Sono uno che ricerca la verità e che non si accontenta di wikipedia.
Se dici che la verità non esiste, sbagli, perché ne hai già affermata una.
Se poi dici che la ricerca della verità non ti interessa, allora non te la prendere troppo quando qualcuno ti vuole ingannare.
Sono giorni di particolare gioia e serenità, o almeno, così dovrebbe essere e si spera.
Tra i canti popolari natalizi ce n’è uno, nella tradizione anglosassone, che ricorda in forma di simpatica filastrocca i doni che ognuno di questi giorni natalizi porta con sé.
È un gioioso canto quasi senza senso, almeno a prima vista, dal momento che i regali ricordati sono per lo più “incomprensibili”. Si parla di galline francesi, di uccelli che richiamano, di oche che covano, di ragazze che mungono il latte, di cigni che nuotano, e così via.
Questo “non senso” della filastrocca ha fatto pensare a molti che si tratti in realtà di un canto simbolico, che i cattolici anglosassoni avrebbero inventato nel XVI secolo per trasmettere le principali verità della fede ai più piccoli, al tempo delle persecuzioni protestanti.
I doni, in sequenza, sono:
pernice in un pero,
tortore,
galline francesi,
uccelli che richiamano,
anelli d'oro,
oche che covano,
cigni che nuotano,
fanciulle che mungono,
signore che danzano,
signori che saltano,
pifferai che suonano,
tamburini che battono il tamburo.
La pernice in un pero (partridge in a pear tree) simboleggerebbe Gesù, che attira i predatori su di sé per distoglierli dai figlioletti indifesi nel nido.
Le due tortore raffigurerebbero il Vecchio e il Nuovo Testamento.
Le tre galline francesi rappresenterebbero le tre virtù teologali: fede, speranza e carità.
I quattro uccelli sarebbero i quattro Vangeli, di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che proclamano la parola di Dio, ... fino ai 12 tamburini, immagine dei 12 Apostoli, banditori del Vangelo.
Ho notato che nel web (e in Wikipedia) i vari commentatori attribuiscono ai 5 anelli
d'oro della canzone il significato dei primi cinque libri della Bibbia, cioè la Torà (o Pentateuco).
Questa interpretazione mi pare troppo ricercata e perciò forzata; poteva essere giustificata in un canto ebraico. Trattandosi invece di un canto di origine cattolica è molto più logico pensare che i cinque anelli d'oro (d'oro!) siano invece i cinque precetti della Chiesa Cattolica, che ebbero proprio nel periodo del Protestantesimo un'importanza fondamentale nella catechesi. È impensabile che nel XVI secolo, nel pieno della polemica con i protestanti, il numero 5 non fosse associato dai cattolici ai precetti della Chiesa.
Comunque sia, significato criptico o meno, gustiamoci questo simpaticissimo e antico canto natalizio: Twelve Days of Christmas.
La sublime bellezza del Natale (non quello vacuo di una società consumistica, ma quello sostanzioso di Dio che si fa uomo per ridonarci il senso della vita) si esprime in ogni forma espressiva, dalla preghiera ad ogni genere di arte e di creatività umana.
In particolare questa festa ha fatto nei secoli emergere appieno la creatività popolare, semplice e affascinante al tempo stesso.
Il presepio ne è l’esempio più bello. Ma non meno significativi i canti tradizionali in ogni lingua, che oggi sono sempre più patrimonio comune dell’umanità, con l’incontro tra le diverse culture.
Villancicos, Christmas carols, chansons de Noël, e così via, nella loro infinita varietà ci danno il senso di quello che è il Natale nel mondo: una gioia profonda e incontenibile.
Molti di questi canti hanno origini nel primo Medioevo, e facevano “concorrenza” ai più impegnativi canti gregoriani. La cultura popolare si esprimeva volentieri in queste canzoni ritmate e vivaci.
Ho in mente il Laudario di Cortona, del XIII secolo, uno dei primi esempi di canti in lingua volgare italiana (toscana), che ha anche alcuni splendidi canti natalizi.
Dello stesso periodo - ma in latino - sono le “Piae Cantiones”, raccolte e pubblicate in Finlandia (!) nel 1582. Si tratta di 74 “pie canzoni”, tra cui alcuni stupendi canti natalizi, come “In dulci jubilo", Gaudete” e “Personent hodie”.
Per festeggiare questo Natale presento “Personent hodie”.
Si potrà notare quanto la bellezza e la semplicità dell’arte medievale superi di gran lunga la bruttezza dei due “doodles”, con cui il pur benemerito motore di ricerca Google ci augura Buone Feste...
