domenica 31 gennaio 2010

Educare, anche con la musica



Nel giorno in cui si ricorda S. Giovanni Bosco, impareggiabile maestro della gioventù, anche di quella più abbandonata, mi piace accennare ad un bel film francese del 2004, Les Choristes, di Cristophe Barratier.

Nel dopoguerra, in un istituto di rieducazione, il cui nome è tutto un programma, “Fond de l’Etang” (Fondo dello stagno), giunge uno squinternato maestro di musica, con la mansione di “sorvegliante”.
I giovani monelli vengono progressivamente conquistati dal fascino del canto e dalla carica umana del sorvegliante-maestro, fino a diventare dei veri coristi, tra i quali emerge Morhange, con la sua voce straordinariamente bella.

Attraverso il canto corale questi giovani troveranno il loro riscatto umano e sociale.

La colonna sonora è composta da numerose canzoni, alcune davvero significative, composte da Bruno Coulais, tra le quali scegliamo, anche per le parole, “Vois sur ton chemin”.


Vois sur ton chemin

Vedi sul tuo cammino
monelli dimenticati, traviati.
Dà loro una mano,
per condurli
verso un altro domani.

Senti nel cuore della notte
l’onda di speranza,
ardore della vita,
sentiero di gloria.

Felicità infantili,
troppo velocemente dimenticate, cancellate.
Una luce dorata brilla senza fine
al termine del cammino

Senti nel cuore della notte
l’onda di speranza,
ardore della vita,
sentiero di gloria.

é lé é i lé é
é lé i i é lé
é lé é i lé é
i lé é i é

é lé é i lé é
é lé i i é lé
é lé é i lé é
i lé é i é lé

Vedi sul tuo cammino...



sabato 30 gennaio 2010

Guardati da chi legge un solo libro!















"Cave ab homine unius libri", guardati dall'uomo che legge un solo libro!

La frase è attribuita comunemente a S. Tommaso d’Aquino (1225-1274).

In effetti S. Tommaso è celebre anche per la sua insaziabile sete di conoscere i vari autori di ogni epoca e di ogni idea.

Nelle sue opere cita e riporta il pensiero di scrittori cristiani, eretici, musulmani, ebrei, pagani…

Con tutti disputa nei suoi libri, in particolare nella Summa contra Gentiles e nella Summa Theologica.

Si fa tradurre dal greco (che conosceva poco) le opere di Aristotele da un suo confratello esperto in quella lingua, Guglielmo di Moerbeke, per avere la dizione latina più corretta possibile.

Narra il suo biografo, Gugliemo di Tocco, che dalla collina di Sainte Geneviève, dove era (ed è tuttora) ubicata l’Università di Parigi in cui Tommaso insegnava, in un bel tramonto questi stava contemplando la bellissima città sottostante, con la sua imponente cinta muraria e le oltre 60 torri che la caratterizzavano; e un suo discepolo gli disse: “Maestro, vorresti essere il signore di questa grande città?” E Tommaso gli rispose: “Io vorrei avere invece il Commento del Crisostomo al Vangelo di Matteo”.

Talvolta si parla del Medioevo come epoca buia, incolta, incivile...

Chi lo dice, è certamente una persona che ha letto un solo libro.


Nella foto in alto: L'ingresso della Sorbonne, a Parigi

giovedì 28 gennaio 2010

Tommaso d'Aquino. Il teologo della ragione














Nessuno ha dato alla ragione umana tanto valore quanto S. Tommaso d'Aquino (1225 ca -1274).

Qualcuno potrebbe rimanere meravigliato da questa affermazione, dal momento che Tommaso è il più grande dei teologi cattolici, e vede perciò nella fede il valore supremo dell’essere umano.

Ma è proprio questo il punto. La fede, che è l’incontro di Dio con l’uomo, avviene solo nell’accettazione libera e razionalmente motivata da parte dell’uomo.

Tommaso infatti definisce la fede “rationabile obsequium”, cioè “obbedienza ragionevole”.

Nulla può essere accolto dall’uomo se non con un atto di comprensione razionale e in piena libertà. Altrimenti non si tratterebbe di un atto umano, ma di un atto bruto, che è contrario alla natura umana, voluta da Dio intelligente e libera.

Ma la fede non supera la ragione? E come può dunque l’uomo accogliere razionalmente ciò che lo supera e lo trascende?

Proprio qui sta la valorizzazione massima della ragione e la sua apertura verso l’infinito.

La ragione umana capisce che il mondo nel suo essere e nel suo divenire ha bisogno di una causa che lo giustifichi, ha bisogno di un essere che abbia dato origine al tutto, e senza il quale nulla potrebbe mettersi in moto e venire all’esistenza, anche se procediamo indietro all’infinito.

La ragione capisce che in questo mondo mutevole e che procede per cause, non può esservi la spiegazione della sua esistenza senza una causa iniziale.

E non può essere iniziale, se non è fuori della catena delle cause mondane; perché, se fosse interna, non sarebbe mai causa iniziale, ne esigerebbe sempre una precedente.

Occorre un essere trascendente, assolutamente perfetto nel presente, Dio, colui che può dare inizio ed esistenza, anche da un tempo infinito, alla catena degli esseri nel mondo.

La nostra ragione comprende che senza l’Essere trascendente, causa inziale del mondo, il mondo non può partire.

E lo sa con assoluta certezza. Cioè, sa che anche se scopriamo cause sempre più remote (oggi si direbbe il "big bang", e quanti se ne voglia), nessuno sarà in grado di giustificare sé stesso, perché rimanderà ad una causa precedente, senza mai giungere all’inizio, cioè senza mai iniziare.

Dio perciò appare all'uomo come l’atto più razionale che esista, per spiegare con ragione la realtà del nostro mondo.

