Una delle parole di cui i laici, cioè i non credenti, si riempiono la bocca, è “tolleranza”. I laici sono tolleranti, gli altri, specialmente i cattolici sono intolleranti.
E ripetendo ad ogni piè sospinto questo ritornello, si convincono e vogliono convicere che sia una verità dimostrata.
Ma insegnava il buon Aristotele: “È inutile lanciare in aria un sasso mille volte; non imparerà mai a volare”. La metafora la possiamo applicare anche qui. I laici possono lanciare mille volte il loro slogan. La realtà storica però lo rispedisce sempre al mittente.
E allora cominciamo a vedere i fatti.
Anzitutto il concetto di tolleranza nasce in ambito cristiano, non in ambito laico, ateo, o agnostico. Senza tornare tanto indietro, furono in particolare gli illuministi inglesi e francesi a far penetrare l’idea che, se Dio è il creatore di tutti, non può essere lecito uccidersi nel suo nome. Tutti gli uomini sono fratelli, e non può essere la differenza di idee o le diverse confessioni religiose a giustificare guerre e uccisioni. Solo il fanatismo dell’uomo può esserne la causa.
La tolleranza affonda perciò le sue radici su valori religiosi, in particolare sul concetto di Dio creatore e sulla certezza assoluta di comuni valori morali, validi per tutti.
Locke e Voltaire, che molto hanno contribuito alla diffusione di queste idee, non erano atei, ma credevano in Dio e in una moralità universale. È vero che riducevano il cristianesimo a una morale naturale universale, ma non erano atei o agnostici; anzi consideravano l’ateismo come frutto di erroneo pensiero, e moralmente pericoloso.
Basteranno due citazioni. Per Locke il cristianesimo è “una religione ragionevole e ha il compito di diffondere a tutto il genere umano quelle verità fondamentali e quelle norme morali che altrimenti sarebbero state accessibili solo ai filosofi”.
E Voltaire termina il suo Trattato sulla tolleranza con una grande preghiera a Dio creatore:
“Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura”.
Agli inizi della Rivoluzione francese (1789), la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, e cioè i cosiddetti “immortali principi dell’89”, che sono a fondamento di ogni civile convivenza, furono ispirati da queste idee di tolleranza, “in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo”.
Ma quando la Rivoluzione cominciò ad essere guidata da gruppi atei, agnostici ed antireligiosi, gli "immortali principi" cominciarono ad andare a farsi benedire. La Cattedrale di Notre Dame divenne un teatro e una sala da ballo. I frati e le suore furono esclaustrati, i preti impediti nei lori doveri religiosi.
Secondo i principi dell’89, tutti gli uomini avevano diritto alle proprie idee; sì, ma chi non la pensava come i giacobini, veniva ghigliottinato. E sotto la mannaia non ci passarono solo il re e la regina, i nobili e l’alto clero, ma perfino preti, frati e suore di clausura, e migliaia e migliaia di popolani che avevano creduto nella rivoluzione ed ora si ritrovavano a pensarla diversamente.
Particolarmente odioso lo sterminio del popolo vandeano, insieme a molti popolani della Bretagna e della Normandia: circa 200.000 francesi (francesi!) che si opponevano alla scristianizzazione delle lore regioni e non accettavano l’uccisione del re e le nuove imposizioni. Dopo una durissima resistenza, guidata dal barrocciaio Cathelineau, vennero fucilati, ghigliottinati, affogati a migliaia nella Loira: il primo genocidio dell’epoca moderna; opera dei tolleranti laici capi della Rivoluzione.
Gli stessi capi poi, si tagliarono la testa a vicenda... La tolleranza si concluse così con il massimo dell’intolleranza.
Questo è stato l’incipit di un cammino, che è proseguito nel 1800 e nel XX secolo, con le grandi dittature laiche e antireligiose, che hanno fatto decine e decine di milioni di morti, e hanno costretto lo storico marxista Eric Hobsbawm a definire il secolo XX come il secolo più sanguinario della storia umana, in nome di ideologie laiche venerate come divinità (Il secolo breve, 1994).
