venerdì 30 gennaio 2015

Il calcio dell'asino alle mura di Ninive


















Ci sono dei nomi di luogo che hanno la forza di evocare i sentimenti più profondi del nostro spirito. 

Memorie viscerali, che fanno parte della nostra esistenza e dell'umanità intera.

Ninive è uno di questi nomi. 

Forse perché il suo nome è stato appreso in età infantile, ai miei tempi in terza elementare, quando si studiava la storia antica. E insieme al suo nome quello dell’Assiria, di cui era capitale, quello di Babilonia, quello della Mesopotamia, la terra tra i due fiumi, culla della civiltà e della nostra cultura.

Poi quel nome è diventato familiare con la lettura della Bibbia; in particolare il libro di Giona e i Vangeli, con le elogiative parole di Gesù nei suoi confronti: “Gli abitanti di Ninive si convertirono alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è uno maggiore di Giona” (Lc 11, 32).

Ninive, la grande città di tre giornate di cammino, con 120.000 abitanti al tempo del profeta Giona.

Una città circondata da 12 km di mura costruite da Sennacherib (VIII-VII sec. a. C.), con il famoso tempio di Astarte (Ishtar), dea dell’amore e della guerra, e la celebre biblioteca, opera di Assurbanipal (VII sec.), i cui “libri” erano costituiti da migliaia di tavolette d’argilla incise con caratteri cuneiformi. 

Proprio alla biblioteca di Ninive Alessandro Magno si ispirò per realizzarne una simile nella città da lui fondata, Alessandria d’Egitto, la celebre Biblioteca di Alessandria.

Una di quelle antichissime e mitiche città che hanno fatto la storia, in perenne lotta con i potenti imperi confinanti, ferocissima in guerra, fino alla definitiva sconfitta ad opera dei Medi e dei Babilonesi nel 612 a. C.

Di lei rimaneva ancora in piedi, segno della passata grandezza, la chilometrica cinta muraria, come una corona a ricordo della sua regalità.

Oggi ha dovuto subire anche l'oltraggio del "calcio dell’asino" di fedriana memoria. Quelle mura millenarie, presso l'attuale Mossul in Iraq, sono state in gran parte distrutte dai fanatici islamisti dell’Isis che ne hanno il controllo.

La giustificazione? Quelle mura sono un segno dell’antico paganesimo, non possono convivere con la moschea.

“Due cose sono infinite, diceva Einstein, l’universo e la stupidità umana. Ma sull’universo ho ancora qualche dubbio”.

Sottoscrivo.


mercoledì 28 gennaio 2015

Dopo il male assoluto, il Bene assoluto




Il Bene assoluto è Dio, ovviamente.

Dopo l'orrore dell'olocausto, il calendario celebra S. Tommaso d'Aquino (1225-1274), colui che più di ogni altro ha dato alla fede in Dio una convincente motivazione razionale.

Nei campi di sterminio Dio è sembrato latitante. Il "silenzio" di Dio ha fatto impressione. Molti ne sono rimasti disorientati.

In realtà Egli continuava la sua passione sulla croce; e da quel sommo male ne sarebbe uscito un mondo rinnovato, come dal sacrificio del Golgota, la gloria della Pasqua.

"Lauda Sion Salvatorem"Loda Sion il Salvatore! Ecco il grido di gioia che S. Tommaso ha anticipato, contro ogni male assoluto o relativo che si presenti nel corso della storia umana.

Un inno alla gioia che viene non soltanto dalla fraternità umana (che da sola non basta, evidentemente), ma anche e soprattutto dalla potenza invincibile di Dio.

E tutti coloro che cercano di cancellare Dio dall'orizzonte della loro esistenza, e perfino da quello della storia umana, non si sono mai confrontati seriamente con la limpida e avvincente lezione di S. Tommaso d'Aquino.

Coloro a cui interessa conoscere qualcosa del suo pensiero, troveranno in questo blog vari spunti di riflessione,  cercando la voce Tommaso d'Aquino.