Buon Natale a tutti (Google compreso, ovviamente)!
Personent hodie
voces puerulae,
laudantes iucunde
qui nobis est natus,
summo Deo datus,
et de virgineo ventre procreatus.
In mundo nascitur,
pannis involvitur, praesepi ponitur,
stabulo brutorum,
Rector supernorum.
Perdidit spolia princeps infernorum.
Magi tres venerunt,
parvulum inquirunt, Bethlehem adeunt,
stellulam sequendo,
ipsum adorando, aurum, thus et myrrham ei offerendo.
Omnes clericuli,
pariter pueri,
cantent ut angeli:
advenisti mundo,
laudes tibi fundo;
ideo gloria in excelsis Deo.
Risuonino oggi
voci di fanciulli,
lodando con gioia
Colui che oggi è nato,
dato dal sommo Dio
e generato da un seno verginale.
Nasce nel mondo,
è avvolto in fasce,
è posto in una mangiatoia,
in una stalla di animali,
Lui che governa il cielo.
Il principe degli inferi ha perso la sua preda.
Tre Magi son venuti
e cercano il Bambino,
si recano a Betlemme
seguendo la stella.
Lo adorano,
gli offrono oro, incenso e mirra.
Tutto il clero
e ugualmente i fanciulli
cantino come gli angeli:
sei venuto nel mondo,
io canto le tue lodi;
perciò, gloria a Dio nell’alto dei cieli!
Il mondo non si è fermato mai un momento, dice una canzone, e non si è fermato ovviamente nemmeno oggi, 21.12.12, data fatidica solo per gli sciocchi.
Per gli sciocchi va bene perciò una pasquinata; in romanesco, ovviamente.
C'è da dire però che in questo medesimo giorno morirono (in romanesco, "morsero") i due più grandi poeti dialettali di Roma: Giuseppe Gioachino Belli (21 dicembre 1863) e Carlo Alberto Salustri, cioè Trilussa (21 dicembre 1950).
Mi pare giusto che Pasquino renda oggi onore ai suoi due celebri concittadini.
L’orrenda e assurda strage nella
scuola elementare di Newtown (Connecticut), in cui ieri sono stati uccisi a colpi
di arma da fuoco da un giovane squilibrato 26 persone, tra cui 20 bambini, ci rende
sgomenti.
Non credo che basti la parola “squilibrio
mentale” per spiegare un simile efferato gesto, che ne ricorda purtroppo molti altri
simili.
Lo squilibrio ha invaso ormai i
centri nervosi della società umana, per cui non passa giorno in cui non si
debba fare la tragica conta dei morti ammazzati, delle violenze, delle rapine e
di ogni altro genere di delitti.
Tutti si stracciano le vesti, come
Caifa nel sinedrio. Si ricorre preoccupati al parere di psicologi e di “esperti”
(di che?)
E non si vuol vedere che oggi vengono
sistematicamente abbattuti i pilastri dell’umana convivenza, e in primo luogo
il rispetto della vita e la sacralità della famiglia.
Quando una società si permette di
poter fare a meno delle leggi morali, impresse da Dio in ogni coscienza, e
quando lo Stato abdica alla tutela di questi valori fondanti, anzi è il primo a
smantellarli, allora non c’è bisogno delle profezie dei Maya. Il mondo finirà
non per colpa di alieni o di asteroidi impazziti, ma per opera dell’uomo
stesso.
Mancano dieci giorni al Natale di
Nostro Signore Gesù Cristo.
Qualcuno pensa che si possa fare a
meno della presenza di Cristo. E ritiene che per Lui non ci sia più posto nel
mondo attuale (la storia si ripete...).
Ma Gesù Cristo viene in mezzo a noi per
insegnarci a vivere da uomini e non da belve feroci o da esseri disperati.
Per onorare le vittime della strage
di innocenti di ieri, e per iniziare nonostante tutto la Novena di Natale nel segno della
speranza, propongo l’appassionata invocazione “Veni, Domine” (Vieni, o
Signore!) musicata da Felix Mendelssohn-Bartholdy.
Lo stupendo mottetto è a 3 voci femminili, con accompagnamento di organo (nella clip, pianoforte).
"Vieni, Signore!" Un’invocazione di cui il mondo deve
riappropriarsi, se vuole ancora sussistere.
Veni Domine et noli tardare.
Relaxa facinora plebi tuae
et revoca dispersos in terram tuam.
Excita Domine potentiam tuam et veni ut
salvos nos facias.
Veni Domine et noli tardare.
Vieni, Signore, e non tardare!
