lunedì 30 gennaio 2012

Tre anni di poesia. Auguri!





















Il blog “Poesie in Vetrina” della cara amica Gianna compie oggi 3 anni.

Scrivere poesie, in un mondo prosaico come quello attuale, può destare meraviglia.

Farne addirittura un blog è un’impresa da “capitani coraggiosi”. Ma a quanto pare la poesia resiste anche ai debiti sovrani, allo spread, alla Standard & Poor’s e alla Merkel...

Tre anni di poesie non sono un episodio o uno scherzo.
Per questo dobbiamo festeggiare il felice compleanno di questo bellissimo blog, condotto con “maestria” (è proprio il caso di dirlo!) da Gianna Ferri, nel quale troviamo il fior fiore dei poeti del web.

Per la fausta circostanza ho dedicato al blog “Poesie in Vetrina” qualche rima di augurio.




Viva i poeti! Tre anni di “Poesie in Vetrina”


Navigante che vai per blogosfera
e cerchi siti e luoghi seducenti,
dirigi il mouse e digita in tastiera
l’indirizzo di un blog tra i più attraenti.

Non sentirai parlare in vile prosa
né di pedestri e stolidi argomenti.
Vi troverai poeti e muse a josa,
e amore, ed ideali e sentimenti.

Il nome suo è “Poesie in Vetrina”
ed oggi compie gli anni, tre; osanna!
Amministra da amabile regina,
sincera, bionda e bella, Ferri Gianna.

Belli i commenti, e bella ogni poesia
con vari stili e in versi assai piacenti;
qualcuna finirà in antologia
e dovranno impararla gli studenti...

E allora, cari amici e amiche care,
a questa festa diamo pure il via.
Alziamo i nostri calici a brindare:
Viva i poeti! Viva la poesia!


Amicusplato

sabato 28 gennaio 2012

Il trionfo della ragione sul pensiero debole. Tommaso d'Aquino



Quando due geni si incontrano, anche se a distanza di secoli, non può che nascere un’opera sublime.

Oggi è la festa di S. Tommaso d’Aquino (1225-1274), uno dei giganti del pensiero umano, di fronte al quale gli insignificanti nanerottoli moderni del pensiero debole o nullo fanno la figura della volpe con l’uva: non potendo raggiungerlo, cercano di sminuirne il valore. Con risultati ridicoli.

Tommaso è di una limpidezza razionale che affascina chiunque voglia seriamente cercare la verità, solo la verità, nient’altro che la verità. Se uno invece cerca la propria vanagloria, allora non troverà che il vuoto esistenziale.

Nobile e ricco, Tommaso dei Conti d'Aquino poteva avere tutto dalla vita, ma preferì lasciare ogni cosa per cercare ciò che unicamente ha valore: il vero e il bene, i quali - secondo una sua celebre affermazione - “convertuntur”, convergono, si identificano.

L’altro genio è Gioachino Rossini (1792-1868). Di tutt’altro genere. Godereccio, “viveur”, amante della vita comoda; ma con il grande dono dell’arte musicale.

Dopo aver composto immortali capolavori di opere liriche, in età più avanzata, abbandonato tutto il resto, si dedicò a musiche sacre. “Peccati di vecchiaia” diceva lui, con il suo ben noto umorismo; in realtà sapeva che si trattava di autentici capolavori, ed espressione della sua fede in Dio misericordioso: "Signore, ero nato per l'opera buffa, lo sai bene! Poca scienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso".

La sua “Petite Messe Solennelle” (1863) ne è l’esempio più  straordinario. Ne ho parlato più volte nel blog.

In questa Piccola Messa Solenne (ma di piccolo c’è solo il titolo!) c’è il canto “O Salutaris Hostia”, come momento di riflessione dopo la Consacrazione. Il canto è per soprano solista.

Le parole sono di un brano di un inno eucaristico di S. Tommaso, del 1264.

Ma già qualche anno prima, nel 1857, Rossini aveva composto sul medesimo testo un magnifico mottetto in polifonia a cappella, a quattro voci miste.

Egli ha saputo cogliere perfettamente lo spirito di questa preghiera, che è adorazione a Cristo presente nell’Eucarestia, e al tempo stesso accorata invocazione per ottenere, con il Pane di vita, la forza contro le potenze del male.

Molto efficace l’esecuzione del Coro Giovanile  belga “Cantilena”, diretto da Luc Anthonis.

Si noti come sono sottolineate, anche con i gesti, le parole “bella premunt hostilia” (le guerre nemiche ci opprimono), e per contrasto, “da robur, fer auxilium” (dà forza, soccorrici!).


O salutaris Hostia, quae caeli pandis ostium,
bella premunt hostilia; da robur, fer auxilium.

