martedì 28 giugno 2011

È nata Sara!














Alla carissima Gianna, cui mi lega una grande amicizia, è nata una stupenda nipotina, Sara.


Non potevo lasciar passare questo lietissimo evento senza un pensiero in rima.
Dato che nonna Gianna è una maestra di valore, ho pensato ad una filastrocca sulle cinque vocali.
Un modo un po' scherzoso, per ricordare che la Maestra Gianna ha ora, oltre che una bellissima nipotina, anche una nuova allieva.

Auguri!


Il  mio nome è Sara


“Sono nata, eccomi qua,
grazie a mamma ed a papà!
Cinque giorni è la mia età,
son robusta e bella già.

Il mio nome è Sara, e
a me piace, sai perché?
perché certo saprai che
nella Bibbia trovi me.

23/6, giovedì,
fu per tutti un grande dì:
mamma Elena patì
ma poi subito gioì;

papà Loris aiutò,
e ogni impegno dimostrò;
nonna Gianna, lei pregò,
e assai bene tutto andò”.

Di vocali non ne ho più
per rimar; mi fermo all’u.
Cara Gianna, inizia, su!
a insegnar come sai tu!

Tanti auguri, dolce Sara,
che la vita non sia amara!
ma che sia sempre più bella,
con la guida di una Stella!


Amicusplato


domenica 26 giugno 2011

Corpus Domini, una festa radiosa



La festa del Corpus Domini richiama la nostra attenzione sul mistero centrale della fede cattolica: Cristo è realmente presente nel sacramento dell’Eucarestia e si dona ai fedeli in cibo di vita eterna.

“Pane del cielo”, si definisce Gesù stesso nel discorso a Cafarnao (Gv 6, 51); “medicina d’immortalità”, commentano i Padri della Chiesa; “ostia di salvezza”, scrive S. Tommaso d’Aquino.

Una festa radiosa, nella quale viene affermato con forza e dolcezza che la vita di Cristo risorto entra nella vita mortale dell’uomo per divinizzarlo: “Chi mangia questo pane, vivrà in eterno” (Gv 6, 58).

È Cristo vivo e vero che si fa nutrimento dell’uomo, “non confractus, non divisus, integer accipitur”, come mirabilmente si esprime S. Tommaso nel “Lauda Sion”. Viene ricevuto Cristo “non spezzato, non diviso, nella sua integrità”; e in forma sacramentale, cioè nelle apparenze del pane e del vino.

Ma è Cristo Risorto.

Innumerevoli sono le preghiere eucaristiche, e ancora di più i compositori che le hanno messe in musica. 
Senza parlare di altri generi d’arte.

In questa festa mi piace ricordare una bellissima composizione di Gioachino Rossini (1792-1868).
Il genio pesarese del melodramma è noto piuttosto per la sua vita da buon “viveur”, che per le pratiche religiose.

Sta di fatto che, dopo il suo forsennato ventennio in cui sfornò una quarantina di opere, in gran parte capolavori immortali a tutti noti, dopo il “Guglielmo Tell” del 1829 smise improvvisamente di comporre.

Questo “silenzio musicale” , che durò fino alla morte, fu interrotto solo da alcune composizioni, soprattutto di carattere religioso: lo “Stabat Mater” (1841) e soprattutto la stupenda, incredibile, geniale “Petite Messe Solennelle” (1863), una Messa che di piccolo ha solo l’aggettivo del titolo, poiché si tratta di un capolavoro assoluto.

Ma Rossini fece onore alla sua fede cattolica con altre brevi composizioni, come quella che oggi postiamo, dedicata all'Eucarestia: “O Salutaris Hostia”, del 1857.

Il Maestro ritorna alle origini della musica con questo mottetto in polifonia a cappella, a quattro voci miste, dimostrando anche qui il suo genio e la sua grande sensibilità.

Le parole sono la prima strofa del celebre inno di S. Tommaso d'Aquino (1264). Rossini ha musicato solo la prima strofa (la seconda è una dossologia trinitaria)  probabilmente perché ha voluto mettere in risalto gli aspetti più chiaroscurali del testo sacro.

"Ostia di salvezza, che apri la porta del cielo, le forze ostili premono, dacci forza, aiutaci!"