Perdona i delitti del tuo popolo
e riunisci i dispersi nella tua
terra.
Suscita, Signore, la tua potenza e vieni a salvarci!
Benché si tratti di semplici simboli numerici, i tre 12
della data odierna sono davvero molto significativi. E poiché questa terna è
possibile solo agli inizi di ogni secolo, siamo anche fortunati nel poterla
commentare dal vivo (o se volete, da vivi...).
Il 12 è un numero che indica completezza.
Dodici sono i mesi.
Dodici le ore del giorno (e della notte).
Dodici è la somma dei numeri 3-4-5, che costituiscono i lati
del triangolo rettangolo dal quale Pitagora ricavò il suo celebre teorema, mediante
“terne pitagoriche”: (3x2)2+(4x2)2=(5x2)2; (3x3)2+(4x3)2=(5x3)2;(3x4)2+(4x4)2=(5x4)2,
etc. In altre parole, moltiplicando un qualsivoglia medesimo numero naturale per
la prima terna pitagorica (3-4-5), si ottengono sempre terne pitagoriche e
quindi triangoli rettangoli. Pitagora attribuì questa straordinaria scoperta ad
un’illuminazione divina, e considerò pertanto il 12 un numero sacro e simbolo
di perfezione.
Il sistema duodenario (o dodicinale) è ancora usato come
sistema metrico di lunghezza nei paesi anglosassoni.In un piede ci sono dodici pollici: “there
are twelve inches in one foot”.
Anche la monetazione ha avuto fino ad epoca moderna una
misura dodicinale. Risale a Carlo Magno la divisione in lire, soldi e denari, con
il soldo equivalente a 12 denari. La lira corrispondeva a 240 denari (20x12). Fino
a pochi decenni fa questa divisione era ancora in vigore in Gran Bretagna. Del
resto i caratteristici termini inglesi eleven
e twelve (così come, in Germania, elf e zwölf) ci dicono che la numerazione per quei popoli era anticamente in
base dodici.
Anche da noi è rimasta la eco del sistema duodenario: classica
è “una dozzina di uova” (non certo una decina di uova!) o una “dozzina di rose”,
rosse magari...
La numerazione in base dodici è evidentemente legata al
numero dei mesi, cioè alle lunazioni in un anno, e in Europa in particolare
anche al computo romano delle ore diurne.
Dodici erano le tribù del popolo d’Israele; dalla prima di
queste tribù, quella di Giuda, discende Nostro Signore Gesù Cristo, di cui
stiamo per festeggiare proprio il 2012 anno della nascita.
Dodici erano gli Apostoli, sui quali Gesù Cristo ha fondato il “nuovo
Israele”, cioè la Chiesa universale.
Dodici erano, nell’antica Roma, le “tavole” su cui furono
per la prima volta scritte ed esposte nel Foro le leggi dello Stato: le leggi
delle XII Tavole. Molti avranno presente la bella citazione che fa di una di esse
il Foscolo, collocata come epigrafe nel carme “Dei sepolcri”: Deorum Manium iura sancta sunto (i
diritti dei defunti siano sacri).
Anche Roma dunque, patria del diritto, aveva affidato al
numero 12 (anzi, XII) la pienezza delle sue leggi.
Ma c’è un’altra città che è simbolicamente rappresentata da
questo numero perfetto. E non siamo più in una città terrena, ma nella città
del Cielo, nella Gerusalemme celeste, nel Regno di Dio.
Dice S. Giovanni al termine dell'Apocalisse:
“Vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra
di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa,
la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, come una sposa adorna per il
suo sposo. Non vi sarà più morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose
di prima sono passate.
La città è cinta da grandi e alte mura con dodici porte:
sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici
tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a
mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura delle città poggiano su
dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In mezzo alla piazza della città si trova l’albero della vita che dà frutti
dodici volte all’anno, portando frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono
per guarire le nazioni. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di
luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E
regneranno nei secoli dei secoli” (Apocalisse,
cc. 21 e 22).
Dalla città terrena alla città di Dio. Con il simbolico
numero 12.
Nella data di oggi abbiamo la perfezione del tre e la completezza del 12.
Una giornata più che perfetta!
Almeno nel calendario...
Come accompagnamento di questa giornata propongo all'ascolto "Margherita all'arcolaio" (Gretchen am Spinnrade), un bellissimo Lied del 1814 di Franz Schubert, su testo di J.W. Goethe. Come a dire, la perfezione della musica unita a quella della poesia.
