"Au revoir, les enfants!" È il titolo di un bellissimo film di Louis Malle (1987), che ricorda l’arresto e la deportazione di tre ragazzi ebrei, prelevati da un collegio carmelitano francese insieme a Padre Jean che lo dirigeva e che li aveva ospitati di nascosto. Finiranno poi uccisi nei campi di sterminio nazisti.
Il film ha un valore documentario, in quanto si tratta di una esperienza personale vissuta dal regista, che come dice lui stesso nella scena finale, che presentiamo nel video, non potrà mai dimenticare fino alla morte ("jusqu'à ma mort").
La vicenda è narrata con asciuttezza, senza retorica, quasi in modo distaccato.
Ma la commozione nasce dai fatti stessi; in particolare da quel ragazzo ebreo, Jean Bonnet, così intelligente in matematica, così bravo a suonare Schubert, così discreto nei suoi rapporti di amicizia, e che viene sacrificato nel nome di un’ideologia criminale e folle.
La scena finale, di pochi minuti, riassume un po’ tutte le caratteristiche del film. In un fredda mattinata di gennaio vengono portati via dai tedeschi i tre ragazzi ebrei e P. Jean.
La commozione è espressa in quel saluto che sorge spontaneo dalla bocca dei giovani convittori; prima uno, poi l’altro, fino a diventare un grido corale: “Au revoir, mon Père”, “Arrivederci, Padre!”, con la risposta serena, quasi a tranquillizzare tutti: “Au revoir, les enfants! à bientôt!”, “Arrivederci, ragazzi! a presto!”.
Louis Malle nei suoi film non è mai tenero con la Chiesa cattolica; ma in questo film, la figura un po’ scorbutica del Padre rettore, alla fine si staglia gigantesca in quel suo coraggioso sorriso, e nell’affrontare il suo destino di martire come un dovere da compiere.
Ci sono due modi per aiutare le persone: con le parole e con i fatti.
Padre Jean, come tanti altri nella Chiesa cattolica, fino al Papa, scelsero la via dei fatti.
Il film ha un valore documentario, in quanto si tratta di una esperienza personale vissuta dal regista, che come dice lui stesso nella scena finale, che presentiamo nel video, non potrà mai dimenticare fino alla morte ("jusqu'à ma mort").
La vicenda è narrata con asciuttezza, senza retorica, quasi in modo distaccato.
Ma la commozione nasce dai fatti stessi; in particolare da quel ragazzo ebreo, Jean Bonnet, così intelligente in matematica, così bravo a suonare Schubert, così discreto nei suoi rapporti di amicizia, e che viene sacrificato nel nome di un’ideologia criminale e folle.
La scena finale, di pochi minuti, riassume un po’ tutte le caratteristiche del film. In un fredda mattinata di gennaio vengono portati via dai tedeschi i tre ragazzi ebrei e P. Jean.
La commozione è espressa in quel saluto che sorge spontaneo dalla bocca dei giovani convittori; prima uno, poi l’altro, fino a diventare un grido corale: “Au revoir, mon Père”, “Arrivederci, Padre!”, con la risposta serena, quasi a tranquillizzare tutti: “Au revoir, les enfants! à bientôt!”, “Arrivederci, ragazzi! a presto!”.
Louis Malle nei suoi film non è mai tenero con la Chiesa cattolica; ma in questo film, la figura un po’ scorbutica del Padre rettore, alla fine si staglia gigantesca in quel suo coraggioso sorriso, e nell’affrontare il suo destino di martire come un dovere da compiere.
Ci sono due modi per aiutare le persone: con le parole e con i fatti.
Padre Jean, come tanti altri nella Chiesa cattolica, fino al Papa, scelsero la via dei fatti.
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