Così notiamo che la prima parte del brano è dolce e suadente; poi diviene quasi drammatico (il coro che esegue, sottolinea le parole “bella premunt hostilia” addirittura con la gestualità).

Nella ripetizione della strofa, l’andamento è similare, ma non uguale. Dopo il suadente inizio e un  accentuato tocco drammatico, l’andamento da omofonico diventa contrappuntistico, con movimenti delle parti che danno vivacità al canto e mettono in risalto la incalzante richiesta di forza (“da robur”) e di aiuto per vincere la battaglia contro il male.
Si ritorna poi ad un movimento corale, in cui la richiesta di forza e di aiuto si fa accorata, fino a spegnersi nell’ultimo accordo.

Ottima la prestazione del Coro giovanile “Cantilene” di Ekeren (Anversa). Finalmente un buon coro! Auspicabile il potenziamento della sezione maschile.

Comunque bravi!


O salutaris Hostia, quae caeli pandis ostium;
bella premunt hostilia, da robur, fer auxilium!

Ostia di salvezza, che apri la porta del cielo;
le forzi ostili premono, dona forza, aiutaci!


martedì 21 giugno 2011

Lascia che il sole risplenda!



Oggi, solstizio d’estate, nel nostro emisfero è il trionfo del sole.

Ovviamente se non ci sono le nuvole a dargli fastidio...

Il suo dominio sulla notte è schiacciante, e via via che si sale nella latitudine diviene totale.

Il giorno più lungo. Le ombre più corte.

Oggi è d’obbligo postare perciò un inno al sole.

Ne sono stati scritti e musicati molti. Ma io ne voglio presentare uno del tutto particolare.

È un inno alla vita, alla pace, alla fratellanza, all’amore:

“Let the sunshine in”, lascia entrare il sole splendente!

È il brano finale del musical “Hair” di G. Ragni, J. Rado, G. Mac Dermot (1968) che suscitò tante polemiche (scene di nudo, esaltazione della libertà sessuale, della droga, dello sballo), ma ebbe uno straordinario successo.
Sia a Broadway che a Londra si ebbero quasi duemila repliche consecutive, per oltre quattro anni.

Hair divenne il punto di riferimento per un’intera generazione, quella dei capelloni, degli hippies, dei “figli dei fiori”.
Particolarmente forte il messaggio pacifista, contro la guerra del Vietnam.

Il brano che presento è speciale anche per un altro motivo: è cantato da Lucio Battisti, con altri amici (Edoardo Bennato, Bruno Lauzi, Adriano Pappalardo, Mia Martini...).

Le scene del video sono riprese dal film omonimo di Milos Forman del 1979.

Lascia che il sole risplenda!

Non certo in comportamenti da sballo, ma in un mondo che ancora ha bisogno di pace e di fratellanza.

domenica 19 giugno 2011

Solo a Dio gloria!



Oggi è la festa della SS. Trinità.

La nostra attenzione è rivolta perciò a Dio; non solo nella sua esistenza, ma nella sua essenza, nella sua realtà più intima.

Quando siamo ragazzi la fede in Dio è ingenua, direi quasi spontanea.

Poi, crescendo, la ragione si pone domande sempre più esigenti, e cerca risposte sempre più esaustive.
La fede in Dio è messa alla prova, ma niente può sostituirla. Ogni altra risposta appare insufficiente.

La nostra ragione e i nostri sentimenti trovano piena risposta alle domande di senso della vita e della realtà che ci circonda solo se fanno riferimento ultimo a Dio.

Anche il problema del male ci parla di Lui, poiché noi sentiamo il male come un nemico da combattere e il bene come una meta da raggiungere. Questo significa che, pur nei nostri limiti, portiamo l’impronta di un Creatore buono, e che il male è un “corpo estraneo” da isolare e da espungere.

Ma ciò che la nostra ragione ci fa solo intuire, trova piena rispondenza nella persona e nel messaggio di Gesù Cristo. Egli porta a compimento la rivelazione di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito Santo, nel nome del quale possiamo proclamarci suoi figli.

