Alcune categorie di donne in parlamento non vogliono cambiare la dizione maschile della loro professione, come invece impone in questi giorni un provvedimento grammaticale "femminista" della Boldrini.
Le interessate fanno notare che, ad esempio, la qualifica di "segretaria" non ha lo stesso valore semantico (almeno in parlamento) di "segretario". La prima dà l'idea di una donna tuttofare, alle dipendenze di qualcuno. Il segretario è tutt'altra cosa.
Inconcepibile la dizione "addetta stampa": una qualifica francamente inqualificabile; addetta sembra l'aggettivo del nome stampa.
Andando oltre a questa "guerra intestina" tra donne in parlamento, pongo alla Boldrini il seguente quesito grammaticale: quando Lei si rivolge ad un parlamentare uomo, o a qualcuno di sesso maschile in modo formale, gli dà del Lei? Penso di sì.
Ma allora trasforma un uomo in una donna, gli cambia sesso. Il lei (se Lei non lo sa) è un pronome personale femminile.
Per essere coerente, maestra Boldrini, dovrai abolire il Lei. In pratica dovrai fare come fece il Duce nel ventennio: "Mussolini ha abolito il Lei".
Insomma, dovrai fare una legge fascista.
E Lei, come ducetta, mi sembra proprio la persona giusta.
Tornare al bel Tu romano. Ma non Le suona un po' fascio?
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