“Gratia non tollit naturam, sed perficit”, "la grazia di Dio (la fede) non distrugge la natura umana, ma la porta alla perfezione". E dunque, una volta che la ragione è giunta a Dio con le sue proprie forze, non si sentirà diminuita, ma se mai valorizzata al massimo; e sarà attenta ad accogliere eventualmente ciò che Dio, l’Essere perfettissimo, voglia rivelare.

Nasce da qui l’attenzione a ciò che accade nella storia e nella natura. La natura appare come razionalità da indagare instancabilmente, e la storia appare come il luogo della libertà umana, che dovrà mettere in atto i principi del bene, insiti in ogni coscienza, per costruire un mondo di giustizia e di pace.

Storicamente l’uomo ha scelto di fare anche il male, complicandosi la vita. Ma storicamente è accaduto anche che Dio stesso si è fatto uomo in Cristo, per riportare l’umanità al progetto iniziale di salvezza.

In Cristo ogni uomo ritrova quella pienezza di verità e di amore che ciascuno sente dentro di sé, ma che con le proprie forze non riesce pienamente a realizzare.

Tommaso d’Aquino: il vero ottimismo cristiano, la positività delle creature, pur nei loro limiti di peccato.

Contro coloro che, pessimisticamente accentuavano la miseria umana, il grande Aquinate diceva, nella Summa contra Gentiles: "Togliere le perfezioni alle creature è come togliere le perfezioni a Dio”.



Nella foto in alto: La disputa del SS. Sacramento, (1508-1509), Raffaello, Stanze Vaticane. Particolare: da sinistra, S. Agostino (vescovo, con la mitra), S. Tommaso (con la tonsura e le vesti domenicane), Innocenzo III (papa, con la tiara), S. Bonaventura (con il cappello cardinalizio).

mercoledì 27 gennaio 2010

Exodus. Verso la terra promessa




Il film "Exodus" di Otto Preminger, del 1960, con protagonista Paul Newman, descrive le drammatiche vicende di alcune migliaia di Ebrei reduci dai campi di sterminio, raccolti nel 1947 nell’isola di Cipro in attesa di poter riavere una patria, il promesso Stato d’Israele, l’antica e nuova Terra Promessa.

La nascita dello Stato d’Israele, nel 1948, voluto dalle Nazioni Unite, fu un atto di grande significato storico, politico e umanitario.

Ma guerre e lotte iniziarono subito, a partire dal giorno stesso della proclamazione del nuovo Stato, il 15 maggio 1948. E ancora oggi il conflitto ebraico-palestinese non è arrivato ad una equa soluzione.

Ci auguriamo che la pace torni definitivamente, con due Popoli in due Stati, liberi e indipendenti.

Il film di Preminger, oltre che per la bella interpretazione di Paul Newman, si distinse per la bellissima colonna sonora, di Ernest Gold, che ottenne il Premio Oscar nel 1961.

Una bellissima musica, che riproponiamo, in questo giorno della memoria.

martedì 26 gennaio 2010

Schubert. La musica che incanta



"Come si può fare qualcosa dopo Beethoven?" si domandava Franz Schubert (1797-1828), consapevole che, dopo il titanico genio di Bonn, nel mondo delle 12 note di spazio ne sembrava rimasto ben poco.

Ma Schubert stesso aveva già aperto nuovi orizzonti. In particolare con lui prende inizio un tipo di musica che sembra sempre un canto, anche se suonata da strumenti; “canti senza parole”, brevi frammenti musicali ai quali l’artista affida i suoi stati d’animo.

La grandezza di Schubert, oltre che in alcune vaste composizioni, sta proprio in questi “piccoli” capolavori, di fama imperitura: Inno alla Vergine (Ave Maria), Serenata, Momenti Musicali, Lieder, Improvvisi…

Nel mondo del cinema, registi famosi hanno attinto con larghezza all’ incantevole musica di Schubert.

Il Momento Musicale n. 2 è il leitmotiv di “Au revoir, les enfants” di Louis Malle, che abbiamo postato ieri.

L’Andantino della Sonata in La maggiore è il tema portante de “La Pianista” (2001) di Michael Haneke.

Ma è Stanley Kubrick che, come suo solito, riesce a stanare stupendi brani di autori classici.
Lo ha fatto in “2001 Odissea nello Spazio”, in “Arancia Meccanica”, e soprattutto in “Barry Lyndon” (1975), che tra questi tre films è certamente il meno famoso, ma può vantare una colonna sonora che è una vera e propria “summa” di musica classica.

Il film ha reso celebre la Sarabanda in Re minore di Haendel.

Ma non è meno bello, di Schubert, il Trio in Mi bemolle maggiore, Op. 100 (II movimento).

Un trio di violino, violoncello e pianoforte.

Come ogni vero trio, anche questo è perfetto.

lunedì 25 gennaio 2010

Arrivederci, ragazzi... (nei giorni della memoria)




"Au revoir, les enfants!" È il titolo di un bellissimo film di Louis Malle (1987), che ricorda l’arresto e la deportazione di tre ragazzi ebrei, prelevati da un collegio carmelitano francese insieme a Padre Jean che lo dirigeva e che li aveva ospitati di nascosto. Finiranno poi uccisi nei campi di sterminio nazisti.

Il film ha un valore documentario, in quanto si tratta di una esperienza personale vissuta dal regista, che come dice lui stesso nella scena finale, che presentiamo nel video, non potrà mai dimenticare fino alla morte ("jusqu'à ma mort").

La vicenda è narrata con asciuttezza, senza retorica, quasi in modo distaccato.
Ma la commozione nasce dai fatti stessi; in particolare da quel ragazzo ebreo, Jean Bonnet, così intelligente in matematica, così bravo a suonare Schubert, così discreto nei suoi rapporti di amicizia, e che viene sacrificato nel nome di un’ideologia criminale e folle.

La scena finale, di pochi minuti, riassume un po’ tutte le caratteristiche del film. In un fredda mattinata di gennaio vengono portati via dai tedeschi i tre ragazzi ebrei e P. Jean.

