morte di S. Tommaso d’Aquino, il più grande filosofo e teologo cristiano e uno dei massimi geni del pensiero.

Ricorre quindi la sua festa, perché i santi si festeggiano nel giorno della morte. Da qualche decennio, per motivi liturgici (siamo in Quaresima), la celebrazione è stata spostata al giorno 28 gennaio.

Tommaso è stato esemplare per chiarezza espositiva, geniale nelle intuizioni, profondo nelle puntualizzazioni, sistematico nella struttura degli argomenti; il suo pensiero e il suo rigore metodologico sono una fonte inesauribile di vera sapienza umana e cristiana.

Per fermarmi solo alla chiarezza espositiva, ricorderò un episodio. Nel XVI secolo il Cardinal Gaetano (Caietanus), notevole teologo anch’egli, scrisse un commento esplicativo alla Summa Theologica di Tommaso; ma l’opera risultò così farraginosa, che nacque un celebre detto ironico: “Si vis intelligere Caietanum, lege Thomam” (se vuoi capire il Gaetano leggi Tommaso).

S. Tommaso non fu solo un gigante del pensiero, ma anche un grande letterato e poeta.

A lui si deve tutta la liturgia della Festa del Corpus Domini, con celeberrimi inni e cantici che sono stati eseguiti fino ai nostri giorni dal popolo cristiano. Basterà ricordare alcuni titoli: Pange lingua (Tantum ergo), Ave verum, Adoro Te devote, O Salutaris Hostia, Sacris Solemniis (Panis Angelicus), Lauda Sion.

Tommaso li scrisse nel 1264. Vennero inizialmente musicati in gregoriano; in seguito non c’è stato autore di rilievo che non si sia misurato con questi celebri e mirabili testi.

Per festeggiare S. Tommaso potrei postare l'Ave Verum di Mozart o di Schubert; oppure il Salutaris Hostia di Rossini o di Perosi, e così via.

Preferisco ricordare invece il “Panis Angelicus” di César Franck.

È la penultima strofa dell’inno Sacris Solemniis. Franck la musicò nel 1872.

La ascoltiamo nella bella interpretazione di Andrea Bocelli, che proprio in questi giorni ha ottenuto un ambitissimo riconoscimento: la stella sulla Walk of Fame di Hollywood.

Prima di lui, nel mondo della musica, tra gli italiani solo Enrico Caruso e Arturo Toscanini avevano avuto questo onore.



Panis angelicus
fit panis hominum;
dat panis caelicus
figuris terminum;
O res mirabilis:
manducat Dominum
pauper, servus et humilis.

Il pane degli angeli
diventa pane degli uomini;
il pane del cielo
dà fine a tutte le prefigurazioni.
Qual meraviglia!
il povero, il servo e l’umile
si nutre del Signore.

sabato 6 marzo 2010

Notturno, ma non è Chopin...



Non si può parlare di Notturni senza ricordare l’ungherese Ferenc Liszt (1811-1886) che nell’ultimo dei suoi tre Liebesträume (Sogni d’amore), pubblicati nel 1850, ne ha dato un esempio memorabile.

Il terzo Liebestraum è un Notturno, in La bemolle maggiore, che inizia con una tema cantabile, e in un crescendo sempre più mosso giunge a toni appassionati.

Il tutto impreziosito da raffinati virtuosismi e incantevoli soluzioni armoniche.

Grande amico ed estimatore di Chopin, insieme a lui ha rinnovato la tecnica pianistica e con i suoi “12 Studi di esecuzione tarscendentale” può essere considerato il Paganini del pianoforte.

Del resto, le sue mani dalle lunghissime dita gli permettevano soluzioni tecniche per altri inimmaginabili.

Gustiamoci il Sogno d’amore, n. 3, nella perfetta esecuzione di Arthur Rubinstein.

giovedì 4 marzo 2010

Il genio di Vivaldi



“Vivaldi? Quello che ha scritto mille volte lo stesso concerto!”

Con questa infelice battuta Igor Stravinskij voleva criticare le composizioni di Antonio Vivaldi, il genio italiano della musica barocca.

Ma chi critica, compera, si dice in Toscana.

Molto più intelligente e umile il grande J. S. Bach, che davanti alla musica di Vivaldi si mise a trascriverla in memorabili concerti per clavicembalo, per carpirne i segreti...

Solo chi aveva negli occhi lo splendore di Venezia poteva concepire una musica così affascinante e armoniosa. Solo chi aveva visto le magnifiche e coloratissisme tele del Tiziano poteva dipingere suoni così luminosi.

Google ci ha ricordato con un suo logo delle Quattro Stagioni che oggi è il giorno anniversario della nascita del “Prete Rosso” (Venezia 4 marzo 1688- Vienna 28 luglio 1741).

Cosa posso postare dei suoi mille concerti “tutti uguali”, secondo la penosa battuta di Stravinskij?

Siamo di notte.

Ascoltiamo allora dal Concerto in Sol minore per Flauto, “La Notte”, del 1731, opera 10, n. 2, RV 439, l’Allegro finale.

Il fascino misterioso della notte, affidato ad un flauto sbarazzino...

Il genio di Vivaldi!

mercoledì 3 marzo 2010

Musica e poesia 2. Zefiro torna



Con il mese di marzo torna la bella stagione; così ci auguriamo.

Ieri abbiamo evocato la primavera con “I giardini di marzo” di Mogol e Battisti.

