Matteo Renzi ha formato il nuovo governo. Ieri sera ha letto
l’elenco dei ministri e oggi ci sarà il giuramento al Quirinale.
Dopo aspre polemiche e diatribe, in un clima per molti
aspetti drammatico, l’Italia ha un nuovo esecutivo.
Qualunque sia il giudizio che se ne voglia dare - ma saranno i risultati
ad avere l’ultima parola - si deve riconoscere al giovane premier (il più giovane della nostra storia repubblicana, 39 anni) una grande
determinazione e una gran voglia di fare.
Il suo entusiamo, il suo desiderio di rinnovare (o “rottamare”),
la sua determinazione, e soprattutto il suo cognome, mi fanno venire in mente
un’opera di Wagner, il “Rienzi”.
Anche Rienzi si propose di riportare la Roma del XIV secolo allo
splendore dei tempi antichi; anch’egli dovette combattere le lobbies politiche
(le famiglie nobiliari) che si spartivano il controllo della città, e la facevano precipitare nello sfacelo economico e sociale.
Anch’egli sollevò nella gente molte speranze, e per questo
fu acclamato “tribuno del popolo” e seguito nella lotta fino alla vittoria.
Fermiamoci qui. Sappiamo che Rienzi non riuscì a sconfiggere
il malaffare politico, ed egli stesso ne fu vittima, pagandone il prezzo.
Speriamo invece che il governo Renzi si fermi ai primi tre atti del melodramma di Wagner, quelli dell’irresistibile ascesa del tribuno e
della sua iniziale vittoria sulle potenti consorterie romane (non
sono mai venute meno!).
Oggi siamo all’inizio del nuovo governo, alla sua “ouverture”.
Niente di più logico che presentare la bellissima “Ouverture”
del Rienzi di Richard Wagner (prima esecuzione, 1842).
Proponiamo solo la seconda parte, quella più battagliera e
arrembante. Un magnifico crescendo, con trombe, tamburi rullanti e piatti
sonori.
Tutto quello che ci vuole in questo momento. Una bella
sveglia per chi ci amministra.
Il tutto rispecchia, almeno per ora, il carattere e l’atteggiamento
di Renzi-Rienzi.
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