Sono uno che ricerca la verità e che non si accontenta di wikipedia.
Se dici che la verità non esiste, sbagli, perché ne hai già affermata una.
Se poi dici che la ricerca della verità non ti interessa, allora non te la prendere troppo quando qualcuno ti vuole ingannare.
Vincere
contro la Germania è un vizio tutto italiano. Uno di quei vizi di cui non possiamo
più fare a meno e la cui dipendenza è raccomandata perfino dal medico, per il benessere
psicofisico.
Non solo
della persona, ma dell’intera collettività.
Dopo il 2 a 1 anch’io mi sono
ritrovato stanotte a scorrazzare per la città a clacson spiegato, senza paura
di multe o di improperi. Anzi, con il beneplacito dei pedoni festanti.
Questa volta
però, oltre al benessere psicofisico, si è aggiunto anche quello finanziario.
Le due
reti di SuperMario e le manovre di C. G. Cesare (Prandelli) hanno avuto
più forza nel ridurre lo spread italo-tedesco di tutte le manovre e gli schemi
del "cunctator" prof. Mario e della sua squadra tecnica, sì, ma solo catenacciara.
È il momento
di mostrare i muscoli, proprio come quelli di SuperMario dopo la seconda rete.
E di farsi vedere neri, come lui.
Anche la
Merkel ha il suo lato debole. Facile capire quale...
E un paio di
calci (sportivi, s’intende) non è stato difficile assestarceli.
Spagna e Portogallo
stasera 27 giugno a Donetsk in Ucraina si spartiscono la semifinale dei Campionati Europei 2012.
Qualcosa di
diverso da quello che accadde il 7 giugno 1494, quando Spagna e Portogallo si
spartirono addirittura il mondo (sì, il mondo) al di fuori dell’Europa, con il
Trattato di Tordesillas.
Tutte le terre
a est del meridiano passante a 370 leghe (1770 km) dalle Isole di Capo Verde divennero proprietà
del Portogallo, quelle a ovest passarono alla Spagna.
In questo
modo si evitarono conflitti sanguinosi tra i due paesi, che con le loro nuove
scoperte geografiche stavano ridisegnando il mappamondo.
Per rimanere
nel mondo del calcio, fu così che l’Argentina divenne dominio spagnolo, mentre
il Brasile colonia portoghese.
Nel trattato
non si fece menzione alcuna né di Francia, né d'Inghilterra, né di Olanda, che si fecero sentire
poi con la pirateria e le armi.
L’epoca
delle spartizioni del mondo è finita, per fortuna.
Bisogna però
dare atto che l’idea di tagliare la terra in due come una mela, secondo un
meridiano, fu geniale, e venne elaborata dalla curia papale (chi
altri, se no?)
Oggi si
tratta di spartirsi una coppetta, anzi, l’accesso finale alla coppetta europea.
Non manca la
sfera su cui combattere. Ma è solo di cuoio.
La vittoria di ieri contro l’Inghilterra (Italia-Inghilterra 4-2, dopo i rigori) non è una vittoria qualunque. Per chi conosce e ama il calcio, ha un sapore tutto particolare.
L’Inghilterra è la patria del football moderno. Le nostre squadre più blasonate portano ancora i segni di questa discendenza: FC (Football Club) Juventus, FC Torino, FC Internazionale... Il Milan è inglese nel nome, così come il Genoa, la più antica società calcistica italiana (1893), che ha anche come siglia CFC: Cricket and Football Club.
È vero che oggi le potenze mondiali in questo sport (oltre all’Italia) sono il Brasile, l’Argentina, la Spagna, la Germania... e vincere con queste è sempre esaltante, oltre che necessario per ottenere un titolo.
Ma battere l’Inghilterra è qualcosa di più profondo. Gli inglesi si sono sempre considerati al di sopra delle altre squadre. Fino al 1950 non partecipavano neppure ai Campionati mondiali, perché si ritenevano campioni a prescindere.
Ogni vittoria con loro è perciò come recidere un cordone ombelicale, è come venire alla luce e lasciarsi alle spalle nove mesi di vita intrauterina.
Ve lo immaginate un bambino che imbocca con il cucchiaio sua madre?
È quello che ha fatto ieri sera Andrea Pirlo: ha dato la pappa alla mamma con un bel cucchiaio, quello del terzo rigore.
Mamma Inghilterra non ha per nulla gradito.
Peccato, perché è stata proprio una bella cucchiaiata.