Oggi proponiamo lo stesso tema, ma con lo splendore della polifonia cinquecentesca:

"Zefiro torna”, un madrigale a quattro voci miste (soprani, contralti, tenori, bassi).

Grande il musicista, Luca Marenzio (1553-1599), uno dei più raffinati polifonisti rinascimentali.

Il "paroliere" è un poeta d’eccezione, Francesco Petrarca, che non ha bisogno di presentazione.

Il cantore di Laura, in questo celebre sonetto, n. 310 del suo Canzoniere, descrive il ritorno del vento primaverile, Zefiro, che riporta il bel tempo. Tornano a far sentire la loro voce la rondine (Progne) e l’usignolo (Filomena). Nel cielo splendono Giove e Venere, e l’amore coinvolge tutti gli esseri animati.
Ma tutto ciò è motivo di tristezza per il poeta, che ha perduto la sua amata e si è portata via le chiavi del suo cuore, che così rimane chiuso ad ogni altro sentimento gioioso.

Stupendo il sonetto, e perfettamente adeguata la musica di Marenzio.

Infatti nella prima parte del madrigale l’arrivo della primavera è sottolineato dal gioioso rincorrersi o sostare delle voci e da sonorità luminose.

Con le parole “Ma per me lasso”, che segnano l’inizio della seconda parte, l’atmosfera cambia completamente. Il tono si fa mesto e dolente, appena spezzato dal movimento delle parti in “cantar augelletti e fiorir piagge”.
Ma è una vivacità malinconica; la bellezza del quadro primaverile è velata dalla tristezza del cuore.

Un capolavoro di polifonia.

Il coro che lo esegue è piuttosto modesto e riesce solo in parte a esprimere e far gustare le ricchezze di questa celebre partitura.

Accontentiamoci di quello che passa youtube.


Zephiro torna, e 'l bel tempo rimena,
e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia,
et garrir Progne et pianger Philomena,
et primavera candida e vermiglia.

Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena;
Giove s'allegra di mirar sua figlia;
l'aria e l'acqua e la terra è d'amor piena;
ogni animal d'amar si riconsiglia.

Ma per me, lasso, tornano i più gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch'al ciel se ne portò le chiavi;

e cantar augelletti, e fiorir piagge,
e 'n belle donne oneste atti soavi
sono un deserto, e fere aspre e selvagge.

(F. Petrarca)

martedì 2 marzo 2010

Musica e poesia. I giardini di marzo



Il nome di alcuni mesi ha ispirato la fantasia degli artisti, nella letteratura, nella musica e in ogni settore dell’ingegno umano.

Così mi accade che quando un mese arriva, arriva anche come per riflesso pavloviano il nome della lirica connessa.

A gennaio non posso fare a meno di pensare alla commovente e appassionata canzone “Preghiera in Gennaio” di Fabrizio De André, scritta per la tragica morte di Luigi Tenco.

Quando arriva maggio invece mi viene in mente un dolcissimo verso della poesia “A Silvia” di Giacomo Leopardi: “Era il maggio odoroso”. Con quell’aggettivo il poeta riesce a descrivere in modo perfetto e indimenticabile il mese più bello dell’anno.

Verso la fine di settembre c'è “29 Settembre”, la canzone di Mogol e Lucio Battisti, fresca e originale.

E quando arriva marzo, arrivano anche “I Giardini di Marzo”, anch’essi di Mogol e Battisti, la canzone a me più cara.

Comunque, se dovessi salvare solo tre canzoni, nella mia compilation salverei, nell’ordine, I Giardini di Marzo, La canzone di Marinella, la Guerra di Piero.

Tutte e tre legate in qualche modo a nomi di mesi e stagioni.

Nella Canzone di Marinella, la ragazza “scivolò nel fiume a primavera”; Piero, nella sua assurda guerra, finisce per “crepare di maggio” tra mille papaveri rossi.

I Giardini di Marzo, che si vestono di nuovi colori, ci fanno lasciare alle spalle questo lunghissimo inverno. E anche se il gelataio non passa più con il suo carretto, sequestrato dai Nas, possiamo accedere a qualche gelateria con i suoi innumerevoli gusti (de gustibus…)

Nel 1972 ti accontentavi di crema e cioccolato.

lunedì 1 marzo 2010

Chopin. 200 anni di musica da sogno




Mi sono innamorato della musica classica soprattutto con i Notturni di Chopin, suonati da Arthur Rubinstein.

Mi facevano sognare i primi Notturni (op. 9), in particolare il primo e il secondo.

Quei suoni così cristallini, quelle note che sembravano una cascata di perle, nella esecuzione limpidissima del sommo pianista, mi inebriavano…

Non mi sono mai stancato di Chopin; non solo perché il primo amore non si scorda mai, ma perché quella musica ha ancora il potere di farmi sognare.

Ma mi è accaduto una cosa inaspettata.

Mentre negli anni giovanili mi affascinavano i primi Notturni, andando avanti nell’età ho cominciato ad apprezzare gli ultimi, quelli meno luminosi, dove domina il chiaroscuro e il ritmo si fa spesso serrato, e i toni più marcati.

Nel 200° anniversario della nascita di Fryderyk Chopin, avvenuta presso Varsavia il 1 Marzo 1810, voglio perciò onorare il grande compositore polacco con lo stupendo Notturno op. 48, n. 1, in Do minore, che ho apprezzato pienamente in età adulta.

La bravissima pianista russa Valentina Igoshina non può competere con Rubinstein nella perfezione tecnica.

Ma per il resto, lo lascio giudicare a voi…