Sono uno che ricerca la verità e che non si accontenta di wikipedia.
Se dici che la verità non esiste, sbagli, perché ne hai già affermata una.
Se poi dici che la ricerca della verità non ti interessa, allora non te la prendere troppo quando qualcuno ti vuole ingannare.
Finire questo torrido agosto in freschezza, e in bellezza.
Ci aiuta Felix Mendelssohn-Bartholdy con uno dei suoi incantevoli "Lieder ohne Worte", canti senza parole, per pianoforte: Venezianisches Gondellied, o se vogliamo, Barcarola Veneziana, dall' Op. 30, n. 6, Allegretto tranquillo, in Fa diesis minore.
Ho già postato un'altra celebre Barcarola di Mendelssohn, quella dall' Op. 19, n. 6, in Sol minore:
Ci sono delle canzoni o dei brani musicali che ogni tanto devo riascoltare, quasi per una carenza di zuccheri a livello melodico-affettivo...
In ordine di priorità, first of all, Il Canto di Solveig, che non per niente ho messo come clip audio nel mio profilo di blogger. Ogni tanto devo riascoltarlo; se no, entro in crisi glicemica.
Poi (ma è un poi per modo di dire, siamo sempre a livelli clinici), Mattinata ("O Lola") della Cavalleria Rusticana, specialmente nella registrazione di Caruso del 1905. Ma va bene anche il mio caro amico Giovanni Pentasuglia, ottimo tenore, che amava cantarla nelle pause di riposo del nostro bel coro.
Quando però mi assale la nostalgia, allora bisogna che faccia ricorso alla canzone napoletana; e qui la scelta diventa infinita: si tratta solo di mettere mano al barattolo della nutella.
Ora è proprio il caso della nostalgia, per l'agosto che se ne sta andando, e con lui la stagione delle ferie e del riposo estivo, e tutto il loro fascino (anche se quest'anno il sole ci ha fatto sudare...).
Ripropongo "Tu ca nun chiagne" di E. De Curtis/L. Bovio (1915), nella clip malandata - ma molto efficace - di un film con Mario Merola: Giuramento, del 1982.
Pochi minuti per rialzare il livello degli zuccheri, e dei sentimenti.
Il 14 agosto scorso a Cuba è tornata a sventolare la bandiera
statunitense nella riaperta ambasciata a L'Avana. Era stata ammainata il 4 gennaio 1961 dopo la rivoluzione castrista del
1959.
Un passo avanti verso la riconciliazione di due nazioni
vicine, ma così lontane nella ideologia. Cuba addirittura, nel 1962, ospitando
i missili nucleari sovietici, fece correre il rischio di una guerra nucleare.
Protagonisti della rivoluzione comunista cubana furono Fidel Castro
ed Ernesto Guevara de la Serna, più semplicemente il “Che” (era un intercalare
di Guevara).
Che Guevara, autentico eroe della vittoria finale,
con la Battaglia di Santa Clara, venne
poi ucciso nel 1967 in Bolivia. Ma il suo ricordo non morì con lui, anzi
divenne un mito.
E non solo per le sue “imprese”, ma anche per particolari
circostanze che, come talvolta accade, diventano parte sostanziale di una
storia.
Mi riferisco anzitutto alla celebre foto scattata da
Alberto Korda nel 1960, e finita a decorare bandiere, capi d’abbigliamento, poster e gadget
di ogni tipo.
La foto fu poi rielaborata con impianto serigrafico da Andy
Warhol l’anno successivo, una delle geniali serie fotografiche del maestro della pop
art.
Infine la canzone “Hasta siempre, Comandante!” del cubano
Carlos Puebla, del 1965, prima della partenza del Che da Cuba per la Bolivia, e che postiamo.
La canzone compie 50 anni, interpretata
da un’infinità di artisti, cominciando dall’autore.
La storia ha chiuso un capitolo e ne ha aperto un altro.
Hegel direbbe tesi, antitesi e sintesi; il nostro Vico parlerebbe di corsi e ricorsi
storici. Ma in tutto questo ha avuto grande importanza l'opera della Chiesa, che, nonostante la persecuzione, non ha mai cessato di lavorare per il bene del popolo cubano.
Di fatto l’epoca dei “barbudos” sta volgendo alla fine.
E Che Guevara rimane soprattutto legato a un' immagine eccezionale e ad una canzone non meno bella.
Il giudizio sulle sue azioni "militari" lo lasciamo ai posteri.
