Voglio ricordare la figura di S.
Girolamo, nel giorno della sua festa.
È il Padre della Chiesa che ha
tradotto la Bibbia in latino, donandoci così la celebre “Vulgata”, che è stata
in vigore nella Chiesa Cattolica praticamente fino al Concilio Vaticano II,
cioè fino a 50 anni fa.
Voglio ricordare la sua memorabile e
insuperabile traduzione, partendo da un versetto del Vangelo di Matteo nell’originale
greco, e confrontandolo con altre traduzioni in lingue moderne.
Dico subito che conosco pochissimo il
tedesco, mentre "me la cavicchio" nelle altre che cito, almeno dal punto di vista
della conoscenza letteraria.
Il versetto del Vangelo di Matteo è il
seguente:
Ảρκετὸν τῇ ἡμέρᾳ ἡ κακία αὐτῆς (arketòn tè hemèra he kakìa autès) (Mt 6, 34).
La
traduzione letterale suona così: (È) Sufficiente al giorno il suo male (la
parola “kakìa” ha però anche una sfumatura di “cattiveria”, e in greco il verbo
essere nelle frasi sentenziose è spesso tralasciato, come in questo caso).
S. Girolamo
tradusse: “Sufficit diei malitia sua”.
La
traduzione italiana CEI è questa: “A ciascun giorno basta la sua pena”.
La traduzione francese: “Á chaque jour suffit sa peine”.
La
traduzione della Conferenza Episcopale Spagnola: “A cada día le basta su
desgracia”.
Quella inglese di re Giacomo: “Sufficient unto the day
(is) the evil thereof”. Quella
attuale cattolica americana: “Sufficient for a day is its own evil”.
Quella
tedesca: “Pro Tag reicht seine Sorge”.
Nella sostanziale
identità dei concetti (ci mancherebbe altro!), ogni traduzione esprime a mio
parere qualche sfumatura, qualche “nuance”, che rivela il carattere di una
lingua e del suo popolo.
Un po' come nell'arte: gli stessi episodi evangelici sono espressi nella sensibilità tipica dei vari popoli e dei singoli artisti, e ciò costituisce la ricchezza e il fascino di tanti capolavori.
“A ciascun
giorno basta la sua pena”. La “cattiveria” si è addolcita nella parola “pena”. Non
possiamo non sottolineare la musicalità della lingua italiana. Questa frase è diventata
un proverbio.
La
traduzione francese suona più “tranchante”, come è nel carattere dei francesi. Non
sono loro gli inventori della ghigliottina?
La
traduzione spagnola mi colpisce per la sua espressività. Forse nessun popolo ha
il senso del pathos, della “passione”, come quello ispanico. La “cattiveria”,
diventata “pena”, qui è “desgracia”. Ognuno di noi, in fondo, è un povero “desgraciado”,
che senza l’aiuto di “Jesucrísto” non potrà mai salvarsi.
La
traduzione inglese, sia nella solenne antica che in quella moderna, sottolinea
invece l’aspetto della cattiveria: “evil”. L’eterno conflitto tra “good and evil”, tra il bene e il male.
La frase in
tedesco si serve della stupenda parola “Sorge” che indica soprattutto “preoccupazione”,
“affanno”, e quasi angoscia. Un aspetto della vita che il luteranesimo ha particolarmente
evidenziato e in epoca moderna la
filosofia tedesca ha messo a tema nell’esistenzialismo.
Detto questo
rimane la traduzione di S. Girolamo.
La più precisa, la più bella, la più
perfetta.
Mantiene il
significato originario di “malizia” proprio del termine greco “kakìa” (non solo
male fisico, disgrazia e angoscia; ma
anche cattiveria).
Mantiene la
brevità sentenziosa, cosicché la frase rimane subito impressa nella memoria e
si può esprimere con un sol fiato di voce.
È scolpita
con la mirabile efficacia della lingua latina, essenziale e musicale al tempo stesso.
E questa è una
sola frase...
S. Girolamo (347- 30 settembre 420),
di madre lingua latina e perfetto conoscitore del greco, vissuto a Betlemme per
apprendere in modo altrettanto perfetto l’ebraico, discepolo del più grande
grammatico del suo tempo, Elio Donato, ha tradotto con il medesimo spirito del
versetto citato tutta la Bibbia, i 46 libri del Vecchio Testamento e i
27 del Nuovo Testamento.
Senza
bisogno di Google translate.
E un po’
meglio.
Nella foto in alto: "S. Girolamo nel deserto", Il Guercino (ca 1650), Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo.
Sei un vero poliglotta, caro Antonio.