Quest'anno il solstizio estivo si accompagna ad un caldo tropicale.
Non si può non pensare alle popolazioni emiliane colpite dal sisma e alloggiate in scomodissime tende, cui va la mia solidarietà incondizionata (anzi, se c'è il condizionatore è meglio...).
In questa breve composizione rimata intendo semplicemente esprimere il mio amore personale per il clima estivo. Scherzandoci un po' sopra.
Buona estate a tutti!
È arrivato anche quest’anno
puntuale, senza inganno,
bello caldo, senza un vizio,
il solstizio.
Quello estivo, si capisce!
L’invernale m’intristisce:
freddo, neve, nebbia, gelo,
grigio cielo.
Il solstizio dell’estate
ha con sé lunghe giornate,
luminose e risplendenti,
incandescenti.
Il gran caldo mi è gradito,
mi risveglia l’appetito,
dà vigore a membra stanche,
al blog anche.
C’è chi invece col calore
si disfà per il sudore, liquefà come la cera; una preghiera.
Ma l’estate mi è gradita
per un’altra causa trita: scuole chiuse, vuote stanze;
Mi
scuseranno i puristi inglesi, ma ormai in Italia “gol” si scrive all’italiana;
per cui scordatevi “goal”.
E poi, come
potrebbero dire qualcosa gli inglesi, dopo il gol non concesso il 19/6 agli ucraini,
che avrebbe permesso a questi di pareggiare, e poi (da cosa nasce cosa...) magari di vincere e qualificarsi?
Una rete
sacrosanta, che hanno visto tutti, perfino noi da casa e senza bisogno di
replay. Tutti, tranne ovviamente quelli che la dovevano vedere: l’arbitro, il guardalinee
(meglio chiamarlo assistente dell’arbitro in ogni senso, la linea di porta non
l’ha vista proprio), e soprattutto l’arbitro
di porta, cioè quella persona pagata e messa accanto alla porta per vedere il
gol alla distanza di un metro; e non l’ha visto...
Sua Maestà Britannica
non è nuova a questo genere di regali. Chi non ricorda il gol fantasma di Hurst
graziosamente concessole nel 1966, con il quale vinse a Wembley i Campionati
del mondo contro la Germania? In quel caso fu un regalo al contrario. Il
pallone, il cuoio, la sfera (chiamatelo come vi pare) colpì la traversa e
rimbalzò fuori della linea di porta; ma venne concessa ugualmente la rete, di
cui non aveva visto neppure l’ombra.
Certo, l’Inghilterra
aveva in squadra il grande Bobby Charlton, oltre al bel Moore e al picchiatore Stiles.
Ma cosa si
dovrebbe dire della Germania? C’era gente come Haller, Beckenbauer,
Schnellinger, Emmerich, Overath, Seeler, ...
La vittoria doveva essere loro assegnata a priori, senza neppure giocare.
Non si può
dimenticare però neppure la rete non concessa all’inglese Lampard proprio contro la
Germania negli ottavi di finale degli ultimi Campionati mondiali 2010. Non penso ad una compensazione a scoppio ritardato, ma ad un'ennesima dimostrazione che i sensi
ingannano, come direbbe Cartesio.
Anche la clamorosa
rete non concessa quest’anno al milanista Muntari nella partita contro la Juventus,
che ha spianato il successo alla Vecchia Signora per il suo 30° scudetto (scudetto
meritatissimo, sia chiaro!), ha fatto grande impressione per la colossale topica arbitrale.
Ma dopo l'incredibile
svista in mondovisione dell’uomo di porta, voluto da Platini, non rimane che un’unica
soluzione: l’occhio bionico della tecnologia.
La
tecnologia non è né monarchica né repubblicana, né di destra né di sinistra, non
soffre di sudditanza psicologica né di risentimento verso le grandi. E non tifa
per nessuna squadra.
Non ha
sentimenti; ma sa far bene una cosa: si mette a fischiare se il pallone, il
cuoio, la sfera (chiamatelo come vi pare) varca la linea di porta.
Completamente.
Spariranno
così i due inutili e costosi uomini di porta, e soprattutto i gol fantasma.
L’unico
fantasma ad aggirarsi per l’Europa rimarrà solo quello del Manifesto di Marx.
