lunedì 6 febbraio 2012

Professore... Un consiglio in musica di Renato Zero



Dalla “immaginazione al potere” del 68 al governo attuale dei “professori”, di strada se n’è fatta molta.

Forse, in retromarcia. Ma a quanto pare, di immaginazione ce n’è rimasta pochina, giusto quella dei videogiochi e dei telefonini.

L’Italia si è trasformata in una classe di scolaretti, anzi, in una pluriclasse; e scolaretti disciplinati, anche perché i prof hanno di nuovo in mano il righello o la canna di bambù, e non solo per indicare le carte didattiche appese alle pareti dell’aula scolastica...

Ogni giorno perciò, studenti e operai, pensionati o pensionandi futuribili, casalinghe disperate o donne in carriera, cattolici o atei, persone di sinistra, di centro, di destra, o di nessuna direzione, tutti dobbiamo sorbirci la nostra lezioncina quotidiana.

“Hai fatto ieri tutti i tuoi scontrini? Hai portato a termine il conto (corrente), o invece qualche operazione (bancaria) non ti è riuscita bene? Hai chiesto lumi al prof. Passera? E tu, alunno A, cedi il posto all’alunno B. Non crederai di stare tutto l’anno al medesimo banco. Ricordati che sei precario (come la vita)”. E così via.

In genere la figura del professore ha ispirato poco la fantasia dei poeti e dei musicisti. Quelle poche volte, sono tratteggiati piuttosto gli aspetti meno lusinghieri. Insomma, una solenne bocciatura.

Ho in mente il “Vecchio professore” de “La città vecchia” di De André, e soprattutto “Professore” di Renato Zero, dall’album “Presente” del 2009.

La canzone di Renato Zero coglie uno dei pericoli più frequenti nella vita di un insegnante: quello di identificare una lezione scolastica con la complessità della vita reale.

Diceva un grande “professore”, anzi il professore per eccellenza, Hegel: “Se le idee non si incarnano nel tempo e nello spazio presente, rimangono astrazioni e ideologie”. Le prime formano le cosidette “anime belle”, quelle che confondono i sogni con la realtà. Le ideologie formano invece personaggi come Robespierre, quelli che tagliano la testa a chi non ha il pensiero unico (e non si erano visti ancora Hitler e Stalin).

“Non basta solo la cultura. Professore, lo devi ammettere, fuori dal libro è molto dura!”

Una lezione per tutti i professori. Anche per quelli che sono a capo della pluriclasse Italia.

E una bella canzone di Renato Zero.

6 commenti:

  1. Come sempre riesci a esprimere, con semplici parole ed estrema delicatezza, concetti che facilmente possono invece trascendere in "dure" frasi.

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  2. amo troppo la scuala per condannare il prof. come figura, allora mipiace la citazione che hai fatto di Hegel, quando cultura è vera è quella vissuta in un popolo fino ai più piccoli interstizi.La canzone però da un punto di vista melodico non mi piace.ma grazie lo stesso

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  3. Verità descritte in modo vivace, caro Antonio, e azzeccata la canzone che le accompagnano...

    "Rigore e serietà
    belle parole professore
    fu facile per te
    brandire certe verità"

    Mi piace tanto il tuo modo di scrivere...

    Abbraccio grande

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  4. Talvolta, mio caro Gero, può essere utile un filo d'ironia, più di frasi indignate.

    Importante non perdere di vista i problemi, o addirittura nasconderli.

    Un saluto dal freddo siberiano della Toscana (magari da te siamo in primavera...) :-)

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  5. Caro Luca, anch'io voglio bene alla scuola (appartengo alla categoria dei prof...) ;-)

    Però questo non mi deve impedire anche un po' di autocritica ;-)

    L'analisi di Hegel è molto opportuna, come tu hai sottolineato :-)

    Renato Zero è un cantante che a me piace; ad altri invece, come te, no. Ma questa canzone è soprattutto uno spunto per parlare del "governo dei professori", con i pericoli connessi ;-)

    Ciao, e grazie del tuo sempre apprezzato apporto :-))

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  6. Grazie a te, cara Gianna, del tuo apprezzamento :-)

    Un abbraccio forte forte, visto il gran freddo di Torino :-))

    Ma anche qui in Toscana non scherza; stanotte a Camaldoli, meno 20!

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