O Ostia di salvezza, che apri la porta del cielo,
le forze del male ci opprimono; dacci forza, portaci aiuto!

venerdì 27 gennaio 2012

I singhiozzi lunghi di un violino ad Auschwitz



"Io suonavo il violino ad Auschwitz, mentre uccidevano i fratelli miei". Così dice una nota canzone di Claudio Chieffo (1967).
Di fatto, molte fucilazioni nei campi di sterminio nazisti avvenivano mentre veniva fatta suonare un’orchestra di ebrei detenuti, per coprire in qualche modo gli spari.
All'orrore delle uccisioni si aggiungeva così il miserabile snaturamento dell’arte musicale.
Per evidenziare anche quest’aspetto della barbarie nazista dei campi di sterminio, in questo "Giorno della Memoria" voglio onorare le vittime con il violino di Jascha Heifetz.
Il secolo XX ha visto una serie impressionante di grandi violinisti di origine ebraica: Fritz Kreisler, Jascha Heifetz, Yehudi Menuhin, Isaac Stern, Itzhac Perlman, ed altri ancora; come a dire, l’eccellenza in questo settore artistico.
Ma se si volesse continuare in altri settori musicali, non potrei dimenticare Arthur Rubinstein e Vladimir Ashkenazy, due dei più grandi pianisti del ‘900 e i più grandi interpreti di Chopin.
“I singhiozzi lunghi di un violino”, per un contrappasso dantesco, segneranno però anche la fine dei campi di sterminio. Fu infatti proprio questo celebre verso di Verlaine ad indicare in codice il giorno dello sbarco in Normandia, che portò alla definitiva vittoria degli Alleati sulla dittatura nazista.

Il "Guarnieri del Gesù" (del 1742) di  Jascha Heifetz suona la “Melodia”, dall’Orfeo ed Euridice di Cristoforo Gluck, nella trascrizione dello stesso Heifetz  per violino e pianoforte.
Al pianoforte, Emanuel Bay.
Dopo l'orrore del male assoluto, la bellezza dell'arte pura.

giovedì 26 gennaio 2012

È carnevale. "Tutto nel mondo è burla"



Siamo in tempo di Carnevale, ma pochi hanno voglia di scherzare.

Nonostante tutto, non possiamo perdere in questo periodo lo spirito carnascialesco; tanto più che anche i fatti più drammatici di questi giorni hanno mostrato alcuni aspetti quasi comici.

Ad esempio, il dialogo tra i comandanti Schettino e De Falco è qualcosa che neppure la fantasia surreale di Pirandello o di Joyce avrebbe potuto immaginare. Nessuno ha potuto trattenere un sorriso di fronte a battute come: “Non vuol tornare sulla nave? E che fa, vuol tornare a casa, con questo buio?” “Torni a bordo, cazzo!”
Ed anche il comandante Schettino, subito dopo l’impatto con lo scoglio, sembra abbia detto: “Cazzo! non l’avevo visto!” (e che guardava?)

Meno tragicomico, ma sempre un po’ surreale di questi tempi, è l’arrivo del postino. Prima ci si lamentava che non arrivava mai; ora ci lamentiamo se arriva troppo spesso. Quando suona il companello, vengono subito alla mente, con riflesso pavloviano, le cartelle di Equitalia. Se poi suona due volte, allora l’infarto è assicurato: insieme ad Equitalia c’è di sicuro anche l’Agenzia delle Entrate.

Ai distributori di benzina, se non fosse da piangere, ci sarebbe da ridere. C’è un benzinaio vicino a casa mia che, da quando Monti ha aumentato le accise, aumenta implacabilmente ogni mattina il prezzo, qualunque sia l’andamento del mercato. Ora ha raggiunto quasi quota 1,9.  Per approvvigionarmi sono così costretto a fare un paio di chilometri, e trovare un altro distributore ancora nel range di 1,7. Tra andare e tornare, l’euro risparmiato se n’è andato in polvere (sottile), CO2 e altri elementi di niuna utilità.

E non sono tragicomici i nostri politici? Finora litigavano su tutto, a prescindere, per dirla con Totò. Ora invece sono d’accordo su tutto; anzi, non si fanno sentire proprio, sono scomparsi nel nulla. Stanno dimostrando cosa significhi un buco nero: un ammasso vuoto, di pesantissimo costo.

E allora consoliamoci con le note finali del Falstaff (1883) di Giuseppe Verdi (1813-1901), che disegnano con impressionante vivezza questo nostro mondo, in cui la burla si intreccia con il dramma in modo inscindibile. Bisogna perciò saper guardare la realtà con occhi un po’ disincantati e con un pizzico di autoironia.

Come noto, il Falstaff è l’ultima opera di Verdi ed è un’opera buffa. Sembra incredibile che il Cigno di Busseto abbia potuto concludere la sua attività di musicista tragico con una commedia.