Quando ieri l'altro ho visto le due bellissime reti (oltre ai due pali) di Cristiano Ronaldo, con le quali il Portogallo ha steso l’Olanda e l’ha rispedita nei Paesi Bassi (molto bassi: tre partite, tre sconfitte!), ho provato un senso di grande ammirazione per il campione portoghese.
Due autentiche “rasoiate”, con cui ha tagliato definitivamente la testa al leone orange.
Straordinarie. Fino alla rete di ieri sera di Mario Balotelli, quella che ha sancito la vittoria dell’Italia sull’Eire (2-0).
Non intendo riferirmi alla partita, sia chiaro. È stata modesta e molto sofferta. Un passaggio ai quarti di finale favorito oltretutto dal risultato di Spagna-Croazia (1-0).
Mi riferisco proprio e unicamente al gesto atletico di SuperMario allo scadere del 90° minuto.
Ci sono diversi generi di capolavori che si concentrano in un breve spazio di tempo: un sonetto del Petrarca, un Preludio di Bach, un Notturno di Chopin, un brano di Debussy... Oppure una volata di 100 metri in 9'' 58 di Usain Bolt, o un salto in alto di m. 2, 45 di Sotomayor.
E c’è la prodezza di Mario Balotelli che, spalle alla porta, con un difensore davanti a contrastarlo, riesce ad agganciare al volo il pallone e, con una rovesciata alla Parola, spedirlo in rete alle spalle del povero portiere irlandese, senza che quest’ultimo neppure se ne accorga.
Ecco, di fronte a questa prodezza si è sbiadita perfino l’immagine di Cristiano Ronaldo.
Si stanno
svolgendo in Polonia e Ucraina i Campionati Europei di Calcio 2012.
Per ora non
voglio entrare in merito alle partite. Aspetto la qualificazione (o il
biscotto...) della nazionale italiana.
Voglio
invece porre l’attenzione su una delle due nazioni ospitanti, l’Ucraina.
Fino al
crollo dell’URSS l’Ucraina era una delle tante repubbliche dello sterminato impero
sovietico, e in pratica il suo granaio.
Con la conquista
dell’indipendenza nel dicembre 1991 ha iniziato, se pur faticosamente, a scrollarsi
di dosso il giogo russo della servitù politica e culturale, oltre che economica,
che durava ormai dal tempo degli zar ed era stato tragico nel periodo staliniano.
Il tributo
che l’Ucraina pagò alle follie del collettivismo forzato fu di oltre dieci
milioni di morti, tra quelli ammazzati perché proprietari di terreni (i kulaki)
e il resto della popolazione decimata da una lunga e spaventosa carestia.
Il desiderio
di scuotere il giogo sovietico si manifestò in modo drammatico con altri
milioni di morti durante la II guerra mondiale, quando gran parte degli ucraini
accolse inizialmente i tedeschi come liberatori e combatté l’Armata Rossa.
Quando poi capirono le mire espansionistiche della Germania hitleriana, gli ucraini si
trovarono a combattere sia contro i tedesci che contro i sovietici.
Ma l’Ucraina
era nata con una sua identità ben precisa, con la discesa dei Vareghi (Svedesi)
nel cuore della pianura sarmatica e con l’insediamento in Kiev del principe Vladimir.
La sua conversione alla fede cristiana nel 988 segnò l’inserimento dell’Ucraina
nella civiltà europea, e divenne un avamposto contro l’espansionismo tartaro e turco.
Nel periodo
degli zar, l’Ucraina fu progressivamente assoggettata al dominio di Mosca.
La lotta per
l’indipendenza ha nella figura di Ivan Mazeppa (1645-1709) il più celebre protagonista.
Capo dei
cosacchi, non esitò a schierarsi con il re svedese Carlo XII contro lo zar
Pietro il Grande.
La famosa battaglia
di Poltava in Ucraina, nel giugno 1709, in cui Carlo XII fu sconfitto, segnò la
fine del sogno del re svedese sul predominio in Europa e
di quello di Mazeppa di una Ucraina indipendente.
Ai nostri
giorni quel sogno di Mazeppa si è avverato, e senza battaglie cruente. Ma già
nel periodo romantico e per tutto l'800 il Cosacco del Don, legato ad un cavallo in una folle
corsa di tre giorni, era stato immortalato da un quadro di Géricault, dai poemi
di Byron, Puskin e Victor Hugo, e dalle composizioni musicali di Liszt e
Tchaikovskij, per ricordare gli artisti più noti.