La commozione è espressa in quel saluto che sorge spontaneo dalla bocca dei giovani convittori; prima uno, poi l’altro, fino a diventare un grido corale: “Au revoir, mon Père”, “Arrivederci, Padre!”, con la risposta serena, quasi a tranquillizzare tutti: “Au revoir, les enfants! à bientôt!”, “Arrivederci, ragazzi! a presto!”.

Louis Malle nei suoi film non è mai tenero con la Chiesa cattolica; ma in questo film, la figura un po’ scorbutica del Padre rettore, alla fine si staglia gigantesca in quel suo coraggioso sorriso, e nell’affrontare il suo destino di martire come un dovere da compiere.

Ci sono due modi per aiutare le persone: con le parole e con i fatti.

Padre Jean, come tanti altri nella Chiesa cattolica, fino al Papa, scelsero la via dei fatti.

sabato 23 gennaio 2010

Quel romantico di Mozart...



Quando pensiamo a Mozart (1756-1791), pensiamo alla musica rasserenatrice per eccellenza, senza troppe complicazioni emotive; gioia di vivere, piacere puro, musica solare.

Il romanticismo, con i suoi chiaroscuri, i suoi toni drammatici, le sue intense passioni, sembra un’altra cosa. Beethoven appare ancora lontano...

Non è così. Simili affermazioni sono dei luoghi comuni.

Nella geniale produzione di Mozart troviamo pagine che anticipano in modo impressionante temi e tecniche compositive che saranno fatti propri da Beethoven e Brahms e dal romanticismo.

Abbiamo già fatto notare quest’anima “romantica” di Mozart, nella Fantasia K 397, nel Minuetto della Sinfonia 40, nella Sonata K 310; senza parlare del Don Giovanni e della Messa di Requiem...

Anche il Concerto n. 20 per Pianoforte e Orchestra, in Re minore, del 1785, è un geniale squarcio di apertura verso quella che sarà la musica del secolo XIX, il secolo di Beethoven, Brahms, Schubert, Chopin...

Siamo davanti ad una pietra miliare della storia della musica.

Nel video, proponiamo il I Movimento, Allegro (I parte. Qui la II parte: http://www.youtube.com/watch?v=iF17mzCPq5A).

La direzione-esecuzione di Friedrich Gulda aggiunge un tocco di estro e originalità, che non guasta.

Buon ascolto!

venerdì 22 gennaio 2010

Kiss. Baci, fulmini e saette




A parte l’orrendo look da Halloween (che per i fans era ovviamente il massimo della bellezza...), la band statunitense dei Kiss ha avuto una notevole importanza nella musica rock degli anni 70-80.

Qualcuno ha visto nei Kiss uno dei primi complessi di musica “satanica” (il nome stesso Kiss è stato interpetato come l'acronimo di "Knights In Satan's Service", cavalieri al servizio di satana,), e le due S presenti nel nome, stilizzate come due fulmini, ricordano molto da vicino la sigla delle famigerate SS.

Per tutto questo, volutamente ho postato un video di semplice karaoke, senza la comparsa dei quattro componenti della band (con la faccia truccata di The Demon, The Starchild, The Catman, The Spaceman).

Ma di questo gruppo rimane nella memoria una canzone in particolare, che ha avuto un successo strepitoso: I Was Made For Lovin' You Baby.

Le parole sono un ossessivo ritornello: "Io sono fatto per amarti, ragazza; tu sei fatta per amarmi. Io non riesco ad averne abbastanza di te; tu non riesci ad averne abbastanza di me".

Insomma, quanto di più originale si possa immaginare in una lirica amorosa…

Ma la canzone è troppo bella per non essere riproposta.

Un punto di riferimento per la musica anni 70.

Per essere precisi, del 1979.


giovedì 21 gennaio 2010

Festina lente!




"Festìna lente", affrettati lentamente! Un altro bel proverbio latino, costruito con un efficace ossimoro.

L’ossimoro è la figura retorica che mette insieme due concetti opposti, per tenere uniti gli estremi e mitigare l’uno con la forza dell’altro.

Mi viene subito in mente un altro celebre ossimoro, la “dotta ignoranza” di cui parla S. Agostino; concetto fatto proprio da Niccolò Cusano nel libro che porta questo titolo.
La dotta ignoranza non è la mera ignoranza di colui che non sa, ma l’ignoranza di colui che è cosciente dei propri limiti. L’ignoranza del sapiente, del dotto, insomma; come aveva insegnato Socrate: “So una sola cosa, di non sapere nulla”.

Affrettati lentamente! Cioè, sii pronto ad agire, datti da fare, non perdere tempo in cose inutili; ma la fretta non ti faccia dimenticare le cose essenziali, importanti, decisive. Sii insieme attivo e riflessivo. E inzia per tempo, così potrai fare presto e bene.

Il proverbio è molto utile anche nel suo senso letterale: quando hai fretta, invece di correre scriteriatamente, parti magari con un po’ di anticipo; così arriverai serenamente in tempo alla meta prefissata.
Eviterai inoltre una delle leggi del Murphy che dice: “La probabilità di trovare semafori rossi è direttamente proporzionale alla fretta che hai”; cioè, più fretta, più semafori rossi… per non parlare degli autovelox.

Ieri abbiamo visto una identità: “Age quod agis”; oggi una contraddizione in terminis: “Festina lente”. Ambedue questi detti, nella loro geniale formulazione, ci ricordano che la sapienza della vita non consiste solo nel fare o solo nel pensare.

La vita è l’unione di pensiero e azione.

Ad un hardware sempre più potente e veloce bisogna che sia associato un software sempre più intelligente e in grado di gestirlo al meglio.

Non parlo solo del computer…

Come clip non si può che mettere uno degli ossimori musicali più belli dei nostri tempi:
The Sounds of Silence, I suoni del silenzio, la stupenda canzone di Simon e Garfunkel del 1965.


mercoledì 20 gennaio 2010

Age quod agis!




Da studente non avevo mai capito bene il significato di questo proverbio latino: Age quod agis!