Per onorare S. Tommaso, e festeggiare la vittoria del Bene assoluto sul male, posto l'inno scritto proprio da S. Tommaso, nel 1264: Lauda Sion

La musica, per coro misto, soli e orchestra, è di Felix Mendelssohn Bartholdy, op. 73, anno 1846.   
Solo il coro iniziale, trattandosi di una lunga (se pur bellissima) sequenza; sufficiente comunque per apprezzarne tutta la bellezza.



Lauda Sion Salvatorem,
lauda ducem et pastorem,
in hymnis et canticis.

Loda Sion il Salvatore,
loda la guida e il pastore,
con inni e cantici.












martedì 27 gennaio 2015

70 anni dal male assoluto




Per non dimenticare l’Olocausto del popolo ebraico nei campi di sterminio nazisti, che vide l’inizio della fine 70 anni fa, con la liberazione dei prigionieri di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, propongo all’attenzione un canto del musicista ebreo francese Elie Botbol.

Il testo è costituito dal versetto 4 del Salmo 23 (22), "Il Signore è il mio pastore". Si tratta quindi di una notissima preghiera biblica.

"Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, 
perché tu sei con me; il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza".

Il canto ("Gam Gam Gam") è scritto per un coro di bambini; per questo ha l’andamento tipico delle filastrocche.
Ma è proprio questo il suo fascino, e la sua drammatica bellezza.
L’innumerevole strage di quegli innocenti è nell'orrore della Shoah il crimine più aberrante.

Il canto fa parte della colonna sonora del bel film “Jona che visse nella balena” del regista Roberto Faenza (1993), tratto dall'autobiografico libro “Anni d'infanzia" (1978)  dell’olandese Jona Oberski, che racconta la sua tragica vicenda di bambino nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove perse entrambi i genitori (e dove morì Anna Frank).

L’arrangiamento musicale del brano è di Ennio Morricone, che ha curato la colonna sonora del film. Ancora una volta, in modo perfetto.


lunedì 26 gennaio 2015

I AM KENJI














Tagliare il collo a persone innocenti è l’unica cosa di cui sembrano capaci i musulmani dell’Isis.

Questa volta le vittime sono giapponesi. Una testa è già rotolata. Un’altra è in lista d’attesa.

Conosciamo bene il popolo giapponese. È stato piegato solo dalle bombe atomiche.
Non saranno certo i tagliagole islamisti a fargli paura.  

Alla fine, e spero presto, vedremo rotolare la testa anche di quel testa-di-cazzo con un condom in capo, vestito di nero, che smanetta con un coltellaccio in mano davanti ad una telecamera, prima del suo macabro rito.

In attesa che il tagliagole islamista subisca il meritato contrappasso, mi unisco al popolo del web e a tutto il mondo civile, nel chiedere la liberazione dell’ostaggio giapponese Kenji Goto.

“I AM KENJI”

E attenti, tagliagole dell’Isis! La katana dei samurai è lunga e affilata...




lunedì 19 gennaio 2015

Là dove non batte il sole



















Papa Francesco ha battuto ogni record di ascolti e ci stupisce sempre di più con il suo linguaggio “colorito”.

Sette milioni di fedeli alla sua S. Messa a Manila, ieri 18 gennaio 2015. Mai accaduto nella bimillenaria storia della Chiesa. Nella mia chiesa siamo in genere sette gatti.

Il segno “Ti voglio bene” fatto nell’alfabeto giovanile con la mano (pollice-indice-mignolo alzati). Qualche giornalista ha scritto che il Papa ha fatto le corna. Probabilmente quel giornalista pensava alle sue.

Un pugno (metaforico, ha spiegato) a chi offende la mamma. Io, per un’offesa simile, mi sono limitato a cancellare l’account con tutti i miei post e i miei oltre tremila commenti da un (a)social network, di cui per compassione non faccio il nome.