Quando poi la nostra vita ha percorso un bel tratto di cammino, e gli ardori giovanili si vanno smorzando, ci accorgiamo che le parole appaiono sempre più inadeguate e il desiderio più grande è lasciar parlare soprattutto Lui, che ci insegna con la sua Parola e ci conforta con il suo Spirito.

E sempre più cresce il desiderio di lasciare da parte i discorsi e di affidarsi alla preghiera.

La preghiera ha un fascino irresistibile. Così pure il canto, che unisce alle parole la forza e la dolcezza della musica.

L’uomo è fatto per Dio, e Dio lo attrae a sé con la bellezza.

Bach apponeva spesso alle sue composizioni la sigla S. D. G. (Soli Deo Gloria), solo a Dio la gloria!

Dante fa dire a Piccarda Donati che solo nel fare la volontà di Dio c’è vera pace:

“E ‘n la Sua volontade è nostra pace:
ell’è quel mare al qual tutto si move
ciò ch’ella cria e che natura face” (Par III, 85-87).

Il Credo è la professione di fede in Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Propongo all'ascolto quello dei miei anni giovanili: una fede scandita da chitarre elettriche e batteria, nella indimenticabile musica di Marcello Giombini, eseguita dal complesso romano The Bumpers nel 1966.


mercoledì 15 giugno 2011

Plenilunio, eclissi e Chopin. Un notturno che incanta!



Stasera la luna sarà protagonista incontrastata: plenilunio con eclissi totale.

Lo spettacolo partirà alla grande: la luna sorgerà all’orizzonte alle 21,10 circa, poco dopo il tramonto del sole, già in fase di completa eclissi.

Il cono d’ombra, che la terra proietterà sul suo satellite naturale, continuerà ad oscurarlo fino alle 23; poi gli lascerà di nuovo libero il campo stellato.

Ma solo intorno alle 24 la luna tornerà ad illuminarci con tutti i watt della sua potenza.

Se il tempo è quello di questa notte in cui sto scrivendo, con una luna che vedo splendere luminosa in mezzo al cielo, ignara dello scherzetto che la terra sta per farle, allora ne vedremo delle belle.

La faccia della luna, sempre così pallida, avrà un nuovo make up: rosso, nero, forse violaceo…

I colori non saranno allegri, ma di certo la regina della notte non mancherà di stupirci.

Quasi d’obbligo prepararsi a questo spettacolare evento con un notturno di Chopin.
Pochi hanno saputo cogliere il fascino misterioso della notte come il “Poeta del pianoforte”. 
Se poi la notte è così invitante...

Tra i 18 Notturni pubblicati da Chopin scelgo il numero 8, in Re bemolle maggiore, op. 27 n.2, del 1836.

Ho avuto modo di dire altre volte che, in anni passati, ero attirato dai primi Notturni (quelli delle op. 9 e 15), per la loro limpidezza; se non fossero “notturni”, direi per la loro solarità…

Da tempo invece mi attraggono maggiormente questi notturni più chiaroscurali, che iniziano proprio dall' op. 27.

Il fascino del mistero.

Devo anche dire che, visitando il bellissimo blog della cara amica Annamaria, ho visto come logo nella HP proprio l’incipit di questa partitura.


E così, tra plenilunio, eclissi, e notturni, non ho potuto fare a meno di postare questa pagina sublime, eseguita magistralmente e alla perfezione da Maurizio Pollini.

Un grazie doveroso anche alla carissima Annamaria.


lunedì 13 giugno 2011

Grazie, Gianna!













La carissima amica Gianna mi ha sorpreso con degli affettuosi auguri di buon onomastico, che ha voluto farmi appena scoccato l'inizio della festa di S. Antonio da Padova.


Mi sono sentito in dovere di rispondere subito, di notte.
L'ho fatto in rima.



Grazie, Gianna!


È il tredici di giugno. In calendario
Sant’Antonio da Padova è presente.
Un santo taumaturgo straordinario,
ed io ne porto il nome, indegnamente.

Qualche amico, durante la giornata,
si ricorda del Santo e del mio nome;
con una e-mail o ‘na telefonata
mi fa gli auguri, ben graditi, eccome!

Ma stanotte, passati tre minuti
dall’inizio del dì di S. Antonio,
mi sono in blogosfera pervenuti
pensieri affettuosi, di gran conio.