Franz Liszt
ha dedicato a Mazeppa (1837) uno dei suoi 12 Studi Trascendentali, il IV, in Re minore, tra i più belli e i più
difficili, se si può fare una graduatoria tra i suoi “impossibili” e bellissimi studi.
Il sommo
pianista ungherese segue la traccia del poemetto di V. Hugo (1829), e nell’incalzante e
ossessivo tema descrive il drammatico castigo di Mazeppa, fino alla sua
conclusione, che non è tragica, ma addirittura gloriosa. Mazeppa, trascinato e
straziato dalla corsa del cavallo, ma rimasto vivo, viene alla fine acclamato “atamano”
(capo) dal popolo cosacco.
Un’ultima
osservazione, di carattere musicale. Talvolta si sente dire ancora che Liszt è
essenzialmente un virtuoso del pianoforte, uno che ama “épater le bourgeois”, stupire
il borghese, ingannare gli sciocchi con le sue funamboliche invenzioni pianistiche.
Niente di
più sciocco. Liszt ha una capacità unica di far dire al pianoforte ciò che
neppure un’orchestra riesce ad esprimere.
Lo dimostra,
ad esempio, il confronto tra questo IV Studio e il Concerto
per orchestra con lo stesso titolo, del 1851.
Tra i due,
per tornare ai Campionati Europei, non c‘è partita.
L'esecuzione
del pianista russo Boris Berezovskij, noto per il suo virtuosismo, non
ha bisogno di commenti. Basta guardare il sudore che gronda dalla sua fronte
alla fine dell' "impresa"!
L’ateo non
crede a Dio, ma crede al Caso (e chi è il caso, un altro dio?)
L’ateo crede
solo nella scienza, ma dice che tutto è un caso (e allora perché studia, se tutto
è un caso?)
L'ateo dice
che l’uomo è solo un animale, e non sempre più intelligente degli altri animali
(e allora perché si arrabbia se qualcuno gli dà dell’animale?)
L’ateo dice
che la morale è relativa e consiste nel fare ciò che uno vuole, purché non
danneggi gli altri (e come fa a fare il suo comodo, se prima o poi non
danneggia gli altri?)
L’ateo dice
che il mondo si è fatto da sé (quindi il mondo esisteva prima di esistere).
L’ateo dice
che non esiste la verità (e come fa a dirlo con verità, se la verità non esiste?)
L’ateo dice di
essere un uomo libero, perché non deve sottostare ai comandi di Dio, che
non esiste, ma solo a sé stesso (quindi a uno che si considera un animale, che
cerca il proprio interesse, che non ha una verità, e che pensa che tutto
sia casuale, compreso quello che dice).
Oknotizie è un social network (social per modo di dire...), dove
una presenza massiccia di anticlericali e di atei occupa quasi “militarmente”
il sito e con attacchi sistematici e faziosi cerca di eliminare ogni voce fuori
dal coro, soprattutto se cristiana.
Se qualcuno cerca di rispondere a questi attacchi
forsennati, in ultima battuta ci pensano gli amministratori a venire in
soccorso dei nipotini di Robespierre, sanzionando in vario modo il "povero cristo”.
Quando poi al pregiudizio si unisce anche un’ostentata
ignoranza culturale, non rimane che una cosa: metterla sul ridicolo e fare una
pasquinata.
Tutti ci
stiamo mobilitando per dare il nostro contributo economico alle popolazioni
emiliane colpita dal sisma.
Non bisogna
però dimenticare un altro tipo di patrimonio, quello culturale. Non ci può
essere vera ripresa economica, senza una ripresa della propria identità
storica.
E storia
significa arte in ogni suo aspetto, che la terra emiliana nel corso dei secoli
ha saputo creare in maniera eccellente. Modena e Ferrara e i loro territori non
producono solo insaccati, lambrusco e grana padano; ma hanno saputo innalzare
monumenti di raffinata bellezza, ora purtroppo deturpati o distrutti.
Anch’essi
devono risorgere dalle loro macerie, perché la
regione Emilia, recuperando il suo glorioso passato, possa guardare con
fierezza al proprio futuro.
C’è qualcosa
comunque che il terremoto non può distruggere: la musica.
E allora
presentiamo un brano del più grande musicista di queste terre oggi devastate: Girolamo Frescobaldi (1583-1643),
di Ferrara.