Ma è proprio qui la grandezza di Verdi: al termine della vita sa guardare con occhi più sereni e disincantati al variegato mondo umano, con i suoi pregi e i suoi difetti, al riso e al pianto, al dramma e alla burla.

“Tutto nel mondo è burla”. Con questo spettacolare e affascinante finale, trattato in forma di fuga, Verdi conclude il suo Falstaff, cogliendo perfettamente lo spirito shakespeariano. Merito anche di un librettista- scrittore come Arrigo Boito. Il mondo è una ribalta, e noi siamo gli attori, a volte tragici, a volte comici, a volte grotteschi.

Il tema della fuga è introdotto da Falstaff, viene poi ripreso dai vari personaggi e da tutto il coro, con un impressionante crescendo, di tipo rossiniano, in un caleidoscopico intrecciarsi di voci e di suoni. Anche l’orchestra infatti è parte attiva, il personaggio in più, che amalgama e dialoga con le altri parti.

Verdi aveva 80 anni quando compose questo capolavoro, che sembra scritto da un genio giovanile.

Un insegnamento anche questo. Se non si perde il senso dell’humor, il mondo sopravviverà.

Il brano è eseguito dall’Orchestra e Coro del Maggio Fiorentino, diretti da Zubin Metha.
Nella parte di Falstaff il baritono Ruggero Raimondi, e in quella di Alice Ford il soprano Barbara Frittoli.

lunedì 23 gennaio 2012

Continua il martirio dei Cristiani in Nigeria (chi se ne accorge?)




Continuano le stragi di cristiani in Nigeria da parte degli islamisti.
Due giorni fa nella città di Kano, la seconda della Nigeria con oltre 10 milioni di abitanti, sono state ammazzate oltre 200 persone in una serie di attentati da parte della setta islamista di Boko Haram.
In altri due attentati a Bauchi  sono state uccise in due Chiese cattoliche almeno nove persone e molte altre sono state ferite.
Lo scopo di questi criminali è di fare una pulizia etnico-religiosa e imporre alla Nigeria la legislazione coranica, cioè la famigerata sharia.
Io non mi stancherò, da questo angolo di web, di denunciare due cose che sono sempre più evidenti:
- l’orrore dell’ideologia sanguinaria islamista,
- lo schifo dell’ideologia laicista occidentale, sempre pronta a vedere e additare al pubblico ludibrio i difetti della Chiesa (che certamente ne ha), ma che non spende una parola per le vittime di queste interminabili sanguinarie persecuzioni contro i Cristiani, in Africa e in tutto il mondo.
Si levano voci isolate di protesta (il Ministro degli esteri italiano, quelli di altre nazioni qua e là), ma nessun gesto concreto per porre fine a questa mattanza. Il petrolio val bene un po' di cristiani...
I laicisti europei in particolare si distinguono per il loro ridicolo e penoso comportamento: predicano e sbraitano per la libertà di pensiero, si volgono indietro nei secoli a onorare le vittime dell’intolleranza (solo quella cattolica, ovviamente); ma a quanto pare non si accorgono delle vittime dell'intolleranza di oggi.
Per queste persecuzioni non ho notato nel web né  un post, né un articoletto, e neppure una lacrima di coccodrillo; piuttosto, il comportamento dello struzzo.
Alla barbarie degli islamisti e al cinismo non meno colpevole dei laicisti nostrali (da non confondere con i veri laici, rispettosi delle opinioni altrui, qualcuno ce n’è ancora; sempre meno, però, almeno nel web) rispondo con un brano polifonico di Palestrina (o Francesco Rosselli, sec. XVI): Adoramus Te Christe, a 4 voci a cappella.
Penso che né gli uni né gli altri saranno in grado di apprezzarne la grandezza. La barbarie e il cinismo non vanno d’accordo con la cultura e con l’arte.  
Cantato da otto volenterosi giovani americani, lo dedico ai martiri della Nigeria e ai milioni di cristiani che oggi nel mondo subiscono persecuzioni di ogni genere e continuano la passione di Cristo.
Per difendere la libertà di coscienza.

Adoramus Te Christe
Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi,
quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Qui passus es pro nobis, Domine,
Domine, miserere nobis.