Hasta siempre!
Aprendimos a quererte
desde la histórica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.
Estribillo:
Aquí se queda la clara, la entrañable transparencia, de tu querida presencia Comandante Che Guevara.
Tu mano gloriosa y fuerte
sobre la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.
Estribillo
Vienes quemando la brisa
con soles de primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa.
Estribillo
Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.
Estribillo
Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
!Hasta siempre, Comandante!
Estribillo
Per sempre!
Abbiamo imparato ad amarti
sulla storica altura
dove il sole del tuo coraggio
ha posto un confine alla morte.
Coro:
Qui rimane la chiara,
penetrante trasparenza della tua cara presenza, Comandante Che Guevara.
La tua mano gloriosa e forte
spara sulla storia
quando tutta Santa Clara
si sveglia per vederti.
Coro
Vieni bruciando la nebbia
come un sole di primavera,
per piantare la bandiera
con la luce del tuo sorriso.
Coro
Il tuo amore rivoluzionario
ti spinge ora a una nuova impresa
dove aspettano la fermezza
del tuo braccio liberatore.
Coro
Continueremo ad andare avanti
come fossimo insieme a te
e con Fidel ti diciamo:
Per sempre, Comandante!
Questo caldo tropicale ci affatica nel corpo e nella mente.
Anche il computer se n'è accorto: la tastiera giace desolatamente abbandonata per intere giornate (e nottate).
Voglio provare a refrigerarmi un po' con una ventata musicale che viene dalla steppa russa: "Polyushka Polye", O amabile pianura, o pianura... Il brano è noto anche come "Canto delle pianure" (Song of the plains).
Per la verità si tratta in origine di un canto militare, scritto per il reclutamento nell'Armata Rossa al tempo di Stalin (1934) ed è parte della IV Sinfonia di Lev Knipper, musicista di grande valore. Autore del testo è Viktor Gusev. (Nella clip postata - un arrangiamento di Irfan Kaya - il testo non viene cantato).
Ma ormai l'Unione Sovietica non esiste più e neppure l'Armata Rossa. Questo canto è diventato un classico della tradizione russa e ha perso il suo originario significato guerresco.
Lasciamoci perciò rinfrescare dal vento della steppa.
Il 6 Agosto è il giorno di Hiroshima. Quest'anno è il 70° anniversario.
Più della scoperta dell’America, più della Rivoluzione
francese, più della caduta del muro di Berlino, più dell'11 Settembre, lo scoppio della prima bomba
atomica ha cambiato la storia umana.
Ogni altro fatto ha cambiato qualcosa; la bomba atomica ha
cambiato l’uomo. Gli ha fatto prendere coscienza che l’esistenza stessa del
mondo è nelle sue mani, ed egli può perfino dichiararne la fine.
L’atomica lanciata dal bombardiere Enola Gay ha cancellato Hiroshima
per anni dalla carta geografica. Il suo bagliore accecante, e l’orrenda colonna
di fumo seguita subito dopo, sono il simbolo di una trasfigurazione di morte, opera
dell’uomo.
Il 6 Agosto è però anche la festa della Trasfigurazione di
Gesù. Il Figlio dell’Uomo si manifesta come vero Figlio di Dio in una luce
splendente.
È questa la trasfigurazione che dobbiamo cercare. Fare della
vita umana e del mondo una realtà divina, luminosa, per quanto è dato alle nostre
forze, e alla nostra fede per chi crede.
“L’umanità è entrata in una nuova era in cui la potenza
della tecnologia ci pone di fronte a un bivio”. “Mai l’umanità ha avuto tanto
potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se
si considera il modo in cui se ne sta servendo. Basta ricordare le bombe
atomiche lanciate in pieno XX secolo”. “Tutto è connesso. Se l’essere umano si
dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa
base della sua esistenza si sgretola, perché invece di svolgere il suo ruolo di
collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e
così finisce col provocare la ribellione della natura” (Papa Francesco,Lettera
Enciclica Laudato si’, nn. 102, 104,
115).
In memoriam della immane tragedia del 6 Agosto
1945, la mesta, ma non disperata, “Élégie” in Do minore per violoncello e
pianoforte (1880) di Gabriel Fauré.
Al violoncello la grandissima (appena diciassettenne)
Jacqueline du Pré, in una esecuzione del 1962. Al piano Gerald Moore, un vero artista nell'accompagnamento.