Chi ama la polifonia non può non amare Zoltán Kodály (1882-1967), colui che in epoca contemporanea ha restituito pieno valore allo strumento musicale per eccellenza: la voce umana.
Kodály ha scritto polifonie stupende, e chi canta in un coro di qualche valore lo sa certamente.
È stato anche un grande pedagogista della musica, e il suo metodo per insegnarla ai bambini o a coloro che non conoscono le note è ben noto ai maestri di coro.
Ma a mio parere Kodály ha fatto molto di più di tutto questo; egli ha compiuto un’opera titanica: ha cercato di riaggregare una nazione intera, l’Ungheria, mediante il canto corale.
Può sembrare una esagerazione, o una curiosa trovata. È invece la realtà. Negli anni in cui l’Ungheria ha avuto Kodály come responsabile dell’educazione artistica, dal 1945 fino alla sua morte, egli si è prodigato per diffondere il gusto della musica vocale, il gusto di cantare insieme, raggiungendo risultati straordinari.
Tra gli anni 50-90 del secolo scorso non c’è stata altra nazione paragonabile nel canto corale alla nazione magiara; dalla scuola dell’infanzia all’università, dalle chiese alle fabbriche, dovunque ci fosse un aggregato di persone, lì è stato formato un gruppo corale. E sono stati raggiunti livelli di eccellenza da moltissimi cori, guidati da grandi direttori; citerò per tutti György Gulyás (1916-1993), il direttore del celebre Coro Polifonico di Debrecen.
Una nazione intera ha ritrovato le sue radici nell’antica musica gregoriana e nei canti popolari, opportunamente e genialmente rielaborati a cappella (cioè a più voci e senza accompagnamento di strumenti) dal grande musicista magiaro.
Di lui ho già postato altre volte musiche polifoniche. Chi vuole riascoltarle, cerchi nel blog alle etichette "Kodály" e "polifonia".
In questo tempo di Avvento, in vista del Natale, propongo ora Adventi Ènek, cioè “Canto d’Avvento” (1943), una suggestiva rielaborazione a quattro voci dispari (soprani, contralti, tenori, bassi) del canto gregoriano “Veni, veni, Emmanuel”. Emmanuel significa Dio-con-noi, e si riferisce al Figlio di Dio che si fa uomo.
Si noti la struttura geniale del brano. Il canto inizia con la semplice e bellissima melodia gregoriana, cantata all’unisono da tutto il coro. Alle parole del ritornello “Gaude, gaude”, le voci si dividono e inzia la rielaborazione polifonica.
La melodia gregoriana passa nella seconda strofa alla sezione dei bassi, mentre le altre voci tessono le loro armonie; quindi viene cantata dalla sezione dei soprani, poi dai contralti, infine dai tenori insieme ai soprani.
In pratica il canto gregoriano è sempre presente, come filo conduttore, e sopra o sotto di esso viene costruita la tessitura musicale.
È un vero e proprio ritorno alle origini della polifonia medievale, che consisteva in una melodia gregoriana accompagnata da altre voci, a formare il cosiddetto “organum”.
Naturalmente qui siamo davanti ad un “organum” in versione moderna, con le novità armoniche del XX secolo.
Il gruppo corale che esegue il canto è formato da giovani dilettanti volenterosi, e perciò con qualche giustificato limite.
Apprezzabile comunque la limpidezza e la dolcezza delle voci femminili, mai sguaiate, neanche nelle note acute.
Traduco la prima strofa, che riassume un po' tutto il canto:
Vieni, vieni, Emmanuel,
libera Israele prigioniero,
che geme in esilio
privato del Figlio di Dio.
Gioisci, gioisci! L’Emmanuel
nascerà per te, Israele.
Veni, veni Emmanuel,
Captivum solve Israel,
Qui gemit in exilio
Privatus Dei Filio.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, o Jesse Virgula;
Ex hostis tuos ungula,
De specu tuos tartari
Educ et antro barathri.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, veni, o Oriens
Solare nos adveniens;
Noctis depelle nebulas
Dirasque noctis tenebras.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni clavis Davidica;
Regna reclude caelica;
Fac iter tutum superum,
Et claude vias inferum.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, veni Adonai,
Qui populo in Sinai
Legem dedisti vertice,
In majestate gloriae.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Amen!