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo,
perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Tu, che hai sofferto la passione per noi,
Signore, abbi pietà di noi.



venerdì 20 gennaio 2012

L'inchino alle vittime del Costa Concordia



Con il passare dei giorni il naufragio della nave da crociera Costa Concordia davanti all’Isola del Giglio ha assunto proporzioni tragiche: 11 morti e 24 dispersi.
A gesti di inconcepibile irresponsabilità, in primis del comandante della nave, hanno fatto riscontro altri comportamnenti degni di rimanere impressi per sempre nella nostra memoria e nel bronzo della storia.
Tra i tanti soccorritori (vigili del fuoco, palombari, elicotteristi, etc.), fra tutti meritano una menzione particolare
- gli abitanti del Giglio (meno di 700 persone in tutto), che hanno dato prova di una straordinaria generosità nell’accogliere e soccorrere gli oltre 4200 naufraghi. Inoltre, molti di questi sono stati strappati e salvati dalle gelide acque del mare proprio dall’intervento immediato degli isolani;
- il Capitano Gregorio De Falco e la sua telefonata dalla Capitaneria di Porto di Livorno, con quelle espressioni colorite e quel termine che nessuno potrà più dimenticare. Non mi riferisco alla sacrosanta (in questo caso) imprecazione “cazzo!”, ben nota nel frasario colorito odierno, ma alla parola “biscaggìna”, per moltissimi di noi del tutto sconosciuta prima; ripetuta più volte dal Capitano De Falco, abbiamo capito trattarsi della scaletta dalla quale i naufraghi stavano scendendo, e che il comandante del Costa Concordia non aveva intenzione di risalire per riprendere il controllo della nave;
- Giuseppe Girolamo, il giovane musicista-batterista della band della nave, che ha ceduto il posto ad un bambino nella scialuppa di salvataggio, e del quale poi si sono perse le tracce. Un gesto di eroismo che parla da solo, e ci commuove.

- Manrico Giampedroni, Capo Commissario di bordo, che ha salvato l’onore dell’equipaggio salvando, come hanno fatto altri anonimi membri della “ciurma”, innumerevoli vite umane ed è rimasto poi a sua volta intrappolato per 36 ore all’interno della nave con un gamba fratturata. È stato poi lui stesso miracolosamente salvato da altri.

È venuto perciò il momento di onorare le vittime e gli eroi di questa assurda tragedia, di omaggiarli con il nostro "inchino".
Lo facciamo con le intense e insieme suadenti note di Franz Schubert, e precisamente con il primo movimento della Sonata in La Minore per Arpeggione e Pianoforte, D. 821, del 1824. L’ “arpeggione” è uno strumento poco noto (un po’ come la “biscaggina” del Capitano De Falco!), una specie di viola da gamba, per cui abitualmente questa sonata viene eseguita con la viola  (da spalla) o il violoncello, e il pianoforte.
In questo caso, al pianoforte la grande Martha Argerich, e alla viola il più grande violista contemporaneo, Yuri Bashmet; virtuosismo e pathos: una esecuzione perfetta, la sua.

mercoledì 18 gennaio 2012

L'ultima di Pierino




-        Pierino, vai subito in casa a fare i compiti!
-        No, babbo,  sto meglio fuori a divertirmi.
-        Ho detto di andare a casa a studiare! Domani hai l'interrogazione!
-        No, no e no! Non voglio andare, non ho voglia di studiare. Per l'interrogazione, qualcosa mi inventerò.
-        Finora te l’ho detto con le buone. Ti ordino di salire in casa! Se no, prendo la frusta, cacchio!
-        Sì, la frusta, figuriamoci!!  Senti babbo, se proprio ci tieni, vacci tu in casa a studiare. Io da grande voglio fare il comandante di una bella nave da crociera...

Non fa ridere, lo so. Ma purtroppo non è una barzelletta.

lunedì 16 gennaio 2012

La balena spiaggiata










Tra i numerosissimi commenti sulla tragedia della nave da crociera Costa Concordia all’Isola del Giglio, uno mi è rimasto particolarmente impresso: “Sembra un’enorme balena spiaggiata”.
Sì, un’enorma balena bianca, lunga quasi trecento metri e di 114.000 tonnellate di stazza.
Ciò che fa impressione è come la più grande nave passeggeri italiana abbia potuto fare naufragio sopra un “minuscolo” scoglio poco distante dal Giglio, e (forse) neppure segnalato dalle carte nautiche in dotazione al Concordia.
Da quell’impatto, avvenuto alle 21,45 di venerdì 13 scorso, a oggi, questo è il tragico bilancio: 5 morti, 15 dispersi, 70 feriti, tra le oltre 4000 persone a bordo.
Il gigante Golia colpito a morte da un sassolino della fionda di David.
A guardare le foto del disastro si rimane sbigottiti; la realtà supera la fantasia: un bastimento affogato in una pozza d’acqua, ai piedi di un’isoletta che sembra più piccola della nave stessa.
All’umiliante sconfitta della più moderna e sofisticata tecnica cantieristica, causata dal più banale intoppo di navigazione (un miserabile scoglio), ha fatto riscontro un’altra e più cocente disfatta: quella del comportamento dell’uomo. Dell’uomo che comandava la nave, tra i primi a darsi alla fuga.
In genere la gente di mare è gente tosta, e i loro capi non possono che essere capetoste, nel senso vero del termine.
Se però cominciano ad imbarcare acqua anche loro, significa che sullo scoglio del Giglio sta facendo naufragio anche l’Italia.
Anche da una tragedia come questa possiamo imparare una lezione: un bagno di umiltà per tutti, specialmente per chi sta delirando sull' onnipotenza dell'uomo.
E quando l'uomo perde l'orientamento, si spiaggia come una balena.