Vengono infatti dalla blogger Stella,
la dolcissima e bionda e cara Gianna!
Grazie per la tua dedica, assai bella,
e per la tua premura! Or vado a nanna.


Antonio (Amicusplato)

domenica 12 giugno 2011

Pentecoste. Cantano i cieli e le galassie



Esprimo la gioia della Pentecoste con il "Santo" della "Messa dei Giovani" (1966) di Marcello Giombini (1928-2003).

Lo Spirito di Dio riempie l'universo.

"Cantano i cieli e le galassie la tua gloria, Signor!"

Sono 45 anni che questa musica è stata composta. Rimane sempre affascinante. L'attacco solistico della chitarra è semplicemente geniale.

Eseguono "The Bumpers", un complesso romano del tempo. Non è un nome famoso nel panorama dei complessi rock.

Ma con la Messa "beat", e con questo brano in particolare, sono entrati di diritto nella storia del rock e della musica sacra.

Le parole, una bella traduzione moderna del Sanctus, sono di Giuseppe Scoponi.

Bravi tutti!







sabato 11 giugno 2011

Il soffio della libertà



Lo Spirito di Dio è anzitutto libertà.

Non per niente Gesù lo paragona al vento, che "soffia dove vuole e ne senti la voce" (Gv 3, 8).

Certo, nel 1966 (la data 1965 del video è erronea) nell'Oratorio della Chiesa della Vallicella a Roma soffiò in modo particolarmente forte e la sua voce si fece chiaramente sentire con il suono delle chitarre elettriche e delle percussioni dei complessi beat che eseguirono la "Messa dei Giovani" di Marcello Giombini.

Il mondo beat entrò anche nella musica sacra.

Ma qualcosa di analogo era già accaduto con la polifonia alla fine del Medioevo; molti canti profani, opportunamente "rivisitati", costituirono il tema conduttore (cantus firmus) di molte Messe.

Ricorderò solo la famosa "Missa de l'Homme armé", che prendeva spunto tematico addirittura da una canzone militare ("l'uomo armato"). La composero i grandi polifonisti del XV e XVI secolo, come Dufay, Ockeghem, Busnois, e soprattutto Josquin de Prez e Palestrina (ne scrissero addirittura due per ciascuno).

Giombini non era Palestrina; ma un grande compositore certamente, e riuscì a cogliere i segni dei tempi, di cui aveva parlato il Concilio Vaticano II.

Erano i nuovi tempi musicali, e la chitarra elettrica ne era il simbolo.

Oggi siamo nel giorno che precede la Pentecoste: la festa dello Spirito Santo, della libertà, della novità di vita, della gioia piena.

Il "Gloria" della "Messa dei Giovani" esprime tutto ciò. In italiano.

Allora era una novità anche questo.

Ho già avuto modo di postare questo brano, a cui sono particolarmente affezionato.  


È eseguito dal complesso sardo dei Barrittas, con la voce solista del bravo Benito Urgu.

Una bellissima preghiera, a ritmo di rock. 

Il vento soffio dove vuole...
 


giovedì 9 giugno 2011

Un amore... a primo orecchio



Il logo di Google oggi ci presenta uno dei padri della chitarra elettrica: Les Paul (1915-2009).

Non si può non ricordare anche Leo Fender, l’altro grande nome legato indissolubilmente allo strumento che ha cambiato la storia della musica moderna.

Il rock, le band, i complessi, i mega concerti, insomma la “nostra” musica, non sarebbe mai nata senza il metallico, affascinante e talora assordante suono delle chitarre elettriche.

Per molti, i più giovani, il doodle dedicato a Les Paul sembrerà un indovinato logo musicale, e poco più.

Per me e per altri, che hanno visto nascere la chitarra elettrica e tutto il mondo musicale (e non solo) a lei legato, è come un ritorno a casa, una bellissima rimpatriata.

La chitarra elettrica per noi è stata un mito, possibilmente da conquistare.

Ci si accontentava di una Eko, che non era poco, negli anni '60. Era la chitarra dei complessi che andavano per la maggiore in Italia.

