La passione e morte in croce di Gesù Cristo è nella storia
umana un punto di riferimento fondamentale.
Quella croce piantata sul Calvario, da patibolo infamante, è
diventata segno di speranza per ogni essere umano provato dalla sofferenza.
Guardando quella croce, l’umanità ha imparato a guardare con
occhi più fraterni tutti coloro che sono prostrati da ogni genere di male.
E se ancora questo non è stato capito, dovrà prima o poi
essere compreso da tutti, se vogliamo che la giustizia, l’amore e la pace siano
i fondamenti della civile convivenza.
L’insegnamento che viene dalla Croce di Cristo è stato nel
corso di duemila anni motivo di ispirazione per tutti gli artisti. Impossibile
ricordare anche solo i maggiori.
Nella musica in particolare ce n’è uno che ha dedicato alla
passione di Cristo un'opera sublime, sia per il pathos che la caratterizza, che
per la perfezione formale.
Parlo dello spagnolo Tommaso Ludovico da Victoria
(1548-1611), che con il suo “Officium Hebdomadae Sanctae” (Officio della
Settimana Santa), pubblicato a Roma nel 1585, ci ha lasciato un capolavoro di
arte e di fede: ben tre ore di polifonia a cappella, cioè senza strumenti, con oltre 50 mottetti e
responsori vari da 3 a 8 voci.
Un’opera colossale, che segue passo passo la liturgia della settimana, dalla Domenica delle Palme fino al Sabato Santo.
Solo per ricordare i brani più famosi, ne citerò alcuni del
Venerdì Santo: "Tenebrae factae sunt", "Caligaverunt", "O vos omnes", "Improperia".
Sono brani che io ho già postato in varie occasioni
(Victoria è un autore che amo particolarmente).
In questo Venerdì Santo ascoltiamo l’inizio degli “Improperia”,
i “rimproveri” di Gesù al suo popolo, cioè a noi: “Popule meus, quid feci tibi, aut in quo contristavi te? Responde mihi”
(Popolo mio, che male ti ho fatto, o in
che cosa ti ho rattristato? Rispondimi).
Il canto continua in greco e in latino: “Aghios o Thèos, Sanctus Deus. Aghios Iskyros, Sanctus Fortis. Aghios Athànatos, eleison hìmas,
Sanctus et immortalis, miserere nobis” (Santo
Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi).
Si noterà che il brano, a quattro voci miste, ha un andamento corale, con pochissimo
movimento delle singole parti, tranne nelle cadenze e in qualche altro
breve momento.
Ma quando nell’ultimo versetto si canta “Santus et
immortalis”, la musica si innalza altissima e si distende verso l’infinito, a
sottolineare il concetto espresso dalle parole.
Grandissimo Victoria, e un po' meno invece il coro che lo
esegue.
Victoria non è Palestrina. Nella parte finale (Sanctus et immortalis) un allargando e un po' più di pathos (Victoria è spagnolo!) non guasterebbero. Qua e là poi, piccole imprecisioni ritmiche (che si notano, in questa trina finissima accordale).
Accontentiamoci di ciò che passa il web. È la migliore esecuzione che ho trovato.
Accontentiamoci di ciò che passa il web. È la migliore esecuzione che ho trovato.
Buon Venerdì Santo!
Buon venerdì santo con raccoglimento.
RispondiEliminaAbbraccio, Antonio.
Buon Venerdì Santo anche a te, mia cara Gianna :-)
EliminaSuggestivo questo brano e, come sempre, molto attenta e precisa la tua spiegazione, da esperto che vive la polifonia dal suo interno!
RispondiEliminaBuon Venerdì Santo e un abbraccio di Buona Pasqua!!!
Buon Venerdì Santo e, con anticipo, Buona Pasqua anche a te, carissima Annamaria :-)
EliminaUn abbraccio affettuoso :-)