Kodály ha scritto polifonie stupende, e chi canta in un coro di qualche valore lo sa certamente.
È stato anche un grande pedagogista della musica, e il suo metodo per insegnarla ai bambini o a coloro che non conoscono le note è ben noto ai maestri di coro.
Ma a mio parere Kodály ha fatto molto di più di tutto questo; egli ha compiuto un’opera titanica: ha cercato di riaggregare una nazione intera, l’Ungheria, mediante il canto corale.
Può sembrare una esagerazione, o una curiosa trovata. È invece la realtà. Negli anni in cui l’Ungheria ha avuto Kodály come responsabile dell’educazione artistica, dal 1945 fino alla sua morte, egli si è prodigato per diffondere il gusto della musica vocale, il gusto di cantare insieme, raggiungendo risultati straordinari.
Tra gli anni 50-90 del secolo scorso non c’è stata altra nazione paragonabile nel canto corale alla nazione magiara; dalla scuola dell’infanzia all’università, dalle chiese alle fabbriche, dovunque ci fosse un aggregato di persone, lì è stato formato un gruppo corale. E sono stati raggiunti livelli di eccellenza da moltissimi cori, guidati da grandi direttori; citerò per tutti György Gulyás (1916-1993), il direttore del celebre Coro Polifonico di Debrecen.
Una nazione intera ha ritrovato le sue radici nell’antica musica gregoriana e nei canti popolari, opportunamente e genialmente rielaborati a cappella (cioè a più voci e senza accompagnamento di strumenti) dal grande musicista magiaro.
Di lui ho già postato altre volte musiche polifoniche. Chi vuole riascoltarle, cerchi nel blog alle etichette "Kodály" e "polifonia".
In questo tempo di Avvento, in vista del Natale, propongo ora Adventi Ènek, cioè “Canto d’Avvento” (1943), una suggestiva rielaborazione a quattro voci dispari (soprani, contralti, tenori, bassi) del canto gregoriano “Veni, veni, Emmanuel”. Emmanuel significa Dio-con-noi, e si riferisce al Figlio di Dio che si fa uomo.
Si noti la struttura geniale del brano. Il canto inizia con la semplice e bellissima melodia gregoriana, cantata all’unisono da tutto il coro. Alle parole del ritornello “Gaude, gaude”, le voci si dividono e inzia la rielaborazione polifonica.
La melodia gregoriana passa nella seconda strofa alla sezione dei bassi, mentre le altre voci tessono le loro armonie; quindi viene cantata dalla sezione dei soprani, poi dai contralti, infine dai tenori insieme ai soprani.
In pratica il canto gregoriano è sempre presente, come filo conduttore, e sopra o sotto di esso viene costruita la tessitura musicale.
È un vero e proprio ritorno alle origini della polifonia medievale, che consisteva in una melodia gregoriana accompagnata da altre voci, a formare il cosiddetto “organum”.
Naturalmente qui siamo davanti ad un “organum” in versione moderna, con le novità armoniche del XX secolo.
Il gruppo corale che esegue il canto è formato da giovani dilettanti volenterosi, e perciò con qualche giustificato limite.
Apprezzabile comunque la limpidezza e la dolcezza delle voci femminili, mai sguaiate, neanche nelle note acute.
Traduco la prima strofa, che riassume un po' tutto il canto:
Vieni, vieni, Emmanuel,
libera Israele prigioniero,
che geme in esilio
privato del Figlio di Dio.
Gioisci, gioisci! L’Emmanuel
nascerà per te, Israele.
Veni, veni Emmanuel,
Captivum solve Israel,
Qui gemit in exilio
Privatus Dei Filio.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, o Jesse Virgula;
Ex hostis tuos ungula,
De specu tuos tartari
Educ et antro barathri.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, veni, o Oriens
Solare nos adveniens;
Noctis depelle nebulas
Dirasque noctis tenebras.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni clavis Davidica;
Regna reclude caelica;
Fac iter tutum superum,
Et claude vias inferum.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Veni, veni Adonai,
Qui populo in Sinai
Legem dedisti vertice,
In majestate gloriae.
Gaude, gaude! Emmanuel
nascetur pro te, Israel.
Amen!
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