sabato 14 gennaio 2012

Per brutti tempi una musica bella (Mendelssohn e Yuja Wang)


La situazione attuale ispira piuttosto preoccupazione, anziché sentimenti di serenità e di gioia.
Rating, spread, default, debito sovrano ed altri termini affini (possibilmente in inglese), fino a poco tempo fa misteriose parole da specialisti di economia e finanza, sono diventati più popolari dei campioni di calcio e fanno discutere più di quanto faceva discutere l’uomo di Arcore. Con meno ironia, però.
Non mi voglio addentrare nei meandri delle questioni economiche, e tanto meno di quelle politiche.
Non parliamo poi di transatlantici che affogano in un bicchier d’acqua, con morti, feriti e dispersi...

Voglio solo presentare un bel concerto per pianoforte di Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847), festoso come sono in genere le composizioni di questo grande artista che in pieno Romanticismo si fece promotore della rinascita della musica di Bach e di Mozart, quasi “dimenticati” dalle mode musicali del tempo.

Si tratta del Concerto n. 1 in Sol minore, op. 25, per Pianoforte e Orchestra, del 1831.

Il video è una parte del terzo ed ultimo movimento (“Presto. Molto allegro e vivace”), più che sufficiente a farcene comprendere il valore.
Al pianoforte la cinese Yuja Wang, con la Verbier Festival Orchestra e la direzione di Kurt Masur.

Straordinaria la performance della giovanissima pianista cinese (1987), ormai autentica star del concertismo internazionale.
A parte la tecnica eccellente, colpiscono di questa e di altri giovani talenti dell’estremo oriente le doti mnemoniche, come si può notare anche nel presente concerto, di notevolissimo impegno.

Ma sarà bene ricordare che anche Mendelssohn in quanto a memoria non scherzava. Era dotato di una mente prodigiosa. Nel recarsi a dirigere l’opera “Sogno di una notte di mezza estate” (quella dove c’è la famosa Marcia Nuziale), accortosi in carrozza di aver lasciato a casa la partitura, la ritrascrisse tutta cammin facendo!
Buon ascolto, con la musica di Felix Mendelssohn-Bartholdy.
E che sia di buon auspicio, in questo tempo poco allegro...

giovedì 12 gennaio 2012

Oltre al danno, la beffa! L'incredibile vicenda di Ignazio Cutrò















Il mio caro amico blogger Gero Marsala mi ha contattato per farmi presente la drammatica situazione di Ignazio Cutrò, imprenditore edile siciliano che si è ribellato al pizzo e ha denunciato i mafiosi facendoli condannare.
Con grande coraggio e dignità il Signor Cutrò è rimasto nella sua terra e nel suo paese, Bivona, in provincia di Agrigento. Ora però si trova a lottare anche contro un altro mostro che si chiama burocrazia.
Una vicenda burocratica, di sapore kafkiano, non gli consente infatti di lavorare e prendere commesse.
Così, in questi giorni egli inizierà uno sciopero della fame e della sete per richiamare l’attenzione su di un fatto che ha dell’incredibile. Oltre il danno, anche la beffa!
La sua storia è stata fatta conoscere anche da un'intervista al TG5

