In questi giorni gli Stati Uniti sono stati colpiti dall’uragano
Harvey, che ha messo in ginocchio il
Texas e ha flagellato la Louisiana.
Relativamente contenute, per fortuna, le perdite di vite
umane, una cinquantina di morti; ma un
milione sono stati gli sfollati, con città allagate, impianti petroliferi e
industriali devastati, sversamenti di sostanze tossiche di ogni tipo nelle
acque, e un danno economico enorme, stimato intorno a 160 miliardi di dollari.
Insieme a questa catastrofe naturale, si deve aggiungere la
difficile situazione politica estera, sia nei riguardi della Russia (testimoniata
dalla chiusura del Consolato russo a San Francisco), sia soprattutto nei confronti
della Corea del Nord, dove il folle dittatore Kim Jong minaccia una guerra nucleare
contro gli Usa.
Insieme a queste drammatiche notizie ce n’è un’altra che può
sembrare di minor peso, ma che a mio parere testimonia il declino dello “spirito
americano”: l’abbattimento in molti luoghi delle statue di Cristoforo Colombo,
e a Los Angeles la cancellazione del Columbus Day, sostituito da una “festa dei
nativi americani”.
Cosa c’entri Cristoforo Colombo con il genocidio degli “indiani”
lo sanno solo quelli che confondono la storia con l’astrologia. A parte l’enorme
importanza della scoperta del “Nuovo Mondo”, che ha cambiato il volto della
storia umana, Cristoforo Colombo non sbarcò neppure in territorio statunitense,
ma a S. Salvador, una delle isole che oggi sono denominate Bahamas; fu accolto
con rispetto dai nativi e tenne un atteggiamento di grande rispetto verso di loro.
Non si possono certo attribuire a Colombo le colpe di altra
gente venuta dopo di lui. Né si può dimenticare che la prima carta dei diritti
dell’uomo in epoca moderna è stata quella di Thomas Jefferson, proclamata nel
giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti, il 4 luglio 1776.
La nostra stessa liberazione dal fascismo e dal nazismo è in gran parte opera americana.
Di errori l’America ne ha fatti molti; ma non saper
riconoscere che il suo spirito di indipendenza e di libertà è stato un faro di
orientamento per tutti i popoli, mi pare un comportamento da masochisti; un “cupio
dissolvi”, un desiderio di autodistruzione peggiore dell'uragano Harvey e delle minacce nucleari del
tirannello nordcoreano.
Cristoforo Colombo è l’uomo che ha dato tutto sé stesso per
un’impresa considerata “impossibile”: valicare l’oceano. È l’emblema dell’uomo stesso, che non si sazia di conoscere
e di scoprire.
Cancellare la sua festa, tagliargli la testa in effigie è come
condannare di nuovo Galileo, e tagliare la testa a Lavoisier; condannandolo alla
ghigliottina il giudice Coffinhal affermò: “La rivoluzione non ha bisogno di
scienziati”.
Se gli Stati Uniti non sanno più leggere neppure la propria
storia, allora è la loro fine: “finis Americae”.
Che tristezza!
Che tristezza!
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