Di fronte ad altri celebri detti, questo mi sembrava senza significato, una semplice tautologia: “Fa’ ciò che fai”.

Una frase degna di Lapalisse, quello che aveva le sue idee e le approvava…

Andando avanti nella vita, però, ho capito sempre meglio il valore di questo classico adagio.

L’ho capito tutte quelle volte che, per trovare l’auto nel parcheggio del centro commerciale, ho impiegato più di un’ora.

L’ho capito quando nel fare lezione non ho saputo spiegare bene un argomento, e alle domande di chiarimento ho cercato vie poco onorevoli di fuga.

L’ho capito quando una sera ho dovuto partecipare a due cene, perché a metà di una mi sono ricordato di aver preso un impegno analogo anche da un’altra parte.

L’ho capito definitivamente quando, per cercare lo storico Castello di Canossa, sono andato nell’appennino parmense, verso il Passo della Cisa; e quando sono arrivato sul posto, dopo ore di marcia per una stradina “impossibile” di montagna, mi sono sentito dire che la Canossa che cercavo era nell’appennino reggiano…

Così ora, quando parcheggio, mi fermo un attimo e mi guardo attorno per capire dove sto mettendo l’auto.

Quando devo fare lezione, prima me la studio.

Quando prendo un impegno, guardo l’agendina (ancora cartacea), per non correre rischi... d’indigestione.

Quando vado in un luogo sconosciuto, prima di mettere in funzione il navigatore, mi assicuro in quale punto esatto del globo terrestre mi deve condurre.

Age quod agis! Ci sono volute tante distrazioni e tante manate in fronte per capire il vecchio detto e tradurlo in modo meno lapalissiano: “Fa’ bene ciò che stai facendo!”

martedì 19 gennaio 2010

Ma perché Dio permette...


Ho letto nel bellissimo blog dell’amica Stella una mail proveniente dall’America, che mi ha fatto riflettere molto.

http://stella-ilbeneinnoi.blogspot.com/2010/01/lettura-anche-per-chi-non-crede-in-dio.html

La lettera parla del terrible attentato alle Twin Towers, e della società americana.
Ma fa molto pensare anche in riferimento ad altri terribili eventi e al degrado della nostra società .

Ho chiesto di poterla pubblicare anche qui, e la propongo come spunto di riflessione.

Nel mio blog “spartano” si perde purtroppo la bella impostazione iconografica del blog di Stella, a cui rimando senz'altro, e che ringrazio.


Lettura anche per chi non crede in Dio


Jane Clayson ha chiesto ad una ragazza orfana la causa della tragedia delle Twin Towers:

" Dio come ha potuto permettere che avvenisse una sciagura del genere? "

La risposta che ha dato è estremamente profonda ed intelligente:

"Io credo che Dio sia profondamente rattristato da questo, proprio come lo siamo noi, ma per anni noi gli abbiamo detto di andarsene dalle nostre scuole, di andarsene dal nostro governo, di andarsene dalle nostre vite. Ed essendo Lui quel gentiluomo che è, io credo, che Egli con calma si sia fatto da parte. Come possiamo sperare di notare che Dio ci doni ogni giorno la Sua benedizione e la Sua protezione se Gli diciamo:"lasciaci soli!" Considerando i recenti avvenimenti... attacchi terroristici, sparatorie nelle scuole... ecc. penso che tutto sia cominciato quando 15 anni fa Madeline Murray O'Hare ha ottenuto che non fosse più consentita alcuna preghiera nelle nostre scuole americane e le abbiamo detto OK.

Poi qualcuno ha detto: "E' meglio non leggere la Bibbia nelle scuole"... (la stessa Bibbia che dice: Tu non ucciderai, Tu non ruberai, ama il tuo prossimo come te stesso) e noi gli abbiamo detto OK.

Poi, il dottor Benjamin Spock ha detto che noi non dovremmo sculacciare i nostri figli se si comportano male perché la loro personalità viene deviata e potremmo arrecare danno alla loro auto-stima, e noi abbiamo detto "Un esperto sa di cosa sta parlando" e così abbiamo detto OK.

Poi, qualcuno ha detto che sarebbe opportuno che gli insegnanti e i presidi non puniscano i nostri figli quando si comportano male, e noi abbiamo detto OK.

Poi alcuni politici hanno detto: "Non è importante ciò che facciamo in privato purché facciamo il nostro lavoro" e d'accordo con loro, noi abbiamo detto OK.

Poi qualcuno ha detto: "Il presepe non deve offendere le minoranze", così nel famoso museo Madame Tussaud di Londra al posto di Maria e Giuseppe hanno messo la Spice Girl Victoria e Beckham e noi abbiamo detto OK.

E poi qualcuno ha detto: "Stampiamo riviste con fotografie di donne nude e chiamiamo tutto ciò "salutare apprezzamento per la bellezza del corpo femminile"". E noi gli abbiamo detto OK.


[Considerazioni della blogger Stella]

Ora ci chiediamo come mai i nostri figli non hanno coscienza e non sanno distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Probabilmente, se ci pensiamo bene noi raccogliamo cio che abbiamo seminato.

Buffo come è semplice per la gente gettare Dio nell'immondizia e meravigliarsi perché il mondo sta andando all'inferno.

Buffo come crediamo a quello che dicono i giornali, ma contestiamo ciò che dice la Bibbia.

Buffo come tutti vogliono andare in Paradiso, ma al tempo stesso non vogliono credere, pensare e fare niente di ciò che dice la Bibbia.

Buffo come si mandino migliaia di barzellette via e-mail che si propagano come un incendio, ma quando si incomincia a mandare messaggi che riguardano il Signore, le persone ci pensano due volte a scambiarseli.

Buffo come tutto ciò che è indecente, scabroso, volgare e osceno circoli liberamente nel cyberspazio, mentre le discussioni pubblicate su Dio siano state soppresse a scuola o sul posto di lavoro.