Il giornalista blogger Gaetano Montalbano ha scritto una “Lettera Aperta” perché abbia la massima diffusione e possa portare alla soluzione della clamorosa ingiustizia di cui Ignazio Cutrò è vittima.
Lettera Aperta
Vi scrivo per raccontarvi di Ignazio Cutrò, unico Testimone di Giustizia in Italia che ha scelto di rimanere nel posto dove ha subìto minacce, ritorsioni e attentati. Siamo a Bivona, entroterra agrigentino, in piena terra di mafia. Un imprenditore ha alzato la testa e sfidato “Cosa Nostra”, denunciando e facendo condannare i propri estorsori mafiosi. Pochi giorni fa la “Serit Sicilia”, agente della riscossione per la provincia di Agrigento, gli ha recapitato una “Comunicazione Preventiva di Ipoteca” per un importo di 85.562,56 euro, relative a cartelle che dovevano essere bloccate dalla sospensiva prefettizia. Lo Stato non ha sospeso i debiti dell'imprenditore-coraggio e non gli ha rilasciato i documenti necessari per il riavvio dell'azienda. Ignazio Cutrò, quindi, non può lavorare e deve pagare entro 30 giorni una cifra impossibile. Pena: l'iscrizione di ipoteca sui beni immobili. Tutto ciò in spregio alla legge italiana sui Testimoni di Giustizia. Che senso ha colpire un simbolo dell'antimafia?
La paradossale vicenda di Ignazio Cutrò, insieme a quelle di tanti altri testimoni di giustizia, è una grave sconfitta dello Stato. Una disfatta. Dopo aver conosciuto la storia di Ignazio chi potrà mai azzardarsi a denunciare il Racket? Bisogna agire in fretta. Le generazioni future chiederanno conto dei silenzi e delle titubanze. Vorranno sapere perchè l'attuale classe dirigente sia stata così sciatta e reticente ed abbia permesso una simile vergogna. Vi chiedo un intervento immediato. Un atto di dignità. Un sussulto di attivismo civile. Vi chiedo di assolvere con diligenza ognuno al proprio ruolo. Agite adesso. La vicenda di Ignazio Cutrò trovi immediata risoluzione positiva. E' necessario far cessare tale infamia e creare le basi per la distruzione definitiva delle mafie.
Il 17 gennaio scadono i trenta giorni concessi da SERIT Sicilia. Ignazio Cutrò è pronto a lasciarsi morire di fame e di sete. Alla sua scelta esemplare di cittadino modello devono essere applicati, con urgenza, i principi di legalità e giustizia.
In attesa di un positivo riscontro.
Gaetano Montalbano
lenotiziedimontalbano.it
* Questa lettera è stata inviata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'Interno, al Presidente della Regione Sicilia, ai Parlamentari Nazionali, ai Consiglieri Regionali Siciliani, ai Deputati Europei eletti in Sicilia e ad alcuni intellettuali ed artisti siciliani.
Metto volentieri il mio blog a disposizione di questa giusta causa, per dare il mio contributo di solidarietà e per far conoscere ai miei lettori, pochi o molti che siano, da quale parte sta Amicusplato.
Ringrazio l’amico Gero Marsala per avermi fatto partecipe di questo problema, e spero che sia rapidamente risolto, prima che il Signor Cutrò metta in atto i suoi propositi estremi.

mercoledì 11 gennaio 2012

"Insegnami a partir". In ricordo di De André




Fabrizio De André ci ha lasciato alcune delle canzoni più belle e indimenticabili del repertorio musicale di ogni tempo.

La canzone di Marinella, La guerra di Piero, Via del Campo, sono le prime che mi vengono subito in mente; poi molte altre a seguire: Geordie, Carlo Martello, Preghiera in Gennaio, Per i tuoi larghi occhi, Dolcenera, e così via.

Sappiamo che De André considerava particolarmente ben riuscita “Bocca di rosa”. A mio parere la canzone, benché popolarissima, non rientra tra le migliori; appare un po’ troppo “caricata”, e l’esagerata ironia scade nella retorica. Raramente invece egli accennava a La canzone di Marinella e che sembrava quasi voler “dimenticare”. Ma era quella che gli aveva aperto il successo, e che rimane – a mio parere, ovviamente - la più affascinante delle sue ballate.

D’altra parte, non è detto che l’autore sia sempre il miglior giudice di sé stesso. Anzi, molto spesso non lo è. Basti pensare a Petrarca, che considerava suo capolavoro il poema De Africa (che molti non sanno nemmeno cosa sia), e chiamava “nugae” e “nugellae” (cioè, piccolezze) le poesie del Canzoniere, il vertice della lirica di ogni tempo. Anche Chopin, per ritornare nell’ambito musicale, non pubblicò mai il Notturno in Do diesis minore (quello de “Il Pianista”, per intendersi), perché lo considerava imperfetto. Oggi è ritenuto comunemente il più bello in assoluto.

Un altro luogo comune vede in De André solo il cantore della contestazione degli anni 60-70.

Certamente gran parte della sua produzione è una durissima critica alla società del tempo. Con sferzante ironia, oppure con dolente amarezza, mette a nudo il perbenismo e la falsità della società borghese o i limiti e la fragilità dell’animo umano.

Molti però sembrano dimenticare che un’altra gran parte della produzione di Faber è dedicata al sentimento dell’amore, visto in ogni suo aspetto: appassionato, tragico, tenero, tradito, perduto, e perfino tragicomico. Le figure femminili delle sue canzoni sono veri e propri simboli, quasi icone, della infinita e insondabile varietà del sentimento amoroso (Marinella, la donna di Geordie, la ragazza di Via del Campo, la donna dai larghi occhi chiari e dal cuore di neve, la “moglie di Anselmo”, solo per citarne alcune).

E il sentimento religioso. Non si può capire De André senza sviscerare questo aspetto, che percorre tutta la sua produzione artistica, e non solo "La Buona Novella", scritta non a caso nel periodo della massima contestazione giovanile (1970). Nessun cantante moderno ha osato, come lui, affrontare con tanta passione i temi della religiosità, di Dio, di Gesù Cristo, di Maria, dei valori morali, e della morte. Temi considerati quasi tabù dalla musica leggera; non per niente è detta leggera... Con De André anche questa diventa musica “di spessore”; per cui la sua opera, dall’inizio alla fine, può essere definita la “storia di un’anima”.

