Sarà il solleone, sarà soprattutto la qualità del legno, ma ormai
coloro che stanno nei palazzi del potere ci propinano ogni giorno i loro stucchevoli proclami.
Dall’alto delle loro poltrone, e soprattutto dei loro vergognosi stipendi e privilegi, fanno a chi le spara più grosse.
Renzi dice che tutto va bene e che le tasse diminuiranno,
dal prossimo anno. Naturalmente il prossimo anno ripeterà le stesse parole.
La Boldrini ovviamente ripete a pappagallo; in particolare, per
lei non esiste un’emergenza immigrazione, i clandestini sono pochissimi (stamani ne sono arrivati altri mille) e bisogna
costruire ponti (nel Mediterraneo?)
I giudici si divertono a prendere per il culo la gente:
tartassano le suore di Livorno e mettono in libertà delinquenti e pregiudicati.
Marino, il sindaco di Roma, è la somma della protervia del potere.
Tutto intorno gli sta crollando, la città è allo stremo, ma lui sembra il titolare di un bar d’Arezzo,
noto per essere il ritrovo di stomaci di ferro: “Barkollo, ma non mollo”.
E noi, vil plebe? Tutti buoni e zitti. Siamo di sotto, si
prende quel che viene; soprattutto bollette.
Proprio come scriveva il 21 gennaio 1832 il Belli nel suo
362esimo Sonetto romanesco: “Li
soprani der Monno vecchio”. Mario Monicelli ne prese lo spunto per Il
Marchese del Grillo.
Da allora il mondo è cambiato poco. Giudicate voi.
Li soprani der Monno vecchio
C'era una vorta un Re che dar palazzo
mannò fora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun siete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
posso vénneve tutti a un tant' er mazzo:
io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba io ve l'affitto.
Chi abbita sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai voce in capitolo".
Co st'editto annò er boja pe ccurriero,
interroganno tutti in sur tenore;
e arisposeno tutti: "È vvero, è vvero".
C'era una vorta un Re che dar palazzo
mannò fora a li popoli st'editto:
"Io sò io, e vvoi nun siete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
posso vénneve tutti a un tant' er mazzo:
io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba io ve l'affitto.
Chi abbita sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore,
quello nun pò avé mmai voce in capitolo".
Co st'editto annò er boja pe ccurriero,
interroganno tutti in sur tenore;
e arisposeno tutti: "È vvero, è vvero".
G. G. Belli
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