Tre figli. È il numero che il papa indica come “ideale” per una famiglia di cattolici, che comunque sono chiamati a una paternità e maternità responsabile, e non a mettere al mondo figli “come conigli”. Qualcuno potrà meravigliarsi di questo linguaggio schietto, realistico, da periferia. Ma lui viene dalle periferie del mondo e della vita, e sa che il futuro del mondo si gioca proprio lì. Se poi i figli sono di meno o di più, benvenuti in questo mondo!

Si cerca di colonizzare i popoli con la “teoria del gender” (cioè negando la distinzione naturale tra maschi e femmine). E si vorrebbe imporre nelle scuole.  È il metodo, dice il papa, che usavano “le dittature del secolo scorso, si pensi ai balilla e alla gioventù hitleriana”. In effetti, mi dispiacerebbe dover buttar via la grammatica e il dizionario per far contento qualche analfabeta...

Un calcio “dove non batte il sole” ai corrotti. Se dovessimo prendere alla lettera anche questa battuta di Papa Bergoglio, in Italia lo sport nazionale non sarebbe più il calcio al pallone, ma il calcio nel sedere ai politici (e associati).

Papa Francesco, più lo conosco, più mi piace.



giovedì 15 gennaio 2015

Per fortuna che il Papa c'è!


















In un mondo che sembra uscito fuori di senno, la parole e le azioni di Papa Francesco costituiscono un autorevole richiamo all'uso della ragione.

Nella visita apostolica di questi giorni in Sri Lanka e nelle Filippine, con grande forza egli ha fatto appello ai valori dell'unità e della pace tra gli uomini.

In effetti i crimini islamisti in Francia, in Nigeria e altrove sono il sonno della ragione che genera mostri.

Anche la satira blasfema è un'offesa ai valori inviolabili delle coscienze; e pur senza fare vittime, provoca indignazione e rabbia, i cui esiti sono sempre imprevedibili. 

La pretesa poi di eliminare dai libri di scuola inglesi ogni immagine di Peppy Pig, la celebre maialina rosa, come vorrebbe la Oxford University (!) Press, per non offendere la sensibilità di musulmani ed ebrei, raggiunge il top del ridicolo.

Nei confronti dei primi Papa Francesco ha detto che non si può uccidere per nessun motivo; ma ancor più aberrante è uccidere in nome di Dio. I capi religiosi e i governi devono condannare con fermezza questi gesti criminali e blasfemi, e difendere la libertà di religione, origine di ogni altra libertà.

Nei riguardi della satira il Papa ricorda che, se uno offende sua madre, "si aspetti un pugno". Eh sì, Papa Francesco non è così buonista come qualcuno lo vorrebbe dipingere.

Ai terzi il Papa dice che tra due giorni è la festa di S. Antonio Abate, protettore degli animali, ed è sempre raffigurato con un bel porcello ai suoi piedi. Che facciamo? Cancelliamo anche quello? 

Per la verità, quest'ultima cosa Papa Francesco non l'ha detta... Più modestamente la dico io. 

Chi pretende di cancellare dai libri, oltre che dalla tavola, il maiale e i suoi derivati, si merita un solo epiteto: "Salame!" Con tanto di laurea.

Ma non certo quella dell'Università di Bologna.



Nella foto in alto: Papa Francesco in Sri Lanka (13 gennaio 2015), tra un corteggio di elefanti.





martedì 13 gennaio 2015

Il trionfo della morte: Boko Haram



Bambine di 10 anni fatte esplodere per uccidere altre persone nei supermercati; un paese intero distrutto e duemila persone massacrate a colpi di mannaia; 200 ragazze rapite, brutalizzate e fatte schiave; Chiese incendiate, cristiani trucidati...

Cos’è, la fiaba della nonna per far star buoni dalla paura i propri nipotini? O qualche inedito racconto dell’orrore di Edgar Allan Poe?