Dall’inizio.

E com’è iniziato il cammino di questo moderno “trovatore”?

Mi piace riascoltare, in questo giorno nel quale ne  ricordiamo l’anniversario della  morte (11 gennaio 1999) proprio il suo primo disco, il suo primo 45 giri, del 1961: “Nuvole barocche” (nel lato B: “E fu la notte”), pubblicato per l’etichetta Karim.

È solo l’inizio di un cammino. Ma già il titolo ci fa intuire l’originalità della composizione. Nuvole “barocche”, strane e affascinanti insieme, esagerate, come è l’arte barocca. Nuvole che il vento di scirocco crea e scompone in figure fantasmagoriche. È lo stato d’animo del giovane menestrello genovese, combattuto tra sogno e realtà, e che soltanto nell’amore trova il senso della vita.

Non per niente De André inserisce nel brano un accenno al tema della canzone “L’amore è una cosa meravigliosa”. Ma tra quelle “nuvole barocche”, e con un “fiume che si sciacqua sotto l’ultimo sole”, gli “occhi di verde dolcezza” della donna amata sfuggono a sdolcinature retoriche e prende maggior risalto la bellezza muliebre, capace di trasfigurare la realtà.

Un tema che tornerà spesso nelle canzoni di Faber. E infatti “Nuvole barocche” darà il nome all’album del 1969, nel quale sono raccolte alcune tra le più significative canzoni del grande cantautore genovese.

Di questa canzone mi ha sempre colpito quella frase misteriosa: "Tu mi hai insegnato a vivere. Insegnami a partir".

Ci manchi tanto, grande De André!


sabato 7 gennaio 2012

I regali della Befana (in versi)


















Nonostante i problemi finanziari
la Befana è venuta anche quest’anno;
ha volato di notte senza fari,
nei tetti si è posata senza danno.

È scesa per camini e caminetti,
e in silenzio un regalo ci ha lasciato;
ora vi dico, in questi miei versetti,
quali soprese alcuni hanno trovato.

La blogger Gianna, bionda e sorridente,
maestra, mamma e nonna (e amica mia),
ha ricevuto, indovinate gente,
il premio di bellezza e simpatia.

Annamaria, che sempre ci diletta
con musiche e commenti  fini e lievi,
nella calza trovò della Vecchietta
l’opera omnia di Giovanni Allevi.

Luca invece, che indaga oscuri lati
e scava nel profondo con passione,
in regalo ha trovato impacchettati
una pila, una pala ed un piccone.

Alla Befana son piaciute assai
di Luisa le idee, che bene esterna.
E quale dono allora trovò mai?
Questa quartina con la rima alterna...

Non posta più per me l’amico Gero,
un gesto di amicizia sopraffina;
e la Befana, che conosce il vero,
gli ha portato una bella Moleskina.

Anche Mstatus mi viene qua a trovare,
dal Friuli austroungarico e ostrogoto;
e siccome è costoso oggi viaggiare,
gli ha fatto il pieno (ed era proprio a vuoto!)

Pure Saamaya, quando soffia  il vento,
torna a girar da questa parte mia;
e la Befana, per ringraziamento,
lascia qui la sua calza, e vola via...

Ma la Befana cosa ha regalato
a colui che verseggia allegramente?
Solo carbone per Amicusplato!
Ha scritto pasquinate da indecente.

Mi scuso se i regali ricevuti
non sono stati in vostro gradimento.
Anche a me quei carbon non son piaciuti.
È la Befana. Buon divertimento!

 
Amicusplato

giovedì 5 gennaio 2012

Villancico di Epifania (Ramírez)



La prima espressione di musica liturgica contemporanea non è - come talvolta si pensa - la “Messa Beat” (più esattamente “La Messa dei Giovani”) di Marcello Giombini, del 1966, ma la “Misa Criolla” (Messa Creola) del musicista argentino Ariel Ramírez (1921-2010), pubblicata nel 1964 per l’etichetta Philips.

Si trattò di un’opera “rivoluzionaria”, perché inseriva nella liturgia della Messa strumenti e ritmi della tradizione latino-americana, nonché una lingua nazionale al posto del latino (lo spagnolo).

Quando venne pubblicata, il responsabile della Philips domandò preoccupato a Ramírez: "Maestro, ci sarà qualcuno che acquisterà questa Misa Criolla?" Fu un successo planetario; furono venduti più di 12 milioni di dischi.