Tolleranti, questi laici. Chissà cosa significa intolleranza…
E ripetendo ad ogni piè sospinto questo ritornello, si convincono e vogliono convicere che sia una verità dimostrata.
Ma insegnava il buon Aristotele: “È inutile lanciare in aria un sasso mille volte; non imparerà mai a volare”. La metafora la possiamo applicare anche qui. I laici possono lanciare mille volte il loro slogan. La realtà storica però lo rispedisce sempre al mittente.
E allora cominciamo a vedere i fatti.
Anzitutto il concetto di tolleranza nasce in ambito cristiano, non in ambito laico, ateo, o agnostico. Senza tornare tanto indietro, furono in particolare gli illuministi inglesi e francesi a far penetrare l’idea che, se Dio è il creatore di tutti, non può essere lecito uccidersi nel suo nome. Tutti gli uomini sono fratelli, e non può essere la differenza di idee o le diverse confessioni religiose a giustificare guerre e uccisioni. Solo il fanatismo dell’uomo può esserne la causa.
La tolleranza affonda perciò le sue radici su valori religiosi, in particolare sul concetto di Dio creatore e sulla certezza assoluta di comuni valori morali, validi per tutti.
Locke e Voltaire, che molto hanno contribuito alla diffusione di queste idee, non erano atei, ma credevano in Dio e in una moralità universale. È vero che riducevano il cristianesimo a una morale naturale universale, ma non erano atei o agnostici; anzi consideravano l’ateismo come frutto di erroneo pensiero, e moralmente pericoloso.
Basteranno due citazioni. Per Locke il cristianesimo è “una religione ragionevole e ha il compito di diffondere a tutto il genere umano quelle verità fondamentali e quelle norme morali che altrimenti sarebbero state accessibili solo ai filosofi”.
E Voltaire termina il suo Trattato sulla tolleranza con una grande preghiera a Dio creatore:
“Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell'immensità e impercettibili al resto dell'universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura”.
Agli inizi della Rivoluzione francese (1789), la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, e cioè i cosiddetti “immortali principi dell’89”, che sono a fondamento di ogni civile convivenza, furono ispirati da queste idee di tolleranza, “in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo”.
Ma quando la Rivoluzione cominciò ad essere guidata da gruppi atei, agnostici ed antireligiosi, gli "immortali principi" cominciarono ad andare a farsi benedire. La Cattedrale di Notre Dame divenne un teatro e una sala da ballo. I frati e le suore furono esclaustrati, i preti impediti nei lori doveri religiosi.
Secondo i principi dell’89, tutti gli uomini avevano diritto alle proprie idee; sì, ma chi non la pensava come i giacobini, veniva ghigliottinato. E sotto la mannaia non ci passarono solo il re e la regina, i nobili e l’alto clero, ma perfino preti, frati e suore di clausura, e migliaia e migliaia di popolani che avevano creduto nella rivoluzione ed ora si ritrovavano a pensarla diversamente.
Particolarmente odioso lo sterminio del popolo vandeano, insieme a molti popolani della Bretagna e della Normandia: circa 200.000 francesi (francesi!) che si opponevano alla scristianizzazione delle lore regioni e non accettavano l’uccisione del re e le nuove imposizioni. Dopo una durissima resistenza, guidata dal barrocciaio Cathelineau, vennero fucilati, ghigliottinati, affogati a migliaia nella Loira: il primo genocidio dell’epoca moderna; opera dei tolleranti laici capi della Rivoluzione.
Gli stessi capi poi, si tagliarono la testa a vicenda... La tolleranza si concluse così con il massimo dell’intolleranza.
Questo è stato l’incipit di un cammino, che è proseguito nel 1800 e nel XX secolo, con le grandi dittature laiche e antireligiose, che hanno fatto decine e decine di milioni di morti, e hanno costretto lo storico marxista Eric Hobsbawm a definire il secolo XX come il secolo più sanguinario della storia umana, in nome di ideologie laiche venerate come divinità (Il secolo breve, 1994).
Tolleranti, questi laici. Chissà cosa significa intolleranza…
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