No, semplicemente l’islam in Nigeria. L’islam versione Boko Haram, ma sempre di islam si tratta; come quello che massacra 17 persone in Francia, perché vignettisti satirici del profeta (?) o perché ebrei, o perché poliziotti.

Non parliamo del califfo e del “suo” territorio, perché occorrerebbe non il lapis di Charlie Hebdo, ma il pennello di Bruegel il Vecchio, quello del “Trionfo della Morte”.

“Je suis Charlie” perché, mentre il politically correct europeista è stato finora quello di glissare sugli orrori islamisti e su quelli islamici della sharia, i coraggiosi vignettisti satirici francesi di "Charlie Hebdo" hanno preferito cadere sotto i colpi dei mitra islamici con la penna in pugno, piuttosto che abbassare la saracinesca del giornale, o i loro pantaloni.

Qualcuno dice: ma erano blasfemi... In Toscana, se vai in un bar dove si gioca a carte, avrai un’idea più chiara del 2° Comandamento. 

Ma non per questo mi è mai venuto in mente di prendere un mitra.

Semplicemente esco, magari dopo aver detto a quei tali: “bande de cons”, banda d’imbecilli, o - se permettete il francesismo - banda di coglioni.

La stessa frase, a parti rovesciate, detta dal direttore di Charlie Hebdo, Charb, agli islamisti che lo hanno crivellato di proiettili.



Nella foto in alto: "Il trionfo della morte", Pietro Bruegel il Vecchio, 1562, Museo del Prado, Madrid (cliccare sulla foto per ingrandire).



giovedì 8 gennaio 2015

In memoriam!





Voglio onorare l’eroica morte degli otto giornalisti francesi dello Charlie Hebdo e delle altre 4 vittime dell’orrendo attentato di ieri a Parigi, e della poliziotta parigina uccisa stamani, con il Libera me Domine della Messe de Requiem (1888) di Gabriel Fauré.

Un grande maestro francese del pentagramma per dei maestri francesi della matita satirica.

Un capolavoro musicale e una preghiera appassionata a Dio, amante della vita. Chi uccide nel nome di Dio, oltre al crimine contro l’umanità, offende orribilmente Dio.
E chi ha ucciso ieri, lo ha fatto bestemmiando il nome di Dio.

La barbarie degli islamisti contro l’equilibrio, l’armonia e la bellezza della musica di Fauré, e la caustica penna dei vignettisti dello Charlie Hebdo.

La penna dell'intelligenza contro la brutalità degli imbecilli.

È questa la parola che il direttore del settimanale, Stéphane Charbonnier,  aveva scritto nei confronti degli islamisti che lo minacciavano di morte: "Banda di imbecilli!"




“Liberami, Signore, dalla morte eterna, in quel giorno tremendo, quando il cielo e la terra saranno sconvolti, quando verrai a giudicare il mondo con il fuoco.
Sono tremante e pieno di timore, mentre sta per venire il giudizio e la collera. 
Quel giorno sarà un giorno d’ ira, di calamità e di miseria, un giorno molto amaro. L'eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. 
Liberami Signore, dalla morte eterna, in quel giorno tremendo, quando il cielo e la terra saranno sconvolti, quando verrai a giudicare il mondo con il fuoco.
Liberami, Signore, dalla morte eterna. Liberami, Signore!”


mercoledì 7 gennaio 2015

Nous sommes tous Charlie!
















Questo blog si unisce all’esecrazione e alla condanna senz’appelli dell’orrendo massacro di 12 persone nell’attentato al settimanale satirico parigino “Charlie Hebdo” da parte di un commando di tre fanatici islamisti, ora arrestati.

Sono state massacrate a colpi di mitra e al solito grido di “allah u akbar” le penne più prestigiose del giornalismo satirico, tra cui Georges Wolinski.

L’islam mostra sempre più il volto dell’intolleranza e della barbarie.

