Mi sono accorto di un fatto (quasi ovvio), che mi ha obbligato ad una riflessione.
I gusti di una persona cambiano nel tempo.
Da giovane studente e nei primi anni dell’insegnamento amavo il Foscolo. Amavo quel suo stile vigoroso, potente, drammatico. “Sdegno il verso che suona e che non crea”.
Amavo anche il Leopardi, ovviamente, ma mi ponevo la domanda chi tra loro fosse il più grande.
Nel prosieguo degli anni non c’è stata più partita. Leopardi ha quasi completamente annullato i miti foscoliani. Ora amo la mirabile limpidezza del poeta di Recanati, ma soprattutto il suo lucido guardare in faccia alla realtà, senza illusioni: “Arcano è tutto, fuor che il nostro dolor”.
Nella filosofia mi hanno sempre appassionato Platone e Aristotele, così come Agostino e Tommaso.
Come si fa da giovani a non preferire Platone e Agostino? La passione, la ricerca della bellezza, la libertà, l’ebbrezza anche del male… “Il nostro cuore inquieto” (Inquietum cor nostrum): un anticipo dei tempi moderni.
Poi è venuto il desiderio della “reductio ad unum”, della semplicità, della chiarezza, della sistematicità. Sì, il pathos, la bellezza, la fantasia…
Ma ora sopravvanza il fascino della razionalità, della dimostrazione rigorosa, della logica stringente. È il momento di Aristotele, l’amico di Platone, che abbandona il maestro perché magis amica veritas (più amica è la verità).
Da giovane mi interessava la letteratura in genere, e i numerosi libri della Bur, di pochissima spesa e volume, hanno costituito la mia prima biblioteca letteraria; così come la piccola 500 è stata la mia prima auto.
Piano piano è subentrata e alla fine ha monopolizzato il mio interesse la ricerca storica, la documentazione archivistica.
Certo, è la fine del topo di biblioteca; ma con la soddisfazione di scoprire documenti di prima mano, di verificare o no luoghi comuni, di farsi un’idea precisa della realtà lontano da wikipedia.
Trovarsi ad esempio davanti ad un “diploma” del 4 marzo 801 di “Karolus, rex francorum et romanorum atque langobardorum”, cioè di Carlo Magno, che dona al Vescovo di Arezzo delle proprietà, coi nomi dei luoghi e dei loro confini, luoghi ancora denominati nello stesso modo, fa una certa impressione… E vedere in fondo al diploma pergamenaceo il suo sigillo, è il top.
In una cosa non sono cambiato. Nell’amore per la musica; di ogni tipo, purché bella: classica, leggera, vocale, strumentale, moderna, antica…
Sono dell’opinione di Pitagora. La vita è una divina armonia musicale.
Foto in alto: Tabula Peutingeriana (IV secolo d. C.). Tratto tra Chiusi (Clusio), Arezzo (Adretio) e Firenze (Florentia Tuscorum). Sono indicate le strade consolari, le stationes, le mansiones, e le miglia di distanza. Cliccare sull'immagine per ammirare i particolari della straordinaria mappa romana antica.
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