Formatosi
alla corte degli Estensi, dove operarono imaggiori musicisti dell'epoca, egli non solo divenne il più grande
virtuoso di organo e clavicembalo, chiamato a Roma nella Basilica di S. Pietro, ma con le sue innovazioni
portò l’organo da strumento di supporto delle voci a quella centralità e
tipicità che troverà in Bach il vero e massimo erede.
Ascoltiamo
la “Toccata”, rielaborata per organo e violoncello dal cellista e compositore
catalano Gaspar Cassadò nel 1925.
In realtà si
tratta di un collage di tre Toccate frescobaldiane, genere nel quale il grande
musicista ferrarese fu autentico maestro, superato un secolo dopo solo da Bach.
Che l'Emilia si riappropri anche del suo glorioso passato!
Siamo ancora
profondamente scossi dal sisma che ha devastato vaste zone dell’Emilia.
Il terremoto
ha fatto 26 vittime, l'ultima ieri, Liviana Latini di Cavezzo, ricoverata nell’ospedale di Baggiovara di Modena.
Incalcolabili i
danni collaterali.
Eppure la
vita deve riprendere; e gli emiliani ce la mettono tutta, come è nel loro
carattere di gente operosa.
Istituzioni
pubbliche e privati cittadini devono far sentire la loro presenza solidale.
È il momento
della generosità, che per ora non manca.
Non deve
mancare nemmeno in futuro, finché quella terra non torni fiorente come prima.
Il momento
più difficile è sempre l’inizio. Poi, superati questi giorni di smarrimento, il
cammino si farà più agevole e i primi risultati daranno maggiore coraggio e
desiderio di riuscita.
Un po’ come
una danza classica chiamata Siciliana, che ha un andamento quasi claudicante, con
delle note puntate che sembrano inceppare il ritmo.
In realtà il
cammino si snoda irresistibile, con una passione che supera ogni ostacolo e che
caratterizza questo genere di musica.
Ascoltiamo
perciò la “Sicilienne” (1893) in Sol minore, op. 78, di Gabriel Fauré, come
augurio di ripresa per il popolo emiliano.
È scritta
originariamente per violoncello e pianoforte, ma è stata trascritta per molti
altri strumenti, tra cui il flauto.
Allo
strumento solista il celebre Patrick Gallois.
Dio non è
una monade solitaria, ma una Trinità di Persone, Padre e Figlio e Spirito
Santo; una trinità di persone in relazione di amore così perfetta da formare un
unico Dio.
Per questo
la Trinità è anche il modello di ogni vera famiglia e comunità umana.
Ogni persona
si realizza pienamente nella relazione con gli altri. In questo senso è anche
artefice di unità.
Quando
invece l’individuo vuole realizzarsi cercando solo il proprio egoistico
interesse, allora abbiamo la disgregazione dell’uomo e della società.
È
esattamente il modello che suggerisce Satana, perché - come dice Gesù nel
Vangelo - “Satana è diviso in sé stesso” (Mt 12, 26; Lc 11, 18). Per questo è
sinonimo di odio e di male, e cerca di coinvolgere tutti nella sua
disperazione.
La dispersione
e la divisione sono il tragico fallimento dell’essere, mentre il cammino verso
l’unità, nella molteplicità relazionale, è avvertito come un processo
costruttivo e liberante.
La
Santissima Trinità è dunque il modello a cui guardare, per realizzare un mondo
degno di essere vissuto.
E non è solo
un modello da imitare, ma è anche la forza di comunione che continuamente ci
viene donata per raggiungere la pienezza dell’essere, che è Dio stesso.
Il Credo è
la professione nel Dio trinitario; e in questa domenica in cui si celebra la
SS. Trinità è bello ascoltarlo in una delle partiture che musicisti di ogni
epoca hanno composto: gli anonimi del gregoriano, Palestrina, Vivaldi, Bach,
Mozart, Beethoven, Rossini...
Questa
voltavoglio però presentare il
Sanctus. Infatti la triplice ripetizione di questo aggettivo fa chiaro
riferimento alle tre Persone divine. Si tratta perciò di una preghiera
trinitaria.
Un Sanctus moderno (1999), da “The Armed Man: A Mass
for Peace” del poliedrico Karl Jenkins.
Il famoso
musicista gallese, che nella videoclip vediamo dirigere la sua composizione,
riprende il titolo di una Messa di origine medievale (“L’homme armé”) e lo
trasporta in una suggestiva e drammatica versione contemporanea.
La santità
di Dio e la malvagità della guerra e della violenza sono in contrasto
insanabile.