Sono stato un mediocre bassista; ma quanto tempo “ho perso” per imparare i “giri armonici” su quelle quattro corde metalliche… Comunque, con il nostro complessino siamo riusciti a mettere su anche la “Messa beat” di Giombini, che non era poca cosa.

La chitarra elettrica, un mito. Ricordo ancora lo stupore che provai quando ascoltai per la prima volta il gruppo The Shadows nel loro brano “Apache”, del 1960.

Un amore a prima vista, anzi, a primo orecchio.

Vieni, Santo Spirito!



Siamo ormai in prossimità della festa di Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sopra gli apostoli.
Domenica prossima è la "Pasqua rosa".

Pentecoste in greco significa 50; cinquanta giorni dopo la Pasqua. Il tempo trascorso di sette settimane.

Un numero che esprime pienezza.

È la pienezza della rivelazione di Dio. Lo Spirito Santo, in forma di lingue di fuoco, si posa sopra gli apostoli e accende in essi il fuoco del suo amore. Un fuoco che nessuno riuscirà più a spegnere.

Dona loro anche il linguaggio necessario per esprimere “mirabilia Dei”, le meraviglie di Dio (At  2, 11).

Lo Spirito è libertà, è creatività, è novità di vita. La vita nello Spirito è “sobria ebbrezza” (sobria ebrietas) dice, con bellissimo ossimoro, un inno liturgico.

Ogni cristiano ha ricevuto il dono dello Spirito Santo nel Battesimo e nella Cresima.

S. Paolo definisce perciò l’uomo come “tempio dello Spirito Santo” (1 Cor 6, 19), un’espressione che dà la misura della grandezza e della inesauribile speranza che sostiene dall’interno la vita di ciascun battezzato.

Avvertiamo in modo particolare la presenza dello Spirito quando preghiamo.

La preghiera è lasciarsi inebriare dalla presenza di Dio, è rendersi conto di persona che non siamo mai soli e che Dio è più forte delle difficoltà della vita.

La preghiera ci fa vedere con occhi più limpidi attraverso lo smog dell’inquinamento umano.

Ed è il riparo sicuro contro ogni tipo di assalto avversario.

In attesa della Pentecoste, voglio pregare con un  appropriato canto di Taizé: “Tui amoris ignem”.
Quattro voci miste, più i solisti e strumenti vari.
Le parole sono della liturgia della Pentecoste. La musica del grande Jacques Berthier.


Veni Sancte Spiritus, tui amoris ignem accende.
Veni Sancte Spiritus, veni Sancte Spiritus!

Vieni Santo Spirito, accendi il fuoco del tuo amore.
Vieni Santo Spirito, vieni Santo Spirito!

domenica 5 giugno 2011

Ascensione. L'uomo oltre ogni limite



Nella festa dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo il sentimento che domina è la gioia.

Dalla liturgia non viene sottolineato il distacco di Gesù dai suoi discepoli, ma piuttosto la sua glorificazione al termine della missione terrena: Gesù è il Signore del cielo e della terra.

Inoltre ci viene ricordato che “dove è Lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria”. L’umanità è innalzata in Cristo fino a Dio.

Quello che è sempre stato il desiderio e la tentazione dell’uomo, essere come Dio (Gen 3, 5; 11, 4); ciò che Nietzsche ha teorizzato nella sua esasperata visione di una libertà assoluta, cioè l’oltre-uomo (Übermensch); nella fede cristiana è sempre stato annunciato e creduto: l’uomo è divinizzato in Cristo, che ha assunto la nostra natura umana e l’ha innalzata fino al cielo.

Sgorga spontaneo un canto di lode.

Presento perciò un mirabile canto a cinque voci, “Ascendit Deus”, di Jacobus Gallus, uno dei massimi polifonisti del XVI secolo (1550-1591).

Geniale nel mottetto, in particolare, il dialogo tra le parti sulle parole “in voce tubae”, al suono di tromba, strumento che sembra risuonare nelle varie sezioni con squilli festosi.

“Ascendit Deus in jubilatione, alleluia, et Dominus in voce tubae, alleluia” (Ascende Dio nel giubilo, alleluia, il Signore al suono di tromba, alleluia).

È l’Offertorio della Messa dell’Ascensione.

