Negli anni 70 ogni estate con un gruppo di 5 o 6 amici facevo una bella girata in qualche paese europeo, unendo l’utile della conoscenza dei luoghi al dilettevole di un periodo in libertà.
Nel 1978 la meta era Istanbul.
Con l'allora mitico Ford Transit, stipato all’inverosimile di cibarie, tenda militare e tutto quanto fa campeggio (senza dimenticare il gas per cucinare e una damigiana di vino nostrale toscano), si cominciava l’avventura.
Sopra il cruscotto l’armamentario musicale: mangiadischi e mangianastri, con le ultime (e penultime) novità musicali, in dischi e cassette registrate.
Alla frontiera bulgara ci accattivammo le simpatie dei minacciosi doganieri con la damigiana del vino: nell’attesa dei visti sul passaporto, a turno i gabellieri ci gabellarono un bel po’ di Chianti.
I turchi a loro volta, tranne il prosciutto e il salame, vollero assaggiare di tutto: nutella, formaggio, banane, grissini... Fu risparmiato un ulteriore e fatale attacco alla damigiana del vino, secondo l’insegnamento del Profeta.
Alla frontiera greca ci presero per hippies e ce la cavammo dal far scaricare tutti i bagagli (in cerca di eventuale roba) recitando chi l’inizio dell’Iliade, chi dell’Odissea: “Mènin aèide, theà, Pelèiadèo Achìleos”. “Ándra moi ènnepe mùsa polýtropon ‘os mala pòlla” (traslittero alla meglio).
Potenza degli esametri omerici! I gabellieri si fermarono impressionati, come se avessero udito una voce dall’oltretomba. Ci fecero segno che tutto andava bene e si ritirarono in buon ordine.
E poi dicono che il greco non serve...
Ma nel macinare le migliaia di chilometri, in strade allora semideserte e con la carreggiata tutta a nostra disposizione, ci era di accompagnamento, oltre al rumore del motore, la musica a tutto volume.
La più gettonata era “Stayin’ alive” dei Bee Gees. In quella estate caldissima, con il Transit che ansimava in quelle strade dimenticate da Dio e dalle concessionarie, la canzone dava sprint a noi e al motore.
Ci piaceva anche “Pensiero stupendo” di Patty Pravo, con tutta quella sfilza di pronomi che sembrano una esercitazione grammaticale, e quelle frasi ermetiche da far invidia a Ungaretti:
“E tu, e noi, e lei, fra noi, vorrei, non so, che lei, o no, le mani, le sue”... La bellezza dell’assurdo.
Si riprendeva la carica e ci faceva sognare la bella canzone di Alan Sorrenti: “Figli delle stelle”:
“Noi siamo figli delle stelle, non ci fermeremo mai per niente al mondo. Noi siamo figli delle stelle, senza storia, senza età, eroi di un sogno. Noi stanotte figli delle stelle ci incontriamo per poi perderci nel tempo”.
Sembrava scritta per il nostro vagabondare spensierato nel Sud Europa.
Quando ci prendeva un po' di stanchezza si ascoltava “It's a heartache”, con la rauca voce di Bonnie Tyler.
E poiché la stanchezza a quest’ora della notte è sempre possibile per chi sta sveglio, ripropongo la canzone di Bonnie.
Anche per ricordare la bellezza di una musica senza tempo.
E per un po' di amarcord.
Che nostalgia di quegli anni...
RispondiEliminaCome mi piacerebbe tornare indietro, ma ...con il senno di oggi.
Mi piace ogni tanto lasciarmi andare ai ricordi.
RispondiEliminaMi aiutano ad affrontare con più serenità il futuro ;-)
Un grande abbraccio, e un bacio, mia cara Gianna :-)
Buona domenica, Antonio.
RispondiEliminaGrazie, mia cara Gianna. Ancora è Pentecoste :-))
RispondiEliminaA te auguro, data l'ora, un buon inizio settimana ;-)