Nel Lato B del long playing, Ramírez inserì la composizione “Navidad Nuestra”, una serie di sei canti natalizi (villancicos) su testi di Félix Luna (1925-2009). Non fanno parte ovviamente della Misa Criolla, ma per il fatto di essere stati collocati nello stesso LP, talvolta si trovano indicati come parte integrante di essa.

Tra i sei villancicos, il più noto è quello dell’Epifania: "Los Reyes Magos". Una Epifania tutta sudamericana, anche nei semplici e commoventi doni dei Re  Magi (che nella tradizione spagnola portano regali ai bambini, al posto della Befana).

Lo proponiamo nell’esecuzione di Mercedes Sosa, mitica voce dell’Argentina popolare.


Los Reyes Magos

Llegaron ya los reyes y eran tres,
Melchor, Gaspar y el negro Baltasar
arrope y miel le llevarán
y un poncho blanco de alpaca real.

Changos y chinitas duermansé
que ya Melchor, Gaspar y Baltasar
todos los regalos les darán
para jugar mañana al despertar.

El Niño Dios muy bien lo agradeció
comió la miel y el poncho lo abrigó
y fue después que sonrió
y a medianoche el sol relumbró. 



I Re Magi

Arrivarono già i re ed erano tre,
Melchiorre, Gasparre e il negro Baldassarre;
sciroppo di more e miele gli porteranno
ed un poncho bianco d'alpaca reale.

Bambini e bambine, addormentatevi,
così Melchiorre, Gasparre e Baldassarre
tutti i regali lasceranno
per giocare domani al risveglio.

Il Bambino Dio ringraziò moltissimo,
mangiò il miele e il poncho lo coprì,
e fu allora che sorrise
e a mezzanotte il sole brillò.



martedì 3 gennaio 2012

I taji de la politica (pasquinata)

 




Mi madre me diceva, poveraccia:
“La politica è sporca, lassa perde!"
Ma nun diceva mai 'na parolaccia;
voleva dì: i politici so’ mmerde.

Anvedi te: con tutti questi taji,
anche er cazzo a la fin ce tajerano.
La cosa che nun vojon de toccaji
so' i cazzi lor, per facci er deretano.



Amicusplato


domenica 1 gennaio 2012

Si apre l’anno nuovo. Un’Ouverture di Rossini, prego!

 

All’apertura di un'opera c’è (quasi) sempre l’ouverture, una sinfonia che preannuncia i temi che saranno svolti nell’azione teatrale.

Propongo un’ouverture di Gioacchino Rossini (1792-1868), perché la musica del genio pesarese, vivace e travolgente, è sempre di buon auspicio.  Anche i momenti più bui e negativi vengono superati o con gioiosa amabilità o con frizzante ironia o con la forza inarrestabile di un “crescendo”.

L’Italia ha bisogno oggi di una carica che superi positivamente ogni ostacolo, travolgendolo con la sua azione creativa e vitale, come la musica di Rossini insegna.

L’Ouverture non può essere che quella della “Cenerentola” (1817), in cui si descrive il riscatto sociale ed economico della ragazza disprezzata che diventa principessa, nei confronti delle due sorellastre (ma che lei chiama sempre “sorelle”), che l’avrebbero voluta serva di casa.

Non vorrei fare troppi paragoni con la situazione attuale, ma alcuni si impongono da sé.

L’Italia è oggi un po’ Cenerentola, rispetto alle due nazioni “sorelle” che si credono le signore d’Europa. E don Magnifico, il padre delle due e patrigno dell’altra, ha occhi solo per le figlie, mettendo a loro disposizione tutti i beni che Cenerentola aveva ereditato (senza saperlo) dal ricco padre defunto.

Ma alla fine saranno proprio le virtù e la  bellezza di Cenerentola a conquistare il cuore del principe don Ramiro, che la porterà all’altare. Cenerentola perdonerà alle due sorellastre le loro malefatte, così come al patrigno, ben lieto però di avere una figlia nei ranghi della nobiltà danarosa; ed anche le sorelle, benché obtorto collo, dovranno riconoscere che l’ex serva di casa si era meritata il posto di onore che la storia le aveva alla fine assegnato.

Non credo sia necessario spiegare a chi penso, quando dico “due sorelle” in Europa; e non credo sia difficile  vedere nell’Europa stessa l’atteggiamento del padre-patrigno don Magnifico.

Ma l’Italia di Rossini farà come Cenerentola. E alla fine andrà lei sposa con l’Euro, finalmente, superando ogni spread e lasciando di stucco la Merkel e Sarkozy (o se vogliamo Madame Carlà).

Ma forse anche questa è una fiaba.

Per intanto ascoltiamoci la magnifica Ouverture della Cenerentola di Rossini, diretta da Arturo Toscanini, con la NBC Simphony Orchestra (1945!) 

Buon 2012 a tutti! Anche alle sorelle d'Europa, ovviamente.