Lo ascoltiamo dal Coro femminile Kantiléna (Repubblica Ceca).

Il video presenta le coriste in modo informale; ma l’allegria un po’ scanzonata delle giovani non va a discapito della solennità della festa.

L’esecuzione è un po’ accellerata. Ma non ho trovato nel web una esecuzione adeguata alla bellezza del brano. Accontentiamoci.

Buona festa dell'Ascensione!

mercoledì 1 giugno 2011

Due filosofi a confronto



I due filosofi sono Marco Aurelio e Giustino, di cui oggi  (1 giugno)  ricorre la memoria del martirio.

L’imperatore Marco Aurelio è uno dei principali esponenti dello stoicismo, la “filosofia del Portico” (di Atene), una delle più alte espressioni del pensiero pagano.

Lo stoicismo considerava il mondo come manifestazione del “logos” divino, cioè di una razionalità  perfetta che si esprime in ogni aspetto della realtà.

Per questo l’uomo saggio deve vivere “secondo ragione”, cioè accettare tutto ciò che accade come manifestazione della sapienza divina, anche ciò che sembra contrario ai propri desideri.

“Astieniti” da tutto ciò che di negativo è in tuo potere.
“Sopporta” tutto ciò che non  è in tuo potere evitare.
Sono queste le due parole che riassumono efficacemente la morale stoica: “astieniti e sopporta” (abstine et sustine).

Anche la considerazione della caducità della vita e la dignità di ogni uomo, libero o schiavo, sono aspetti che lo stoicismo ha coltivato.

L’imperatore-filosofo Marco Aurelio ci ha lasciato un’opera degna di ogni attenzione, una specie di diario intitolato “A sé stesso”.
Ma non è stato molto coerente con i principi dello stoicismo che professava.

Sotto il suo governo i cristiani furono duramente perseguitati, e tra le vittime c’è  proprio il filosofo Giustino, con  i suoi discepoli.

Anche Giustino aveva seguito lo stoicismo, anch’egli pensava che il logos fosse diffuso in ogni aspetto della realtà, anch’egli credeva nella medesima dignità di ogni essere umano.

Ma l’incontro con il Cristianesimo costituì per lui il vero approdo della ricerca razionale.
Il Logos è la Sapienza di Dio Padre, che entra nella storia umana e si esprime con i “lògoi spermatikòi”, con le ragioni seminali, cioè con i semi di verità che lo Spirito fa germogliare ovunque: lo Spirito soffia dove vuole (Gv 3, 8).

Il Cristianesimo si rivela così come il  vero umanesimo, perché ha come fondamento l’uomo per eccellenza, Gesù Cristo, che ha svelato in pienezza all'uomo la sua natura e gli ha fatto prendere coscienza della sua dignità di figlio di Dio.

È la più grande “rivoluzione” della storia umana, perché per la prima volta e in modo decisivo si proclama che ogni uomo è fratello per l’altro uomo; Dio è Padre di tutti, anche di coloro che non lo riconoscono.

Marco Aurelio parlava di un’astratta uguaglianza tra gli uomini; Giustino di una comunità fraterna.
Marco Aurelio parlava di un logos umano, Giustino parlava di un  Logos divino.
Marco Aurelio parlava di una vita secondo ragione, Giustino parlava di una vita secondo ragione e secondo la fede in Cristo, salvatore dell'uomo.

Nel nome di Marco Aurelio, il prefetto di Roma Rustico fece decapitare Giustino e i suoi discepoli nell’anno 163.
Giustino aveva detto nella sua difesa: “Ho tentato di imparare tutte le filosofie, poi ho aderito alla vera dottrina, a quella dei cristiani”. E di fronte alla minaccia della tortura e della morte: “Fa' quello che vuoi. Noi siamo cristiani e non sacrificheremo agli idoli”.

Questa la sentenza di Rustico:  "Coloro che non hanno voluto sacrificare agli dei e ubbidire all’ordine dell’imperatore, dopo essere stati flagellati, siano condotti via per essere decapitati a norma di legge”.

Tra i due filosofi, la discussione fu troncata non dalla "logica", ma dalla spada del carnefice.

Giustino perse la vita, ma vinse lui la battaglia decisiva.