Coloro che per la prima volta hanno posto con chiarezza il problema della verità razionale sono stati i sofisti, ad Atene, nel V secolo avanti Cristo.
Il più celebre dei sofisti, Protagora affermò che “l’uomo è la misura di tutte le cose”.
Con questa frase egli intendeva dire che ogni uomo ha la sua verità, la quale varia perciò da individuo a individuo; anzi, è mutevole nello stesso individuo, varia cioè con il mutare della persona stessa.
Socrate si oppose a questa deriva relativisitica con la sua appassionata ricerca della verità su di ogni argomento. La scoperta del “concetto” è stato il punto fondamentale di arrivo della ricerca socratica: su di ogni argomento l’uomo, attraverso un dialogo sincero, è in grado di “partorire” un concetto (=concepito), valido per tutti e perciò comunicabile.
Platone ha scritto i dialoghi nei quali Socrate dibatte con i sofisti questa decisiva battaglia per i fondamenti della comunicazione e del sapere.
Senza la verità, valida per tutti, l’uomo non potrebbe né apprendere né insegnare nulla.
Ma è con Aristotele che il punto debole della teoria di Protagora è messo a nudo con chiarezza definitiva. Nel libro 11 della Metafisica afferma:
“Se le cose stessero come dice Protagora [cioè ognuno ha la sua verità], allora tutti avrebbero sempre ragione, nessuno penserebbe il falso, perché ognuno è certo in un dato momento di quello che gli sembra, di quello che gli appare” (Aristotele, Metafisica, 1062, b 14).
Protagora dunque ignora la differenza tra verità e opinione. Quando egli afferma che ognuno ha la sua verità, egli in realtà dice che ognuno ha una sua “opinione”, che può essere sbagliata o vera.
La verità, su di un argomento e sul medesimo aspetto di quell’argomento, non può che essere una sola, secondo il principio di non-contraddizione, quello che regge tutto il nostro pensiero e il nostro agire.
Quello stesso principio che regge tutta la realtà: una cosa è se stessa e non un’altra.
Foto in alto: La Verità e la Menzogna (particolare de La Calunnia), 1495, Sandro Botticelli, Galleria degli Uffizi, Firenze
scusami, capito per caso sul tuo blog, e non sono riuscito a trattanermi dal voler commentare questo intervento sulla verità.
RispondiEliminagià proprio aristotele citi, colui che ha fatto più danni al pensiero occidentali di chiunque altro.
la logica aristotelica è chiusa, ingabbiata in sistemi del tipo: o nero o bianco(principio del terzo escluso).
una cosa è se stessa e non un altra? ma rispetto a cosa e chi l'ha decisa così com'è?
si parla di una verità unica senza la quale non sarebbe possibile apprendere? come può essere vera questa affermazione? se solo con una verità unica e assoluta si può fare come possiamo oggi dimostrare che senza la verità non si apprende? mi vuoi dire che tutto quello che è oggi conosciuto e studiato si basa sulla verità assoluta? per dimostrarlo occorrerebbe dimostrare anche il suo opposto, giusto?
vorrei sottoporre alla tua attenzione un paio di scritti che spero, vedendo il tipo di persona che sembri essere, tu voglia leggerli.
http://digilander.libero.it/valmont_bo/La%20Semantica%20Generale.doc
http://digilander.libero.it/valmont_bo/Von%20Foester%20dissacrante.htm
http://digilander.libero.it/valmont_bo/SEMANTICA%20GENERALE.doc
se ci trovi spunti di riflessione ne sono felice, se non ne trovi va bene lo stesso. un saluto
Caro Simone,
RispondiEliminala verità è una perché l'essere è uno (tu sei simone e non amicusplato, e viceversa).
Il problema della ricerca della verità non è ostacolato da questa certezza, cioè dal principio di non contraddizione; anzi, ne è favorito, perché un ricercatore procede per affermazione o esclusione progressiva(Galileo diceva "provando e riprovando", dove il verbo riprovare significa scartare).
Su alcuni punti la verità si raggiunge, su altri si brancola nel buio. Ma si trova la verità o si brancola nel buio, perché abbiamo in noi il senso della verità assoluta, cioè che se una cosa è vera, il suo contrario è falso.
Senza verità, anche se non l'abbiamo ancora trovata, non si procede né nella ricerca, né nella vita. Dei punti fermi (almeno, finché li crediamo tali) ci devono essere.
Anche quelli che dicono "non ho punti fermi", hanno questa affermazione come punto fermo. Quindi hanno affermato una verità.
Ciao!
Ps. Non sono riuscito a trovare gli articoli che hai indicato. I motori di ricerca non li rintracciano.
Scusa per il ritardo nella risposta, ma ho visto il commento solo ora.