Come tutti i 66 Lieder di Schubert, anche questo è stato scritto per voce solista (in questo caso, soprano) e accompagnamento di pianoforte. Franz Liszt ne ha fatta una perfetta trascrizione per pianoforte solo, la presente.
Si noterà, nel vorticoso accompagnamento di due sestine di semicrome ogni battuta, il ruotare incessante dell'arcolaio (un arcolaio in base 12!), mentre emerge nella parte alta il canto dolce e appassionato di Margherita (Gretchen) che, innamorata, pensa al suo Faust.
Una musica suonata da un grande virtuoso del piano: Evgenij Kissin. Per coloro che vogliono apprezzare la bellezza e la limpidezza del Lied originario, per voce e pianoforte, questo è il link: http://youtu.be/MY0eeotSDi8
Devo essere sincero; in questa giornata perfetta ho postato soprattutto per me: Schubert è un autore che amo particolarmente, e Margherita è il nome di mia madre... Ma spero che non vi dispiaccia.
La festa della Madonna Immacolata è l’inizio della nuova
umanità, redenta dal Figlio di Dio.
La trasgressione iniziale della creatura nei confronti del
suo Creatore ha innescato una catena di male che ha coinvolto tutti.
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8, 7). E perfino i farisei, famosi per la loro
ipocrisia, non se la sentirono di scagliare il sasso contro la peccatrice.
Con la concezione di Maria nel grembo di sua madre S. Anna, rifiorisce
la speranza.
Nella terra desolata il Figlio di Dio prepara così la sua
dimora, in una creatura umile, di modeste condizioni sociali, la futura
promessa sposa di un falegname.
Gesù non ha guardato alle apparenze. Ha guardato al cuore, e
lo ha trovato pronto a dire di sì al suo Creatore. Per questo ha scelta Maria
di Nazaret tra tutte le donne; e come primizia della Sua opera, l’ha salvata
dal peccato fin dal primo istante della sua esistenza, cioè fin dal
concepimento.
Immacolata, primizia dell’umanità nuova salvata da Cristo.
Con Maria Immacolata il peccato ha trovato la sua prima sonora
sconfitta, e la “piena di grazia” ci prende per mano per portarci a Gesù, il
Salvatore dell’umanità.
Per questo l'umile Maria può esclamare con piena consapevolezza: “D’ora
in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata!” (Lc 1, 48).
Ma queste parole lasciamole cantare a Tarja Turunen, nel
sublime Magnificat (BWV 243) di J. S. Bach.
"Quia respexit humilitatem ancillae suae,
ecce enim ex hoc beatam me dicent [omnes generationes]".
Poiché Dio ha guardato alla povertà della sua serva,
d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Un mese di luce e di calore, nonostante l’inverno e le bollette
dell’enel e del gas.
È il mese del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, luce
del mondo!
Un mese di poesia, nonostante la prosa della vita quotidiana
in un periodo di crisi economica. Ma la tredicesima aiuterà a far sorridere,
una tantum, anche i pensionati.
Un mese in cui troveremo il giorno 12. 12. 12 (la perfezione
assoluta, tre volte il 12!), in netto contrasto con il fatidico giorno 21, nel
quale secondo il calendario Maya ci sarà la fine del mondo...
Con tutto il rispetto per i Maya, sto già preparando il
Presepio e l’Albero di Natale.
Una cosa però è certa: anche se non ci sarà (come è ovvio)
la fine del mondo, alla fine del mese avremo tutti un anno in più (almeno di
millesimo) e, come canta Franco Battiato nel suo ultimo disco, “Ah, come ti
inganni se pensi che gli anni non han da finire; è breve il gioire”.
Proprio questo bel brano “Passacaglia” del grande cantautore
siciliano (nell'album "Apriti Sesamo" del 2012) mi pare molto appropriato per iniziare dicembre.
Come egli stesso ha spiegato, il canto non è altro che la
riproposizione, in veste moderna, della "Passacaglia della vita" di Stefano Landi, il geniale
musicista romano del primo barocco (1587-1639).
Le parole della Passacaglia di Landi sono molto più crude,
con il funereo ritornello: “bisogna morire”.
Molto opportunamente Battiato ha addolcito la pillola,
perché anche l’uomo moderno, poco propenso ad ascoltare un simile refrain, possa
inghiottirla più facilmente.
Faccio presente che già Angelo Branduardi aveva “scovato”
la Passacaglia di Landi. Ma lui l’ha cantata nella versione originale (Futuro Antico VI, 2011). E devo dire che fa impressione davvero!
Metto qui i links al
brano di Branduardi e alla Passacaglia originaria di Stefano Landi.