Buffo come a Natale nelle scuole la recita per i genitori non possa più essere sulla natività ed al suo posto venga proposta una favola di WaltDisney.

Buffo come si stia a casa dal lavoro per una festività religiosa, e non si conosca nemmeno quale sia la ricorrenza.

Buffo come qualcuno possa infervorarsi tanto per Cristo la domenica, mentre è di fatto un cristiano invisibile durante il resto della settimana.

Buffo che quando inoltri questo messaggio tu non ne dia una copia a molti di quelli che sono nella tua lista degli indirizzi perché non sei sicuro del loro credo o di cosa penseranno di te per il fatto di averglielo mandato.

Buffo come posso essere più preoccupato di ciò che pensa la gente di me piuttosto che di ciò che Dio pensa di me.



Nella foto in alto, Jane Clayson, autrice della lettera.

lunedì 18 gennaio 2010

Copia e incolla (pasquinata)






Ho visto un po’ di tutto in blogosfera:
c’è chi a raffica posta ogni mattina
e chi fa un post ad ogni primavera;

c’è chi dal sacco della sua farina
estrae qualche argomento originale,
e c’è chi copia e fa un’incollatina.

Ognuno segue l’estro naturale;
il mondo è bello e di svariato umore,
e non mi piace fare la morale.

Ma quando, amico copincollatore,
il lavoro di un altro tu hai copiato,
non scordar d’incollare anche l’autore.

domenica 17 gennaio 2010

Copiare humanum est...









Mi sono accorto che alcuni copiano articoli senza citare la fonte originaria.

Il copiare è qualcosa che ci portiamo dietro dall'età scolare. Per cui si può dire che copiare è umano.

Ma se il professore ci scopriva, annullava il compito e ci dava zero.

Nel web è più difficile accorgersi delle copiature; la classe è troppo vasta e non ci sono i vigilantes.

Spesso è un copia-incolla senza freno, una sindrome studentesca.

Eppure basta poco per rimediare. Per me è sufficiente citare la fonte da cui si attinge.

Basta un link.

Mi sono accorto che un mio post su S. Antonio Abate, dell'anno scorso, ha avuto almeno due solerti copiatori in incognito.

http://semperamicus.blogspot.com/2009/01/s-antonio-abate-protettore-degli.html

Uno l'ho scoperto da me, vedendolo oggi postato da un sito in un aggregatore; un altro, proveniente da diverso sito, mi è stato indicato da un amico blogger.

Copiare humanum est, non linkare...



sabato 16 gennaio 2010

Solo una grande sinfonia...




Solo la musica riesce a esprimere il dolore, l’angoscia e qualche filo di speranza che la tragedia di Haiti ci presenta giorno dopo giorno.

Morte e devastazione ovunque, insieme ad atti di sciacallaggio per fame e disperazione, e una bambina di 18 mesi estratta viva dalle macerie dopo tre giorni...

Aiuti che arrivano da ogni parte del mondo e difficoltà enormi per poterli poi distribuire capillarmente alla popolazione.

Una moltitudine di sentimenti contrastanti, che solo una grande sinfonia può esprimere, come il 3° movimento della III Sinfonia di Johannes Brahms.

venerdì 15 gennaio 2010

Una corale risposta di solidarietà




Di fronte alla mobilitazione di tante nazioni per portare i primi soccorsi alla popolazione di Haiti colpita dal devastante terremoto di martedì scorso, il cuore si apre alla speranza.

Una risposta corale, che voglio esprimere musicalmente con la coinvolgente musica di Richard Wagner.

L’Ouverture del Tannhäuser è quanto mai adatta.

La prima parte anticipa il tema dello stupendo Coro dei Pellegrini, del III Atto dell’opera. Una marcia penitenziale e solenne, come commosso omaggio alle vittime.

La seconda parte, più gioiosa, vuole essere un augurio per una rapida ripresa della vita in quella martoriata nazione.

giovedì 14 gennaio 2010

Lo strazio di un popolo




Troppo grande il dolore in questi giorni per scrivere qualsiasi cosa. Solo la preghiera mi sorge dal cuore.

Lo strazio del popolo haitiano giunge nelle nostre case con immagini impressionanti.

Sembra di assistere al trionfo della morte…

Conforta vedere la mobilitazione del mondo intero nei confronti di questa sfortunata nazione, quasi cancellata dalla faccia della terra.

Mi unisco a questa opera di solidarietà umana con la preghiera dello Stabat Mater, di Vivaldi.

“La Madre addolorata e piangente stava presso la croce, mentre il Figlio era appeso”.

Lo strazio di Maria è lo strazio di tante persone che hanno visto morire i loro cari davanti ai loro occhi.

Con la speranza però nella Risurrezione.

mercoledì 13 gennaio 2010

Haiti. Immane tragedia




Di fronte all’immane tragedia che ha colpito Haiti con il devastante terremoto di ieri, si rimane sgomenti.

Un giorno orrendo.

Centinaia di migliaia le vittime. Un’intera nazione, già disastrata dalla miseria, è ora completamete annientata.

Come credente, voglio pregare con le parole della liturgia dei defunti e con la musica sublime di Mozart.

"Signore Gesù Cristo, libera le anime dei defunti da ogni pena".

E la nostra solidarietà allevii le sofferenze dei vivi.

martedì 12 gennaio 2010

La legge del Murphy





Gli imprevisti della vita sono stati "previsti" e codificati dal Murphy in leggi ben note.
Di queste leggi ne voglio qui ricordare cinque, con cinque suggerimenti per renderle il più possibile innocue.
Così potrete evitare una sesta legge di Murphy che dice: "Quando vi capiterà un inconveniente, ci sarà sempre qualcuno che vi dirà: "Te l'avevo detto..."

Ovviamente Eddie Murphy, con queste leggi, non c'entra nulla; forse era più adatta la faccia di Fantozzi, ma non il cognome.


