A differenza di quello che si potrebbe pensare, i primi giorni di scuola sono i più importanti, sia per gli
alunni che per gli insegnanti, e possono perciò determinare l’andamento dell’intero
anno scolastico.
Gli alunni possiedono un sesto senso, e si accorgono subito di
chi hanno davanti: squadrano l’insegnante, lo misurano, lo “soppesano”, lo
giudicano: “Con questo possiamo fare il nostro comodo”, oppure “con quest’altro
c’è poco da scherzare”, o anche, “questo prof è forte” (inteso come massimo
elogio, ovviamente).
Se i ragazzi “prendono la mano” all’insegnante, la frittata
è fatta. Difficile recuperare in corso d’opera ciò che non si è stati capaci di
fare all’inizio. È come costruire su dei fondamenti cedevoli, franosi,
insicuri. Il risultato sarà perciò, o un caotico procedere fino alla fine, o
una frattura insanabile tra docente e discenti, con reciproca insoddisfazione; in
ambedue i casi, con risultati scarsi.
L’insegnante, da parte sua, per riuscire a fare della sua
classe una squadra affiatata e ottenere il miglior profitto, dovrà fin
dai primi giorni saper mostrare serenità e fermezza di carattere, padronanza della
materia oggetto di studio e capacità di suscitare interesse per l’argomento
trattato.
Per fare tutto questo occorre anzitutto preparare sempre la
lezione, cercando i punti qualificanti e i termini più appropriati; spesso un
termine preciso può illuminare un intero ragionamento, così come un’idea ben argomentata
può portare alla piena comprensione del problema.
Per i rapporti con la classe, il docente deve conoscere chi
ha davanti, e prima di tutto (non sembri una banalità) il suo cognome e nome. In
ogni classe ci sono ragazzi o ragazze più “vivaci” di altri; conoscerne il
cognome è un imperativo categorico, per poter intervenire prontamente con un
opportuno richiamo personale (e non con generici: “Ehi, tu; dico a te, laggiù”...,
con le conseguenti recite a soggetto che gli studenti sanno imbastire sulle
amnesie del prof. E si sa, i più vivaci sono spesso imboscati negli ultimi
banchi, laggiù... appunto.
Prima si imparano i nomi e meglio è. È uno dei “trucchi” più
utili dell’insegnante nei primi giorni di scuola e nelle prime classi. In
realtà non si tratta solo di un trucco: una cosa è rivolgersi ad un alunno con
un anonimo pronome, e una cosa è chiamarlo per nome (cognome): è un diretto
invito ad una persona, un richiamo diretto alla responsabilità. Nomina sunt substantia rerum, i nomi
sono l’essenza delle cose.
Mi piace sottolineare questo aspetto, perché mi sono accorto
della sua efficacia nel lungo corso del mio insegnamento. Così come mi sono
accorto che dai cognomi, col passare dei mesi, finivo spesso per chiamare
gli alunni con il loro nome.
Decisivi i primi giorni per alunni e insegnanti per un altro
motivo. L’esperienza quotidiana insegna che la prima impressione (effetto “primacy”)
nei confronti di una persona può determinare un giudizio che poi sarà difficile
modificare. Se applicato alla scuola, si può capire quanto sia importante la
prima impressione che si instaura tra docente e discente. Per fare solo un
esempio, se l’alunno viene trovato inizialmente disattento, svogliato e
impreparato, si crea nel docente quell’effetto della prima impressione negativa
che purtroppo può condizionare il giudizio anche a lungo termine, magari
ingiustamente.
La psicologia ci ricorda che esistono altre dinamiche
emotive che entrano in azione fin dai primi incontri tra le persone. L’effetto “alone”,
che amplifica un aspetto positivo vistoso di un individuo, fino a coinvolgere
ogni altro aspetto della sua personalità. L’effetto “Pigmalione” (colui che si
innamorò della statua che aveva modellato) che tende a dar credito alle capacità
di un individuo ritenuto pregiudizialmente più dotato di altri, oppure a
sminuire inconsciamente il lavoro di un altro, ritenuto pregiudizialmente meno
dotato. Le due profezie tenderanno alla fine a realizzarsi, per il circolo
vizioso su cui sono basate.
Si capisce da tutto questo che l’insegnante deve
assolutamente conoscere queste dinamiche micidiali (effetto primacy, alone,
Pigmalione), che si instaurano proprio all’inizio dell’anno; non “innamorarsi”
di qualche alunno/a, né “disamorarsi” di altri, ma gestire con serenità di rapporti
e opportune verifiche le capacità reali di ciascun allievo, privilegiando se
mai quelli meno dotati con un percorso appropriato alle loro potenzialità. La
dinamica di gruppo ne viene certamente arricchita: tutti, a loro modo, possono
seguire e partecipare alla vita di classe.
D’altra parte gli alunni, pur senza conoscere la psicologia
come scienza, sanno benissimo che il loro insegnante può cadere in errori di
valutazione. Perciò, piuttosto che lamentarsi tardivamente, imparino a
valorizzare appieno i primi preziosissimi giorni di scuola, creando effetti primacy,
alone e Pigmalione tutti positivi, con un impegno che parte dalla prima
campanella.