Ci sono principalmente due modi di pregare.
C’è quello liturgico, pubblico, comunitario.
C’è quello personale, “privato” (ma non esiste una preghiera solo privata; anche da soli diciamo Padre “nostro”, non Padre mio. Il cristiano è sempre in comunione con tutti, anche nel segreto della sua stanza).
Le due forme di preghiera sono complementari; simul stant aut simul cadunt, stanno insieme o cadono insieme. La vita è fatta di momenti comuni e di momenti di intimità. E la preghiera rispecchia nel profondo ciò che è la nostra struttura esistenziale.
La pretesa di limitare l’espressione della fede cristiana alla sola sfera privata è, oltre che sbagliata, assurda. Sarebbe come obbligare una persona a mettersi un “burqa laico” quando esce di casa.
Infinite poi sono le espressioni di preghiera personale. C’è chi si affida a preghiere “tradizionali” o a forme devozionali, oppure a libere espressioni verbali, a letture sacre, a momenti di silenzio o di contemplazione.
Tra queste forme espressive, “la preghiera del cuore” è un modo molto efficace per fare spazio in noi alla presenza di Dio, e per allontanare angoscia e tristezza dal nostro cuore.
Consiste nella ripetizione di brevi frasi, o nella invocazione del nome di Gesù: “Signore Gesù!”
Il nome di Gesù non è solo un fiato di voce, né un mantra da ripetere ossessivamente per autoconvincersi di qualcosa.
Il nome è invece la rivelazione della natura divina del Cristo: Gesù significa “Dio salva” (Mt. 1, 21), e questo significato svela e porta con sé la divina potenza, che è salvezza.
Per lo stesso motivo, quando nel Vangelo Gesù scaccia i demoni e gli spiriti del male dalle persone che ne sono prigioniere, li scaccia chiamandoli per nome, cioè rivelando la loro natura malvagia, smantellando così il loro dominio sull’uomo.
Freud ha cercato di riprodurre con la psicoanalisi questa verità evangelica (lo dice Freud stesso), ma con modalità puramente umane: liberare la psiche da ciò che la tormenta facendo emergere con le parole il “male”sepolto nell’inconscio.
Il limite della psicoanalisi è la parola umana; in quanto analoga a quella divina può operare anch’essa positivamente, se ben usata. In quanto semplicemente umana, non può avere la potenza creatrice e liberatrice del Verbo di Dio.
Confidare unicamente nella parola dell’uomo, significa rimanere prigionieri della nostra umana finitezza.
I canti di Taizé riprendono l’antico stile monastico della “preghiera del cuore”: brevi invocazioni a Dio, ripetute più volte fino a diventare una cosa sola con il respiro.
Taizé del resto è stato fondato da un monaco, Frère Roger Schutz, con un’apertura ecumenica che lo ha portato a valorizzare ogni espressione religiosa.
Propongo un canto di Taizé come esempio di preghiera del cuore: “Cristo Jesùs” (“Jésus le Christ”; in italiano “Cristo Gesù, o luce interiore”, Canti di Taizé, Elledici, 2005). Musica di Jacques Berthier, ovviamente.
Facciamo spazio in noi a Cristo Gesù, in questi giorni di Passione, per trovare la gioia della Risurrezione!
Molto intenso ed emozionante, Grazie !! :-)
RispondiEliminaLa preghiera è per lo spirito come il cibo per il corpo.
RispondiEliminaAmo pregare soprattutto in solitudine e sempre con il cuore.
Post condivisibie e riflessivo.
Abbraccio, caro Antonio.
E' davvero uno dei canti di Taizé più belli.
RispondiEliminaGrazie e buona Settimana Santa!
Carissimo Gero :-))
RispondiEliminaun affettuoso saluto e grazie a te, del tuo commento.
Per gli auguri di Pasqua, c'è ancora tempo ;-)
Ciao!
La preghiera è davvero essenziale per la nostra vita :-)
RispondiEliminaIn questi giorni poi ne sentiamo tutta la forza:-)
Un grande abbraccio anche a te, cara Gianna :-)
Mi piacciono i canti di Taizé :-)
RispondiEliminaMolti sono particolarmente adatti a questo periodo pasquale, anche perché in questo periodo Taizé è particolarmente frequentato :-)
Grazie, cara Annamaria, del tuo commento ;-)
Buona Settimana Santa !