Se gli islamici cosiddetti “moderati” pensano di poter prendere le distanze solo a parole da questi crimini efferati, sempre più frequenti in ogni parte del mondo, allora l’islam “moderato” è solo "chiacchiere e distintivo", e dunque un pericolo da cui guardarsi bene.

Se invece vogliono condannarli sul serio,  e cioè con i  fatti, devono, nei luoghi dove sono maggioranza, aprirsi alla libertà religiosa e abrogare ogni altra legge in contrasto con i diritti universali dell’uomo, della donna e dei bambini.

Gli islamisti hanno ucciso dei vignettisti satirici. Hanno tentato di uccidere il riso, ciò che distingue l’uomo dall’animale.

Hanno ucciso anche il direttore Stéphane Charbonnier, noto come Charb, 47 anni. 
Nel 2012, già nel mirino del fanatismo islamico, aveva detto: «Non ho paura delle rappresaglie. Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio».

"Siamo tutti Charlie Hebdo", e saremo sempre in piedi! Nessuno ci toglierà l'humour e la libertà.


Nella foto in alto: Stéphane Charbonnier



sabato 3 gennaio 2015

Ci vorrebbe un eroe. Anche due o tre...




Come aprire il nuovo anno 2015?

È quasi d’obbligo un brano musicale, possibilmente gioioso. Almeno all’inizio di un’impresa, grande o piccola che sia, non può mancare la fiducia nella buona riuscita; altrimenti perché iniziare?

Se si parla di  musica gioiosa, e magari anche solenne, come si conviene per l’apertura dell’Anno Domini  MMXV, viene subito in mente la musica barocca, e in particolare Giorgio Federico Händel.

Il coro  See, the Conqu’ring Hero Comes! (Ecco, viene l’eroe conquistatore!) tratto dall’Oratorio Judas Maccabaeus (1747-1751) mi pare quanto mai opportuno.

Anzitutto perché c’è bisogno di qualcuno che risollevi le sorti anche dell’Italia, come fece Giuda Maccabeo con il popolo d’Israele in un momento di disastro generale.

Inoltre perché non penso che questo stupendo e famosissimo brano musicale, usato in tutte le salse, anche in quelle al pomodoro, sia conosciuto nella sua vera origine.
È il grido di gioia del popolo d'Israele che finalmente ha trovato un grande condottiero, e più esattamente un eroe.

E non ditemi che non c’è bisogno di eroi, seguendo la retorica e un po' stucchevole frase di Brecht.
Gli eroi sono sempre necessari. Guai a quel popolo che non ha bisogno di eroi!

Ciò di cui non abbiamo bisogno sono invece i prepotenti e i vili.
Due (brutte) facce della stessa medaglia.




See, the conqu'ring hero comes!
Sound the trumpets! Beat the drums!
Sports prepare! The laurel bring!
Songs of triumph to him sing!

(Virgins)
See the godlike youth advance!
Breathe the flutes and lead the dance!
Myrtle wreaths and roses twine
to deck the hero's brow divine!

(Israelites)
See, the conqu'ring hero comes!
Sound the trumpets! Beat the drums!
Sports prepare! The laurel bring!
Songs of triumph to him sing!
See, the conqu'ring hero comes!
Sound the trumpets! Beat the drums!




Ecco, viene l’eroe conquistatore!
Suonate le trombe, battete i tamburi!
Preparate giochi, portate la corona di alloro,
cantategli canti di trionfo!
Coro di fanciulle
Ecco, avanza il giovane simile a un dio!
Fate risuonare i flauti e guidate la danza;
intrecciate corone di mirto e di rose
per cingere la divina fronte dell’eroe.
Coro di Israeliti
Ecco, viene l’eroe conquistatore!
Suonate le trombe, battete i tamburi!
Preparate giochi, portate la corona di alloro,
cantategli canti di trionfo!
Ecco, viene l’eroe conquistatore!
Suonate le trombe, battete i tamburi!