Le leggi del Murphy


1. La fila che è accanto alla tua è sempre quella più scorrevole.

Non pensare perciò di cambiar fila. Per la legge del Murphy, comincerà a scorrere quella che hai lasciato.

2. La probabilità che all’esame vi interroghino sull’unica pagina che non avete studiato è massima.

Perciò, per la legge del Murphy, è meglio studiare pochissimo.
Avrete così un’altissima probabilità che vi interroghino sui pochi argomenti che conoscete.

3. I farmaci conservati nell’armadietto durano anni; ma scadono il giorno prima che tu ti ammali.

È necessario perciò guardare la scadenza del farmaco, e due giorni prima provvedere.
Per la legge del Murphy, sarai sano come un pesce fino alla successiva scadenza.

4. Se qualcosa può andare storto, lo farà.

Per la legge del Murphy, applicata a se stessa, qualcosa andrà per il verso giusto.

5. La probabilità di trovare semafori rossi è direttamente proporzionale alla fretta che hai.

Non cercare di infrangere la legge del Murphy; altrimenti entrerà automaticamente in funzione la legge del Menga.

lunedì 11 gennaio 2010

E come tutte le più belle cose... Un ricordo di De André




Il modo migliore per rendere omaggio ad un cantante è presentare e ascoltare le sue canzoni.

Io ho voluto ricordare l’11° anniversario della scomparsa di Fabrizio De André (11 gennaio 1999) presentando quelle che a mio parere sono le canzoni più belle del suo repertorio.

Difficile fare una graduatoria di merito tra le ballate di questo moderno "trovatore", che con la sua voce educata e un filo di accompagnamento di chitarra ha saputo far vibrare nel profondo le corde della nostra sensibilità.

Ognuno poi ha le sue preferenze, legate magari a ricordi ed episodi personali.

Ma certamente La guerra di Piero, Via del Campo e Geordie spiccano su tutte le altre.

All’elenco ne manca una, quella che a mio modesto avviso è la più bella di tutte, La canzone di Marinella, del 1964.

Fu la canzone che decretò il successo del cantante, grazie anche ad una personalissima intepretazione di Mina nel 1967.

È l’eterno tema dell’amore, trattato con immagini ed espressioni da vero artista: un amore “senza una ragione, come un ragazzo segue un aquilone”; delicati silenzi poetici, “lui pose le sue mani sui tuoi fianchi”; e la tragedia finale introdotta con quel “dicono poi che mentre ritornavi”, che dà alla canzone il sapore della fiaba e contemporaneamente della storia vera.

Una linea melodica affascinante, un ritmo semplicissimo e un elementare giro armonico di La minore, con opportuni passaggi a quello di Do minore, per dare varietà alle strofe.

Tra la retorica e la poesia il passo è breve e talora quasi impercettibile.

Alcuni critici hanno giudicato questa canzone come retorica. Io la considero invece sublime. Non si è ancora capito che De André non è stato solo un cantante di protesta (lì sì che talvolta è caduto nella retorica...), ma un vero poeta, ricco di pathos.

Ne è prova il fatto che La canzone di Marinella consacrò l'arte del menestrello genovese, e gli spianò la via al successo. E il fascino di questa canzone rimane ancora intatto.

La canzone di Marinella, La guerra di Piero, Via del Campo, Geordie…

Sono le canzoni che ci hanno entusiasmato e con le quali abbiamo cantato i nostri sogni.

Quanto ti dovremo ringraziare, grande De André, per quello che ci hai regalato… Insieme a Battisti ci hai regalato i suoni e i colori della nostra giovinezza.

domenica 10 gennaio 2010

Mille papaveri rossi




Quando si parla di guerra e pace è molto facile cadere nella retorica pacifista. Proclami roboanti, frasi ad effetto, parole di fuoco, feroce sarcasmo...

"La guerra di Piero" già nel titolo ci indica un altro modo di affrontare l’argomento.

È una guerra che si gioca sulla pelle di un povero Piero qualunque, il quale si trova "in un solo momento" a decidere della sua o dell’altrui vita, in base alla "divisa di un altro colore".

Una guerra che chiude in una morsa di gelo le ultime parole del soldato Piero, in uno sfolgorante sole primaverile.

Niente retorica nemmeno nella musica, di Vittorio Centanaro, che si muove spedita a passo di danza; con un breve e suadente assolo di chitarra, che scandisce le strofe e alleggerisce opportunamente la lunghezza del racconto.

Non starò a ricordare che l’esecuzione perfetta di quell’assolo era un punto d’orgoglio di ogni dilettante chitarrista che affrontava la canzone.

Due immagini rimangono fisse per sempre nella memoria: quei "mille papaveri rossi" che fanno umile corona al corpo senza vita di Piero, e "chi diede la vita ebbe in cambio una croce".

De André non si riferiva solo ai morti in guerra, ma anche a colui che per primo ne ha proclamata l’assurdità, ricevendo in cambio un patibolo di legno.

Questa ballata capolavoro, del 1964, così bella da ascoltare e così facile da eseguire, ha contribuito in modo determinante a educare al valore della pace e al gusto della musica due intere generazioni. E non ha certo finito il suo compito.

Quando imbraccio la chitarra, La guerra di Piero non manca mai...

sabato 9 gennaio 2010

Dai diamanti non nasce niente...




La musicalità, la freschezza e la dolcezza di questa ballata fanno singolare contrasto con la cruda realtà che descrive: la vita di una giovane prostituta di Via del Campo, a Genova, e di ogni Via del Campo del mondo.

Tutta la canzone è caratterizzata da questi drammatici contrasti: gli occhi della ragazza sono grigi come la strada che batte, ma dove cammina “nascon fiori”, come al passaggio della primavera; la sua è una vita di merda, ma da quel “letame” nascono momenti di piacere; è preda degli uomini, ma al tempo stesso ne è la padrona.

Per la prima volta in una canzone viene sdoganata la parola “puttana”, e non poteva che accadere negli anni della contestazione giovanile.
La ballata, che utilizza un brano musicale di Enzo Jannacci, è del 1967.