RispondiEliminaNon sapevo delle traduzioni di San Girolamo, grande e acuto osservatore.
Buona settimana amico mio.
La Sacra Scrittura è così bella che leggerla nelle varie lingue è fonte di grande soddisfazione interiore :-)
EliminaNon riesco a capire coloro che non la leggono nemmeno in italiano... :-(
S. Girolamo li illumini ;-)
Un grande abbraccio, cara Gianna, e buon mese di ottobre, ormai :-)
Mi permetto una domanda se capisco bene si riferisce al nostro male interiore e non a quello che viene da fuori come ho sempre pensato?
RispondiEliminaCioè riconoscere che il male c'è e che devo viverne l'espiazione, oppure come prova data da Dio dentro la vita?
Ciao Nell
Nella parte finale del capitolo 6 di S. Matteo, quella che precede il versetto da me riportato, c'è l'invito di Gesù a non preoccuparsi troppo per le cose materiali ("cosa mangeremo, cosa berremo, cosa indosseremo?")e a cercare "anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia".
Elimina"A ogni giorno basta la sua pena" (sufficit diei malitia sua). È chiaro perciò che nella parola "pena" sono comprese tutte le preoccupazioni, sia esterne che interne a noi, sia quelle che vengono senza nostra cattiva volontà, che quelle per nostra colpa.
Perciò è un invito di Gesù alla serenità, giorno per giorno, senza ansia esagerata per il futuro. "Il Padre sa di che cosa abbiamo bisogno". Non per nulla proprio in quel capitolo 6 c'è la preghiera del Padre Nostro.
Nella parola "pena", o "male", sono compresi tutti i casi negativi che ogni giornata porta con sé, o per colpa nostra o imprevisti.
Ma ogni giorno va affrontato serenamente. Al domani ci penseremo domani, con la certezza che Dio ci è sempre vicino, e Lui non ci farà mancare l'aiuto necessario.
Un grande abbraccio, cara Nell, e grazie per il tuo opportuno commento.
Grazie Amicus per la tua spiegazione, che mi chiarisce ulteriolmente questa frase che mi ripeto spesso.
Eliminaè consolante, io la vivo cosi, perche so di non essere sola.
Ciao Nell.
Un grande abbraccio a te.
Grazie per tale bellezza che hai condiviso con noi; mi hai fatto pensare ad uno dei messaggi della Madonna a Medju in cui dice appunto: che ogni giorno ha già la sua pena ed io imparo sempre più a capire che ogni giorno è un dono da utilizzare alla ricerca del bene sempre più profondo, con l'aiuto di Dio ringraziandoLo non appena i miei occhi si aprono al giorno, volgendoo il mio sguardo nell'alto del mezzogiorno e col calare della sera fino a che la preghiera diviene costante, perchè con Lui ho desiderio di parlare, perchè di Lui ho bisogno d'ascoltare, della Sua bellezza mi nutro e nella sua forza mi raccolgo. Chi può aggiungere un solo giorno alla propria vita? e se fosse domani il giorno in cui mi troverò davanti a Lui? Certo non avrò mai niente di ricco da presentargli se non il mio desiderio di unione col Figlio, se non il mio desiderio della Sua Luce... se non il desiderio e la buona volontà poichè davvero Lui è il mio tutto ed io il niente.
RispondiEliminaUn caro abbraccio a te e... a tutti.
Grazie di cuore, carissima Terry, di questa tua riflessione così opportuna e di questa tua forte e delicata testimonianza personale :-))
EliminaLa certezza che Dio non ci abbandonerà mai è ciò che sostiene la nostra vita, ogni giorno.
È una grande gioia la tua presenza, lo sai ;-))
Un grande abbraccio :-))
Mi chiedo 2 cose, che davo per scontato che la Bibbia mi appartenesse, invece è una conquista per tutti di 50 anni fa, e però se riguarda anche noi o solo il popolo Ebraico
RispondiEliminaCaro Luca, la Bibbia è patrimonio dell'umanità, sia nei testi originali, che nelle traduzioni. Le versioni nelle varie lingue non devono cambiare ovviamente il testo originario, ma lo devono riportare nella sua integrità. È ovvio che qualche sfumatura, propria di ogni lingua, è inevitabile. Ma è anche la sua vivezza. Ricordiamo comunque che possediamo i testi originari, per cui è sempre possibile fare il confronto sulla fedeltà o meno della traduzione.
EliminaPer quanto riguarda il popolo Ebraico, quando si parla di Bibbia si intende solo il Vecchio Testamento (tranne qualche libro).
Un caro saluto, e grazie del tuo apporto :-)