In definitiva, la giovane prostituta di Via del Campo è un’immagine stessa della vita, con i suoi drammatici chiaroscuri, con le sue ambiguità, con il suo fascino ammaliante.

Ammaliante come il leggero passo di danza di questa indimenticabile canzone.

venerdì 8 gennaio 2010

Geordie, pensando a Faber



Considero Fabrizio De André, insieme a Lucio Battisti, il più grande cantautore italiano moderno.

La sua grandezza sta nel fatto che con lui per la prima volta viene portata alla ribalta una umanità senza storia, “indegna” di essere cantata.

Ma a differenza di altri che dopo di lui hanno continuato sul medesimo tema della protesta, De André non cede quasi mai alla retorica; ma riesce con pochi tocchi musicali e letterari a descrivere in maniera indimenticabile persone e ambienti.

Marinella, Piero, Geordie, Bocca di Rosa, Via del campo… Ogni canzone è uno squarcio di vita, che raggiunge la grandezza dell’arte attraverso un linguaggio semplice e incisivo.

Se è lecito, mi viene in mente il “sermo humilis” del Caravaggio, di fronte a tanta retorica barocca.

Per preparare l’undicesimo anniversario della scomparsa di Fabrizio De André, avvenuta l’11 gennaio 1999, presento la canzone Geordie, del 1966.

Si tratta di una ballata britannica del XVI secolo, fatta conoscere da Joan Baez nel 1962.

Ma la cover di De André fu un vero e proprio evento in Italia; e la bella voce baritonale, piena di pathos, dell’ancora sconosciuto menestrello genovese ne decretò il successo.

Una ballata che indica già tutto il percorso artistico ed umano di Faber.

giovedì 7 gennaio 2010

Un regalo della Befana?











Forse è stata la festa di Befana,
forse sarà la pioggia a catinelle,
forse i saldi di questa settimana,
o forse stava scritto nelle stelle.

Sta di fatto che quando, ‘sta nottata,
ho aperto il blog, carissimi signori,
il contator segnava una mandata
di millecinquecento visitori.

Nei due anni di vita in blogosfera
aveo raggiunto, ed ero soddisfatto,
quattrocento di media giornaliera.
Cosa è successo? che mi avete fatto?

Son sempre quel di prima, Amicusplato;
forse avete gradito le mie rime,
o una bella canzone del passato,
o la musica classica e sublime.

Ma forse la ragione ho già capito,
più prosaica, più semplice, più vera:
qualcuno nel cercar qualche altro sito,
ha digitato male in la tastiera.

Se insistete a sbagliar, non mi è sgradito...

mercoledì 6 gennaio 2010

Epifania: Re dei re, Signore dei signori



La festa dell’Epifania mette in risalto la gloria del Figlio di Dio, che si manifesta al mondo come Re dei re, Signore dei signori.

Dopo l’omaggio dei pastori a Gesù, giunge oggi quello dei potenti della terra.

“Non c’è più giudeo né greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Paolo ai Galati 3, 28).

La gloria di Dio si manifesta nella pace e nella fraternità tra le genti.

C’è un canto nella liturgia che ricorda questo messaggio natalizio ed epifanico, il canto del Gloria.

Tra tutti coloro che lo hanno musicato voglio ricordare J. S. Bach, nella stupenda e grandiosa Messa in Si minore.

Noi proponiamo un brano del magnifico Gloria di Antonio Vivaldi; non l’incipit, ma un versetto vicino all'explicit del canto:

“Qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis” (Tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi).

Lo proclama non la squillante voce del soprano, ma la potente voce del contralto.

La gioia dell’Epifania è bene espressa dalla festosa musica di Vivaldi.

martedì 5 gennaio 2010

Befana internettiana (filastrocca)













La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte...

Ma nell’era internettiana
è cambiata la Befana.

Ora viene navigando
e un PC sta cavalcando,

e non passa per i tetti
ma da fili e da cavetti;

te la trovi in pochi istanti
nello schermo che hai davanti.

Porta il sacco dei regali,
ma son tutti virtuali;

niente dolci da mangiare,
né carbone da buttare.

Dentro i siti, noti o ignoti,
lei regala clic e voti.

Per chi merita l’aumento,
alza il karma in un momento,

ed ai fake invece lei
taglierebbe i zebedei.

Ha girato dappertutto
ed ha visto il bello e il brutto,

e i calzini di quei siti
dei suoi doni li ha riempiti.

Vario, giovane e brillante
è Zic Zac. Che vada avante!

Okno ha solo un gran problema:
Berlusconi. Cambiar tema!

Upnews, serio e variegato,
un buon clic ha meritato!

Anche Diggita è assai vario:
il regalo è necessario!

Fatto il giro in blogosfera,
la Befana questa sera

con un mezzo senza targa
se ne va per banda larga,

e ritorna intirizzita
di là dove era partita.

lunedì 4 gennaio 2010

Una mela cade dall'albero di Google



Il logo di Google ci ha ricordato la nascita di Isaac Newton (4 gennaio 1643 - 31 marzo 1727), forse il più grande scienziato di ogni tempo.

La grandezza di Newton sta ovviamente nelle sue scoperte nel campo della fisica e della matematica.

Anzitutto la legge della gravitazione universale, che riesce a trovare ordine e razionalità in fenomeni apparentemente diversissimi.
Una mela che cade a terra, la terra e i pianeti che girano intorno al sole, la luna che ruota intorno alla terra, il fenomeno delle maree, le comete che appaiono a intervalli regolari, e così via; tutto viene spiegato con un’unica legge fisica, dell’attrazione delle masse.

L’invenzione del calcolo infinitesimale (senza dimenticare però l’opera di Leibniz) è stato l’apporto più innovativo dato alle scienze matematiche dopo quelli di Euclide e di Archimede, e ha permesso all’umanità di fare giganteschi passi in avanti, che hanno contribuito ad altre innumerevoli invenzioni e scoperte.

La grandezza complessiva di Newton sta nel fatto che egli ha dimostrato concretamente ciò che già nella Scuola di Chartres, agli inizi del Medioevo, si insegnava, e cioè che l’universo è intelligibile, razionale.

Da qui due conclusioni. La mente umana può e deve investigarlo, e solo una Mente intelligente può aver disposto il tutto con ordine e misura.

Newton amava ripetere una frase cara proprio alla Scuola di Chartres: “Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti”. La frase è di Bernardo di Chartres, del XII secolo, poi ripresa dal discepolo Giovanni di Salisbury, che la rese nota nel suo Metalogicon.

Mi piace riportare un brano del capolavoro di Newton, “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” (1687), un caposaldo della sapienza umana:

“Questa elegantissima compagine del sole, dei pianeti e delle comete non poté nascere senza il disegno e la potenza di un Essere intelligente e potente. E se le stelle fisse sono centri di analoghi sistemi, tutti questi, essendo costruiti con un identico disegno, saranno soggetti alla potenza dell'Uno: soprattutto in quanto la luce delle stelle fìsse è della stessa natura della luce del sole, e tutti i sistemi inviano la luce verso tutti gli altri. E affinché i sistemi delle stelle fisse non cadano, a causa della gravità, vicendevolmente l'uno sull'altro, questo stesso pose una distanza immensa fra di loro. Egli regge tutte le cose non come anima del mondo, ma come Signore dell'universo. E a causa del suo dominio suole essere chiamato Signore-Dio, pantokrator”.

Non mi dispiace di essere in compagnia di Newton, nel pensarla nella stessa maniera.

domenica 3 gennaio 2010

Chi ha detto che non esiste il moto perpetuo?




In questi primi giorni dell'anno bisogna rimettere in campo tutte le nostre energie, per affrontare di nuovo la scuola, il lavoro, gli impegni e i travagli della vita...

Occorre una bella carica.

È il caso allora di ascoltare l'Opera 11 n. 6 di Niccolò Paganini (1782-1840), e cioè una sonata per violino il cui titolo è tutto un programma: "Moto Perpetuo".

Colui che nella tecnica violinistica ha inventato lo "staccato" e il "pizzicato", qui ci dà un esempio esattamente contrario: un flusso continuo e ininterrotto di note per quasi 6 minuti, con movimento Allegro, e tutte in sedicesimi.

La difficoltà del brano è data anche dal fatto che sono gruppi di note che non si ripetono mai nella stessa sequenza (tranne un ritornello iniziale), ma sono molto simili, per cui è facile, con un ritmo così rapido, cadere in errore.

La sonata è composta per violino solista (a cui si aggiunge un modesto accompagnamento pianistico).

Nel video propongo un'esecuzione che aggiunge difficoltà a difficoltà: una quarantina di esecutori, piccoli e adulti, eseguono all'unisono il brano, e a memoria.

Un unisono perfetto, un'esecuzione senza la minima "stecca".

Incredibile!

sabato 2 gennaio 2010

Io ero per Coppi



Nell’Italia delle fazioni, divisa da sempre su tutto, il duello Coppi-Bartali negli anni del dopoguerra è stato leggendario.

Sulle strade bianche e polverose delle Tre Cime di Lavaredo, o dell’Izoard, o dello Stelvio (2758 metri, la “Cima Coppi” per antonomasia) il "Campionissimo" saliva leggero come un airone, spesso con i tubolari delle gomme incrociati sulle spalle, lasciando a distanze siderali il suo rivale di sempre, il grande Gino Bartali, per non parlare degli altri campioni, come Kubler, Koblet, Géminiani, Louison Bobet,Van Steenbergen, Magni…

“In attesa del secondo arrivato trasmettiamo musica da ballo”, annunciava lo speaker della radio dopo la vittoria di Coppi nella Milano-Sanremo del 1946, per distacco di 14 minuti.

Il tifo per i due rivali attraversava trasversalmente gli schieramenti politici.
Fu Bartali a “salvare” l’Italia da una possibile rivolta civile dopo l’attentato a Togliatti nel ’48, quando la radio annunciò il 14 luglio (la festa francese!) la conquista della maglia gialla al Tour del “Ginettaccio” toscano. I comunisti abbandonarono propositi bellicosi per seguire l’eroica impresa del cattolicissimo corridore.

“Un uomo solo al comando…” Nel 1949 nella tappa Cuneo-Pinerolo, dopo una fuga solitaria di 192 km, e dopo la scalata di ben cinque colli, così fu annunciato l’arrivo solitario del campionissimo dal radiocronista Mario Ferretti.

“Un uomo solo al comando, un uomo solo al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi!”.

Con la bella canzone di Gino Paoli voglio rendere omaggio al Campionissimo, (1919-2 gennaio 1960), in questo giorno che ne ricorda la scomparsa, 50 anni fa.

Io ero per Coppi…

 

venerdì 1 gennaio 2010

Iniziare l'anno alla grande, con Mozart




Aprire l'anno con la musica di Mozart è già una gran bell'apertura.

Se poi prendiamo la più nota delle sue Sinfonie, cioè la n. 40, K. 550, in Sol Minore, allora siamo al top.

Non aspettatevi però il famosissimo "Allegro Molto" iniziale.

Noi apriamo l'anno a tempo di Menuetto, che è il III Movimento.

Un minuetto, un passo di danza leggero; qualcuno penserà, troppo leggero per l'inizio dell'anno, dopo l' annus horribilis 2009.

Cari amici. Ma questo è un minuetto per modo di dire; Mozart anticipa il pathos, i chiaroscuri e perfino la drammaticità delle sinfonie di Beethoven...

È il tocco del genio, che supera il suo tempo e apre orizzonti infiniti.

Per questo, il Menuetto della Sinfonia n. 40, composto nel 1788, è degno di aprire anche l'anno 2010. Alla grande.

Trattasi di musica perfetta.

Buon ascolto, e Buon anno!